La Menopausa e la Funzione Sessuale nella donna.
Gli ormoni sessuali sono fattori necessari per il mantenimento di una soddisfacente libido, ma non sufficienti da soli né a orientare la direzione del desiderio su uno specifico partner, né a vivere una sessualità soddisfacente (Graziottin A., 2010).
Essi esercitano un trofismo in tutto il corpo femminile, e non solo per gli organi genitali.
In particolare, gli estrogeni contribuiscono ad aumentare il grado di eccitazione, la vasodilatazione cutanea, la congestione pelvica e la lubrificazione vaginale. Esercitano un trofismo cutaneo: regolano lo spessore dell’epidermide mentre nel derma regolano l’attività dei fibroblasti, delle ghiandole sebaceee e dei follicoli piliferi.
La loro massima attività è, com’è ovvio, quantificabile durante l’età fertile e la loro ubiquitarietà è dimostrata dalla presenza di recettori ormonali di tipo estrogenico, alfa e beta, in ogni organo periferico, anche se diversa è la loro distribuzione e concentrazione (Pettersson K., Gustafsson JA., 2001).
I recettori del tipo alfa, infatti, sono maggiormente rappresentati a livello dell’ipotalamo, delle ghiandole mammarie e dell’apparato genitale e sono quelli preposti alle azioni riproduttive e proliferative.
I recettori beta, invece, sono più numerosi e presiedono alle azioni riparative e antiproliferative degli estrogeni.
Tra i neurotrasmettitori che intervengono nella modulazione del desiderio, la proteina Darpp-32 funzionerebbe innescando sinergia fra gli ormoni sessuali e la dopamina, il neurotrasmettitore centrale nella sensazione del piacere.
Recettori progestinici, A e B, sono ugualmente rappresentati soprattutto negli organi riproduttivi.
Recettori per gli androgeni sono stati dimostrati nei tessuti di derivazione neuroectodermica (cervello e cute) e mesodermica (muscoli, osso e tessuti connettivi).
Il testosterone è l’ormone più potente nell’attivare il desiderio sessuale, determinando attivazione dell’eccitazione mentale e congestione delle strutture bulbo cavernose e vestibolari.
La menopausa fisiologica è caratterizzata da due “passaggi” fondamentali:
1) l’esaurimento del patrimonio ovarico follicolare e ovocitario, con conseguente sterilità;
2) l’esaurimento della produzione ovarica di estrogeni e progesterone, mentre continua, seppure in quantità ridotta, la produzione di testosterone.
Proprio per la loro azione a livello ubiquitario, la perdita e/o la riduzione degli ormoni sessuali si ripercuote su vari organi e funzioni, con una sintomatologia e dei segni specifici, e conseguenze psicologiche, sessuali e relazionali. La carenza di estrogeni riduce i caratteri sessuali secondari e con essi la percezione biologica di femminilità. La carenza di androgeni causa una sintomatologia caratterizzata da: perdita di desiderio sessuale e di energia vitale, ridotta assertività, perdita di peli pubici, riduzione della massa muscolare.
Un eccesso di prolattina, invece, può agire in senso inibente.
Anche l’ipotiroidismo, può influire negativamente sulla sessualità per l’effetto depressogeno sull’energia vitale generale.
Più giovane è l’età in cui la donna “entra” nella fase menopausale, maggiori saranno i sintomi e le conseguenze a lungo termine (Graziottin A., 2007), e i fattori biologici, psicosessuali e relazionali coinvolti. Tutto questo contribuisce a rendere complessa, e al tempo stesso molto variabile, l’esperienza della menopausa vissuta da ogni donna, specie dal punto di vista sessuale (Graziottin A. Leiblum S.R., 2005).
Come già sostenuto altrove nella tesi, la sessualità femminile comprende: l’identità sessuale, la funzione sessuale e la relazione di coppia.
Se, da un lato, è vero che, in un’ottica di “perdita”, la menopausa porta in sé la necessità di elaborare il lutto della “mancanza”, dall’altro, è anche vero che da un punto di vista psicologico, la donna è sufficientemente ricca delle risorse individuali e delle capacità relazionali necessarie per ristrutturare la propria identità femminile, compresa quella sessuale.
L’intervento che il clinico dovrà, eventualmente, mettere in opera in menopausa sarà mirato ad integrare l’aspetto medico con le componenti psicologiche, relazionali e socio-culturali (Basson R., et al., 2004), del contesto della coppia, laddove presente, e, quindi, l’eventuale coinvolgimento del partner.
Etiologia delle Disfunzioni Sessuali Femminili
I disturbi sessuali femminili (FSD, Female Sexual Disorders) mostrano un’eziopatogenesi multifattoriale (biologica, psicosessuale e contesto-dipendente) e multisistemica (Plaut S M, 2004 ).
I fattori biologico-personali, dipendono:
a) dall’avanzare dell’età in sé, come processo di deterioramento funzionale e anatomico (Bachmann G.A., Leiblum S.R., 1991). Infatti le FSD aumentano progressivamente con l’età, anche se il distress causato, in studi che hanno valutato la caduta di desiderio, è inversamente correlato all’età (Alexander J. L., et al., 2006).
