Dean Stephens (from Cedar Springs, Mi - United States) - Global Warming (2009)
Le minacce del cambiamento climatico
di Achille De Tommaso
Le minacce del cambiamento climatico sono il risultato diretto, pare, della presenza di troppa anidride carbonica nell'atmosfera. Ne consegue che dobbiamo emetterne di meno e magari rimuoverne una parte.
Ma, per studiare le modalità di interventi corposamente finanziati, invece di usare dati provenienti da sperimentazioni dirette (per lo più impossibili da ottenere), si sono usati e si usano correntemente modelli matematici computerizzati. Questa idea è centrale nel piano attuale del mondo per evitare la catastrofe. Di conseguenza, il discorso politico si limita spesso a parlare di limitare l’uso dei combustibili fossili da parte dell’uomo, come hanno suggerito i modelli; trascurando il fatto che il contributo umano nell’emissione del gas serra è minimo. Questi modelli sono diventati rapidamente una guida chiave per la politica climatica. Sfortunatamente, essi hanno anche eliminato la necessità di un pensiero critico profondo; facendo talvolta ignorare le complesse realtà sociali e politiche, e dando spesso una scusa ai politici per mitigare gli impegni.
- PIANTARE ALBERI
Nel periodo in cui furono sviluppati per la prima volta questi modelli, si stavano compiendo sforzi per garantire una qualche azione correttiva degli Stati Uniti sul clima, consentendo loro, però, di continuare ad usare normalmente i combustibili fossili. E la chiave fu trovata: era rappresentata dagli alberi. Gli Stati Uniti sostenevano che, se avessero gestito bene le proprie foreste, sarebbero stati in grado di immagazzinare una grande quantità di carbonio negli alberi e nel suolo; e potevano quindi sottrarsi ai loro obblighi di limitare la combustione di carbone, petrolio e gas. Alla fine, gli Stati Uniti ottennero che venisse accettato il principio; ma, ironia della sorte, le concessioni per piantare più alberi furono messe nei modelli; ma il Senato degli Stati Uniti non ratificò mai l'accordo.
- CONVERSIONE DELLE CENTRALI A CARBONE
A metà degli anni ’90, per ridurre l’uso dei combustibili fossili (dando per scontato che questa riduzione avrebbe diminuito la CO2 e quindi il riscaldamento climatico) la maggior parte dell'attenzione si concentrò sull'aumento dell'efficienza energetica e sul cambio di combustibili (come il passaggio dal carbone al gas) e sul potenziale dell'energia nucleare per fornire grandi quantità di elettricità senza emissioni di carbonio. La speranza era che tali innovazioni avrebbero rapidamente invertito gli aumenti delle emissioni di combustibili fossili. Ma verso la fine del nuovo millennio era chiaro che tali speranze erano infondate. E il risultato lo vediamo: piuttosto che stabilizzarsi, le emissioni globali di anidride carbonica sono aumentate di circa il 60%, in quasi 30 anni, dal 1992. Nonostante tutti i vertici sul clima e l’abbandono del carbone per il gas.
- CATTURA E STOCCAGGIO DEL CARBONIO
L'anidride carbonica compressa era stata, già in passato, iniettata sottoterra a partire dagli anni '70: veniva usata per forzare i gas nei pozzi petroliferi al fine di spingere il petrolio verso le perforazioni. E ora si presentava un’opportunità: invece di utilizzarla per estrarre più petrolio, il gas sarebbe stato scomposto in carbonio e ossigeno; il carbonio sarebbe stato lasciato sottoterra, l’ossigeno rimosso nell'atmosfera. Purtroppo questo processo ipotetico era stato già incluso nei modelli economico-climatici, prima che se ne sperimentasse la fattibilità reale; e fu un errore.
