Psicoanalisi e Sessualità. Terza parte.
Nella concezione freudiana la bambina ignora l’esistenza della vagina, invidia il maschietto perché è fornito di pene, e trova nel clitoride un sostituto per il pene stesso. Ella avrebbe un’evoluzione sessuale che, in un primo tempo, è uguale a quella del maschietto, cioè fallica. In un secondo tempo la bambina si renderebbe conto che il clitoride non è un pene e si realizza allora come castrata. Il viversi come castrata a sua volta spingerebbe la bambina a desiderare il pene del padre come mezzo per avere un bambino. Mentre cioè il maschietto trova nella paura della castrazione, da parte del padre, la spinta ad abbandonare il complesso edipico e a entrare nel periodo di latenza, la bambina sarebbe invece spinta, dal riconoscersi castrata, a desiderare il pene del padre. Nella bambina, quindi, il complesso di castrazione promuoverebbe la relazione edipica. Nonostante l’orientamento della bambina verso il pene paterno, la posizione clitoridea della bambina rimarrebbe però più o meno attiva fino alla pubertà. Con la pubertà avrebbe inizio la rimozione, da parte della bambina, della posizione fallico-clitoridea, attraverso il transfert dal clitoride alla vagina. Si instaura, in tal modo, e finalmente, la femminilità. Nella concezione freudiana, pertanto, lo sviluppo della femminilità appare come secondario a una prima fase maschile.
Freud scrive nei Tre saggi sulla teoria sessuale:
”Se si vuole intendere il divenire donna della bimba, bisogna seguire le vicende successive di questa eccitabilità della clitoride. La pubertà, che porta al ragazzo quel grande assalto della libido, è contrassegnata per la ragazza da una rinnovata ondata di rimozione che colpisce appunto la sensibilità clitoridea. Quando la traslazione dell’eccitabilità esogena della clitoride all’ingresso della vagina si è compiuta, la donna ha cambiato la zona direttiva per la successiva attività sessuale, mentre l’uomo ha conservato sempre quella della infanzia…” (1905).
Dunque, secondo Freud la sessualità femminile è legata ad un modello corporeo ed anatomo-fisiologico. E’ una sessualità costretta ad affrontare un lungo cammino, in quanto dopo una fase di amore assoluto per la madre nel periodo pre-edipico, la bambina sposta il suo investimento sul padre, figura centrale della fase edipica, e, successivamente, ritorna alla madre da cui si separa definitivamente nell’età puberale.
Questo lungo processo comporta numerose fasi critiche per poter giungere alla pubertà, stadio in cui si instaura la creazione di una identità femminile matura, come sostiene H. S. Kaplan( 1995):
“il menarca è l’organizzatore dell’immagine corporea…e funge da integratore di tutto il ruolo sessuale”.
Vari psicoanalisti si sono opposti a questa concezione freudiana perché, a loro parere, non rendeva giustizia al carattere primario della femminilità, conferendo alla donna un ruolo di oggetto e di passività.
Tra gli autori che si sono opposti alla concezione freudiana della femminilità, Helène Deutsch, considerando la femminilità chiusa all’interno della triade freudiana di passività, narcisismo e masochismo, considera il complesso di virilità della donna non come atteggiamento primario, ma come difesa secondaria della femminilità, intesa come condizione esposta a molti eventi ‘traumatici’ come la mestruazione, la deflorazione e il parto.
Per la Muller esiste un investimento libidico della vagina nella fase genitale infantile, del tutto primario e parallelo all’investimento libidico del pene da parte del maschietto, investimento che, però, viene rimosso.
M. Klein, diversi anni dopo, negli “Scritti 1921-1958” parlerà di una sessualità clitoridea presente nel periodo pregenitale ritenendo che quando la bambina entra nella fase edipica, l’amore per il padre contribuisce a renderla femmina: proprio a quest’epoca daterebbero le fantasie legate alla vagina. La vagina assume una funzione di organo sessuale primario, proprio quando nel momento edipico lo spostamento di desiderio avviene in direzione del padre. Successivamente la Klein sostiene che la bambina deve riprendersi il suo oggetto d’amore abbandonato, la madre, da cui si distacca durante la pubertà, quando è lei che deve assumersi il ruolo di donna matura e di futura madre. Il sopraggiungere del menarca apre una fase importantissima del processo di identificazione femminile. Con la prima mestruazione tutte le fantasie legate alla vagina diventano concrete: la vagina diviene un organo sede della sessualità.