Studi osservazionali, infatti, dimostrano come la caduta del desiderio nella donna aumenti con l’età. Tuttavia il distress causato dalla perdita del desiderio sarebbe massimo nelle donne più giovani, ossia in fase di perimenopausa.
b) dallo stato menopausale (Avis N.E., et al., 2007; Notelovitz M., 2002 ), in quanto la menopausa costituisce un ulteriore fattore di aumento delle FSD, oltre all’età, soprattutto se ad esso si associa la carenza di androgeni o Androgen Insufficiency Syndrome (AIS), (Bachmann G., et al. 2002), altrimenti definita da Sands e Studd (1995), Female Androgen Deficiency Syndrome (FADS).
Questa sindrome, definita da bassi livelli di testosterone, presenta una sintomatologia caratterizzata da: perdita di desiderio sessuale e di energia vitale, scarsa assertività, perdita di peli pubici, riduzione della massa muscolare. Non è noto il livello di androgeni che definisce una deficienza e inoltre non tutte le donne con bassi livelli di testosterone libero hanno sintomi. L’integrità fisica, tra i cui fattori riveste un ruolo preminente il pavimento pelvico, in particolare il muscolo elevatore dell’ano, la cui iperattività è associata a disturbi sessuali caratterizzati da dolore e ostacolo alla penetrazione (dispareunia e vaginismo), mentre l’ipoattività diminuisce la sensibilità e il piacere durante il rapporto sessuale, è condizione necessaria, ma non sufficiente, per una sessualità soddisfacente. E’ comprovato, infatti, un rapporto positivo tra estrogeni e lubrificazione vaginale (Basson R., 2004) e tra androgeni, desiderio ed eccitazione centrale e periferica genitale (Bachmann G., et al., 2002; Levin R.J., 1992 ), soprattutto dei corpi cavernosi clitorideo e bulbo vestibolare.
Il disturbo più frequentemente lamentato è la perdita del desiderio sessuale.
La prevalenza delle FSD aumenta dopo la menopausa.
La nosografia di riferimento è la Consensus Conference interdisciplinare: “The Consensus Panel on Definition and Classification of Female Sexual Dysfunction” tenutasi nel 2003, che ha aggiornato le definizioni messe a punto durante la prima Consensus tenutasi a Boston, nell’ottobre del 1998.
c) da malattie specifiche di interesse psicologico, come, ad esempio i quadri di tipo depressivo (di cui tratterò più estesamente in seguito), (Plaut SM., et al, 2004; Dennerstein L., 2006) che minano il desiderio, nelle sue componenti istintuali e motivazionali;
d) da malattie di interesse organico, come il diabete, che, con le microangiopatie e le neuropatie, condiziona la risposta di eccitazione genitale, minando anche il desiderio e l’orgasmo; l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, l’aterosclerosi, che danneggiano la componente vascolare della risposta sessuale; le malattie neurologiche (sclerosi multipla, in primis, e morbo di Parkinson, oltre che traumi spinali con paraplegia completa o parziale) che ledono le componenti neurogene della risposta sessuale, con particolare vulnerabilità delle componenti riflesse dell’orgasmo; le distrofie vulvari come l’invecchiamento genitale (Tarcan T., 1999), con possibile complicazione di lichen sclerosus (Hagedorn M., 2002 ); il tono dei muscoli del pavimento pelvico (Kegel A., 1952), con l’ipertono associato alla dispareunia e l’ipotono associato all’ipoanedonia coitale e/o all’incontinenza da sforzo in fase di eccitazione); l’incontinenza urinaria da sforzo, che può causare perdite durante l’eccitazione, e da urgenza (per vescica iperattiva) che può ledere la componente orgasmica, per l’alta probabilità di un’incontinenza nel momento dell’orgasmo, in cui la contrazione del muscolo detrusore supera la resistenza del collo vescicale.
In tali casi l’inibizione sessuale è secondaria alla paura che l’episodio di incontinenza possa ripetersi.
e) da fattori iatrogeni, secondari a:
- Alcuni farmaci (Dennerstein L., et al, 2006) specie chemioterapici, o “antiormoni”, come il tamoxifene o gli inibitori delle aromatasi nella cura del cancro mammario.
2. Esiti di interventi chirurgici, come l’ovariectomia bilaterale, per la conseguente carenza di androgeni, la chirurgia per carcinomi del collo o della vulva, le colpoplastiche, specie posteriori.
3. Conseguenze di radioterapia pelvica, per il danno vascolare e la fibrosi che interferiscono con la congestione genitale e la lubrificazione vaginale (Graziottin A., 2004).
Nella donna risultano, inoltre, di particolare importanza i fattori relazionali: i sentimenti per il partner ed eventuali problemi di salute del partner stesso (Plaut SM., 2004), sono i più forti fattori predittivi di come cambierà la sessualità femminile durante la menopausa, più ancora dei cambiamenti ormonali.
Riferimenti bibliografici:
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