Infatti, quando la comunità internazionale sul cambiamento climatico si riunì a Copenaghen nel 2009, era già chiaro che la cattura e lo stoccaggio del carbonio non sarebbero stati sufficienti ad abbattere il global warming; per due ragioni. Primo, la tecnologia non esisteva ancora (anche se era nei modelli) e non c'erano strutture per la cattura e lo stoccaggio del carbonio in funzione su nessuna centrale elettrica. Secondo: Il più grande ostacolo all'implementazione era essenzialmente il costo: il retrofitting di depuratori di carbonio sulle centrali elettriche esistenti; e la costruzione dell'infrastruttura di stoccaggio geologico adeguato avrebbero richiesto enormi somme di denaro.
- LA TECNOLOGIA BECCS Bioenergy Carbon Capture and Storage,
Il discorso è semplice e ingegnoso: Si piantano tanti alberi, che, crescendo, aspirano l'anidride carbonica dall'atmosfera. Poi si bruciano, invece del carbone, per produrre elettricità; immagazzinando l'anidride carbonica rilasciata quando vengono bruciati, si potrebbe rimuovere più carbonio dall'atmosfera.
Con questa nuova soluzione in mano, sotto forma di modelli, la comunità internazionale pensò di essersi riorganizzata dai ripetuti fallimenti. La scena era pronta per la cruciale conferenza sul clima del 2015 a Parigi.
L'accordo di Parigi fu considerato, dai politici, una vittoria sbalorditiva; ma, dicono gli esperti, se si scavasse un po’ più a fondo, si potrebbero rilevare parecchi dubbi scientifici. Già allora, infatti, alcuni scienziati andavano dicendo che l'accordo di Parigi era "ovviamente importante per la giustizia climatica, ma impraticabile".
E al centro della scena c'era proprio il BECCS, perché all'epoca questo era l'unico modo in cui i modelli economico-climatici potevano trovare scenari coerenti con l'accordo di Parigi. Purtroppo, BECCS, proprio come tutte le soluzioni precedenti, era troppo bello per essere vero.
Vediamo infatti il modello: in tutti i migliori scenari prodotti dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), c’era una probabilità massima del 66% di limitare l'aumento della temperatura a 1,5 ° C usando BECCS. Ma, per far ciò, BECCS dovrebbe rimuovere 12 miliardi di tonnellate di anidride carbonica ogni anno; e ciò richiederebbe un numero enorme di piantagioni di colture bioenergetiche.
La Terra ha sicuramente bisogno di più alberi; ma quando BECCS intende bruciare “alberi” per produrre energia, non intende alberi normali. Si riferisce generalmente a piantagioni su scala industriale dedicate a produrre biocarburanti in maniera efficiente. Attualmente, i due biocarburanti più efficienti sono la canna da zucchero (per il bioetanolo), e l'olio di palma (per il biodiesel), entrambi coltivati ai tropici.
È stato stimato che BECCS richiederebbe tra 0,4 e 1,2 miliardi di ettari di terreno. Questo rappresenta dal 25% all'80% di tutta la terra attualmente coltivata.
E SE LA CO2 NON FOSSE LA CAUSA DEL RISCALDAMENTO CLIMATICO?
Il dubbio è già stato presentato da molti scienziati; infatti la CO2 potrebbe essere l’effetto, e non la causa del riscaldamento climatico. La causa diretta, comunque, secondo alcuni di questi scienziati potrebbe essere il Sole.
LA GEOINGEGNERIA solare
Ma allora bisogna agire sul Sole. Perché il riscaldamento c’è, e bisogna individuare metodi per abbatterlo: agendo appunto sulla radiazione solare. Questi progetti invocano la geoingegneria; sempre usando modelli.
Tutti i tipi di progetti di geoingegneria solare (ampiamente finanziati) - noti anche come “gestione della radiazione solare” (SRM) - sono accomunati dal loro obiettivo di limitare l'effetto della luce solare sulla Terra, ma variano ampiamente nel loro approccio; ne elenco di seguito gli esempi più significativi:
Iniezione di aerosol
La tecnica, nota come "iniezione di aerosol stratosferico", potrebbe raffreddare il pianeta in modo simile a una grande eruzione vulcanica. L’aerosol dovrebbe essere composto da acido solforico.