Se il bambino di Freud è talmente ‘orientato’ al piacere, che egli ha sentito l’esigenza di formulare delle istanze psichiche atte a porre un freno all’istintualità (Io e Super-Io), M. Klein fa, invece, riferimento ad un bambino che è ‘umano’: una bocca strutturata per un capezzolo, pulsioni strutturate per adattarsi al mondo, per rapportarsi ad esso. Quello della Klein non è un bimbo felice, infatti l’autrice sostiene che il soggetto nella fase infantile attraversi diverse fasi caratterizzate da passaggi che comportano delle separazioni, delle perdite, in cui si susseguono, in termini di contiguità, dei vissuti apparentemente contrastanti dal punto di vista della fenomenologia, ma comprensibili dal punto di vista dinamico. Nel periodo della separazione, infatti, il bambino può attraversare varie fasi, una prima di tipo depressivo, in relazione alla perdita dell’oggetto d’amore ( la madre ), che può essere strettamente collegata, embricata all’immagine che tale perdita sia procurata dall’esterno (fase schizo-paranoide o persecutorio - paranoidea). Si può ipotizzare che in alcuni soggetti questa situazione non sia stata superata in modo maturativo, ma che rimanga il problema di una separazione male elaborata nel passato che si riattualizza in una situazione più recente, la quale riaccende quella antica che non è stata elaborata; quel punto di perdita rimane come una sorta di ‘tallone d’Achille’ del soggetto, per cui quando si ripresenta una situazione adulta questa non fa che riattivare un meccanismo infantile. La perdita si riattiva con un quadro di tipo depressivo che, dal punto di vista psicopatologico è il più conveniente e che si trova, ad esempio, nel lutto; in molti soggetti, invece, viene riattivato un meccanismo più profondo, di tipo paranoideo, in cui, però, gli aspetti paranoidei non hanno una grande persistenza nel tempo, mentre un soggetto francamente paranoideo va incontro alla strutturazione di un delirio cronico.
M. Klein ha, poi, approfondito il significato della femminilità soprattutto attraverso l’individuazione di una angoscia specifica femminile, equivalente alla paura di castrazione maschile. Per la bambina cioè l’angoscia di base è costituita dalla paura di subire un danno all’interno del proprio corpo. Tale paura a sua volta si collega agli attacchi che la bambina stessa fantastica come rivolti all’interno del corpo della madre che contiene non solo il latte e i bambini, ma anche il pene paterno. La bambina quindi desidererebbe vaginalmente il pene del padre, ma esso è contenuto dentro la madre. Nello stesso tempo la vagina è confusa con la bocca, l’ano e l’uretra. Gli attacchi all’interno del corpo della madre sono, quindi, mossi dal desiderio di appropriazione dei suoi contenuti. Non solo: tali attacchi si rovesciano sotto forma di paura di essere attaccata.
Se, dunque, Freud nella descrizione della sessualità infantile parla di un ‘genitale unico’, la Klein parla di un ‘genitore unico’, poiché la madre, contenendo il pene, ha in sé anche l’attributo del padre.
Mentre Freud teorizza cioè un transfert clitorideo-vaginale, la Klein postula un transfert vagino-clitorideo, nel senso che la ‘fissazione’ della bambina al clitoride sarebbe secondaria alla rimozione dell’investimento vaginale. Tale fissazione deriverebbe dall’angoscia di danneggiamento dell’interno del proprio corpo, che si verificherebbe se la bambina rimanesse nella posizione vaginale, che a sua volta la porterebbe ad appropriarsi del pene contenuto nella madre. D’altra parte anche la masturbazione clitoridea della bambina sarebbe accompagnata da fantasie di ricevere vaginalmente il pene paterno.
Le concezioni kleiniane della sessualità femminile coincidono in gran parte con la concezione della femminilità di Ernest Jones. Sul problema della femminilità si sono così sviluppati i contrasti tra la scuola di Londra, quella appunto facente capo alla Klein, che concepisce la femminilità come primaria, e la scuola di Vienna, facente capo a Freud, che la concepisce come secondaria.
Secondo teorie psicoanalitiche oggi più accreditate (Abraham G., Pasini W., 1975), invece, lo sviluppo femminile sarebbe diverso da quello maschile anche per l’investimento narcisistico che la donna deve compiere sulla propria immagine corporea e affinché il percorso della vita femminile sia abbastanza sereno è indispensabile che la madre trasmetta costantemente fiducia alla figlia.
Nei Tre saggi Freud parla della pubertà come un periodo in cui la corrente di tenerezza si congiunge con la corrente sensuale, come quando una galleria è perforata da due lati.
E, interrogandosi sul progressivo bisogno di stimoli che caratterizza l’eccitamento genitale, si domanda come mai avvenga che provare un piacere possa provocare un bisogno di maggior piacere e quale sia la relazione tra il piacere preliminare e l’orgasmo nel rapporto genitale.
Il piacere preliminare del rapporto sessuale adulto, secondo Freud, può essere considerato come analogo al piacere provocato dalla sessualità infantile, ritenendo che il “piacere preliminare”, se fine a se stesso, possa provocare dei veri e propri quadri psicopatologici, come l’eiaculazione precoce. La clinica ha poi mostrato che l’eiaculazione precoce, è sostenuta oltre che dall’eccessivo autoerotismo infantile di cui parla Freud, anche da pulsioni pregenitali sadico-anali e sadico-uretrali.