Schiarimento delle nuvole marine
La seconda opzione più discussa per la geoingegneria solare è "l'illuminazione delle nuvole marine". In teoria, ciò potrebbe comportare l'uso di navi per spruzzare acqua salata nelle nuvole sopra il mare.
Colture ed edifici ad alto albedo
Un'altra tecnica che sta iniziando a girare per le teste scientifiche è l'idea di aumentare l'albedo (=bianchezza) degli edifici in modo da riflettere più luce solare. In parole povere, ciò significherebbe rendere più luminosi i tetti e le pareti, dipingendoli di bianco, ad esempio.
Specchio oceanico
Un'opzione meno nota per limitare gli effetti della luce solare sarebbe quella di utilizzare uno "specchio oceanico". In teoria, ciò implicherebbe l'utilizzo di una flotta di navi per agitare milioni di microbolle sulla superficie dell'oceano. Questa schiuma marina rifletterebbe la luce del sole, raffreddando il pianeta, spiega il professor Julian Evans, professore emerito di scienza dei materiali presso l' University College di Londra .
Rimuovere i cirri
Un'altra opzione meno esplorata per ridurre gli effetti della luce solare sulla superficie terrestre sarebbe quella di "rimuovere" i cirri dall'atmosfera (sic!).
Ombrelloni spaziali
L'ultima tecnologia SRM discussa dagli scienziati prevede l'invio di uno specchio gigante - o una flotta di specchi - in orbita. La dimensione dello specchio determinerebbe quanta luce solare potrebbe riflettere indietro verso lo spazio e, quindi, il suo effetto di raffreddamento, afferma il Prof Govindasamy Bala , del Divecha Center for Climate Change presso l' Indian Institute of Science.
IL COVID-19, FORNENDOCI DATI SPERIMENTALI, CI HA FATTO CAPIRE L’INCONSISTENZA DI MOLTE TEORIE SUL RISCALDAMENTO CLIMATICO.
Il Covid-19 ha rappresentato un’unica opportunità per gli scienziati, per fare chiarezza sulla climatologia, e sul Global Warming; in maniera scientifica.
E’ risaputo, e accettato, come i modelli catastrofistici sul global warming non siano “scientifici”, in quanto basati sull’andamento del clima terrestre nel corso di tempi passati molto remoti, dell’ordine di millenni e di centinaia di millenni. Gli scienziati non possono quindi ottenere dati dall’aver osservato le mutazioni climatiche in maniera diretta, ma utilizzano “modelli”; ossia metodologie indirette, che hanno un altissimo grado di imprecisione. La verità è che sappiamo che le temperature in passato siano state sia più fredde, ma anche più calde di oggi, a seconda dell’arco di tempo considerato. Le ricostruzioni mostrano, ad esempio, temperature globali di 1000 anni fa che sono molto più alte di oggi, e piante e alberi di 3000 anni fa sono state trovati sotto i ghiacciai in ritirata.
E qui ci è venuto in aiuto il Covid-19.
I “lock-down” resici necessari con la pandemia hanno infatti comportato una drastica diminuzione dei trasporti e dell’attività industriale, di circa il 50%; e dell’uso di combustibili fossili. E ciò a livello globale. Rappresentando questo fatto una inestimabile fonte di dati scientifici.
Secondo United in Science 2020, la riduzione del 50% dei trasporti e dell’attività industriale, ha fatto sì che le emissioni derivanti dalla combustione di combustibili fossili siano diminuite di un 17% nel 2020. Secondo le evidenze sarebbe il calo annuale più grande dalla seconda guerra mondiale, dicono i ricercatori.
MA C’E’ UNA CATTIVA NOTIZIA
Ebbene, la cattiva notizia è che il 17% di calo della CO2, pur essendo il calo più significativo della storia umana, pare che non basti per salvare il pianeta. Infatti, a fronte di questo calo, la temperatura globale non è diminuita neanche di una frazione di grado, anzi, è continuata ad aumentare. Detto per inciso, poi, il calo di attività umane, dovuto alla pandemia, ha comportato un calo del PIL del 10% circa, mettendo in ginocchio l’economia mondiale. In sintesi, mentre le emissioni complessive sono diminuite più che mai nel 2020, il calo non rallenterà il cambiamento climatico.