Imbasciati (1994), ha sostenuto che l’oggetto per Freud è tale in quanto investito dalle pulsioni, ossia una sorta di appendice costruita dalla pulsione stessa.
Secondo la Teoria del Protomentale di Imbasciati, l’origine della dimensione sessuale, di quella normale innanzitutto, e successivamente patologica, può trovare spiegazione in base all’organizzazione affettivo - rappresentazionale delle esperienze attraversate dall’individuo.
Stoller R.Y. (1968) aveva dimostrato, ad esempio, che l’orientamento sessuale è ‘appreso’, dalle relazioni parentali: un bimbo, geneticamente femmina ma creduto maschio alla nascita per uno pseudoermafroditismo esterno, sviluppa un’identità di genere e un conseguente orientamento sessuale come maschio, per cui anche se il sesso esterno verrà corretto chirurgicamente, permarrà un orientamento sessuale adulto maschile.
Altri studi dimostrano che la sessualità umana è essenzialmente psichica, intersecandosi con l’aspetto fisico.
L’eccitazione, ad esempio, può sorgere in condizioni di esperienze diverse da individuo ad individuo, in base al significato individuale che esse assumono per quell’individuo, e alla loro successiva elaborazione.
In termini psicoanalitici, questa è la ‘fantasia erotica’.
Un altro aspetto della dimensione sessuale, quello del piacere, fu spiegato da Freud come scarica di energia pulsionale.
Il piacere, come dimostrato da studi di psicologia sperimentale (Zwang G.,1982) non dipende da recettori (non esisterebbero, secondo questi studi, recettori sessuali, né dispositivi neurofisiologici, come invece per il dolore), ma è una qualità attribuita psichicamente dal soggetto ad una esperienza, esterna o interna ed il piacere sessuale non fa eccezioni rispetto a qualunque altra esperienza piacevole, pur assumendo nella coscienza del soggetto caratteri così corporei da sembrare quasi che “accada” negli organi genitali, o da essi sia generato. Gli studi neurofisiologici depongono, però, per una mancanza di specificità dei recettori situati nei genitali. I corpuscoli di Krause-Finger ( Zwang G., 1982) ivi presenti non sarebbero specifici, ma una variante istologica dei corpuscoli di Krause della percezione termica. Pertanto, la qualità erotica di un’esperienza piacevole sarebbe determinata da un’elaborazione successiva, per la quale essa acquista “quel” significato psichico, condizionato quindi dalle nostre precedenti esperienze (il “costrutto mentale” di Imbasciati A., 1997).
Secondo G. Abraham (2003) dolore e piacere che apparentemente sembrano due entità distinte, in realtà sono molto unite, anche se la complicità tra di loro rimane un enigma: la ripetizione di gesti che provocano dolore può produrre piacere, mentre il godimento perseguito in maniera ossessiva rischia di diventare sofferenza.
Inoltre, sia le fibre nervose che trasmettono le sensazioni piacevoli che quelle spiacevoli, sia i centri nervosi deputati alla loro elaborazione, sono gli stessi, ma a livello di memoria corporea sembra sia più facile conservare il ricordo del dolore che quello del piacere. Esisterebbe, dunque, un continuum di esperienze che vanno dal piacere dei sensi al puro piacere psichico e la stessa cosa si può ritenere valida per il dolore. Le due esperienze sono fra loro intimamente legate come già Platone descriveva nel Fedone: Socrate, quando gli viene tolta la catena, fa notare che laddove prima sentiva dolore, ora sente piacere, tanto che le due sensazioni “sembrano avere origine da uno stesso capo, pur essendo due”.
Riferimenti bibliografici
1. Abraham, G., Pasini, W., Introduzione alla sessuologia medica, Milano, Feltrinelli, 1975.
2. Abraham G. I Mille Volti Del Piacere, Milano, Oscar Mondadori, 2003
3. Cole W.G., Il sesso nel Cristianesimo e nella Psicoanalisi, Roma, Astrolabio, 1968.
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5. Freud S Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), in Opere, cit., vol. IV
6. Freud S Per la storia del movimento psicoanalitico (1914), in Opere, cit., vol. VII
7. Freud S Al di là del principio del piacere (1920), in Opere, cit., vol. IX
8. Green A. Has sexuality anything to do with psychoanalysis. Int J. Psycho-Anal, 76, 871; 1996
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10. Imbasciati A. Una teoria psicoanalitica esplicatica: la teoria del Protomentale, Psicologia Medica, Milano, Angeli. 1997
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13. Mc Dougall J., The many Faces of Eros, J. Mc Dougall 1995
14. Meltzer D. Sexual States of Mind Clunie Press, Perthshire, Scotland 1999
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16. Stoller R.Y. Sex and Gender, Science House, New York, 1968
17. Zwang G., Sessuologia, Milano, Masson Italia,1982