"Le concentrazioni di gas serra, che sono già ai livelli più alti in 3 milioni di anni, hanno continuato a crescere", ha affermato il Segretario generale dell'OMM (Organizzazione Mondiale di Meteorologia) Petteri Taalas. "Sebbene molti aspetti della nostra vita siano stati sconvolti nel 2020, il relativo decremento non è significativo: il riscaldamento è continuato senza sosta".
Questo grafico parla chiaro; perché fa vedere come questo decremento, generato con tante afflizioni, del 17% della CO2 prodotta dall’uomo, sia infimo in rapporto all’emissione di CO2 totale. E questi non sono pareri basati su modelli: è verità scientifica basata sul rilevamento diretto di dati.
E quindi sorge il legittimo dubbio che l’uomo, con le sue attività, non sia poi la causa principale dell’aumento di CO2.
E i dubbi in merito all’infimo contributo della CO2 antropica, sono stati già molti in passato. Infatti gli oceani contengono 37.400 miliardi di tonnellate (GT) di carbonio sospeso, la biomassa terrestre ha 2000-3000 GT. L'atmosfera ne contiene 720 GT e gli esseri umani contribuiscono solo a 6 GT di carico aggiuntivo su questo equilibrio. Gli oceani, la terra e l'atmosfera scambiano CO2 continuamente, quindi il carico aggiuntivo da parte degli esseri umani è incredibilmente ridotto. Un piccolo spostamento nell'equilibrio tra gli oceani e l'aria causerebbe un aumento di CO2 molto più grave di qualsiasi cosa noi possiamo produrre. La realtà è che non sappiamo esattamente cosa avvenga alla CO2 che circola nel nostro pianeta.
E GLI SCIENZIATI SI PRESTANO?
La climatologia è un campo finanziato da organizzazioni governative; e coloro che sono in disaccordo apertamente ricevono pochi, o zero, finanziamenti.
In testa a tutti i giochi sta l’IPCC delle Nazioni Unite. Alla base delle sue affermazioni sta l’idea che il recente incremento delle temperature sia funzione dell’aumento della quantità di CO2 nell’atmosfera, dovuto in modo particolare, dall’utilizzo e dalla combustione dei combustibili fossili.
Ma L'IPCC è stato formato allo scopo di scoprire se il cambiamento climatico provocato dall'uomo sia una realtà; quali sono i danni che si verificheranno a seguito di questo cambiamento e cosa possiamo fare al riguardo. L'IPCC cesserebbe di esistere se una qualsiasi delle tre domande avesse una risposta negativa. E gli addetti perderebbero il lavoro. E comunque l’IPCC è un organo politico che impiega scienziati per redigere i rapporti; ma i politici hanno comunque l'ultima parola su ciò che entra nei rapporti (v. tecnica del “cherry picking”). Scienziati che credono davvero nel riscaldamento globale avvertono regolarmente l'IPCC che le loro conclusioni non sono poi così precise; e che i politici dovrebbero attenuare il loro linguaggio. Ma a tutti piace tenersi il proprio lavoro.
Un commento durante il nostro convegno è stato: “ma ormai tutti gli scienziati sono d’accordo sull’origine antropica del global warming”.
Ebbene, senza scomodare Galileo, ricordando che, ai suoi tempi tutti gli scienziati ritenevano che il sole girasse attorno alla terra, vi invito a leggere questo articolo che analizza questo presunto consenso scientifico, evidenziandone le lacune: https://www.europeanscientist.com/en/features/100-consensus-on-the-anthropogenic-global-warming-a-skeptical-examination/
Un altro articolo che vi propongo è questo, dove vengono evidenziati altri 17 studi scientifici che mostrano come non ci sia attualmente un andamento climatico insolito: https://www.attivitasolare.com/altri-17-studi-non-mostrano-una-tendenza-al-riscaldamento-insolito-negli-ultimi-secoli-e-un-olocene-piu-caldo/