Eziopatogenesi dell’anoressia.
L'anoressia è un disturbo alimentare, la cui patogenesi e decorso sono condizionati da processi psicosomatici e somatopsichici strettamente legati; la mente ed il corpo, infatti, come più volte ribadito, non sono due entità scisse, ma sono rigorosamente connesse.
Come già sostenuto altrove, l’anoressia è definita mentale, in quanto pur avendo incidenza principalmente nel mondo femminile, “si manifesta sia in soggetti di sesso maschile che femminile, ed è probabilmente centrale più che periferica”. (1)
Il rilevamento e l'individuazione degli elementi che possono costituire fattori di rischio genetico o specifico per l'evoluzione psicopatologica del disturbo riveste notevole importanza nell'ambito della diagnosi e della prevenzione della malattia.
L'eziologia dell'anoressia è un argomento alquanto arduo da trattare, in quanto non è possibile precisarla in un'unica causa; sembrano invece determinanti una pluralità di componenti, sia di carattere psicologico che ambientale.
La molteplicità dei fattori che, interagendo fra loro, concorrono all'insorgere della malattia possono essere classificati in fattori predisponenti, attivanti e cronicizzanti (2).
Fattori predisponenti
I fattori predisponenti sono quelli che favoriscono l'insorgenza di un particolare disturbo. Sono già presenti nella persona o nell'ambiente in cui vive e sono dunque antecedenti all'apparire del disturbo alimentare.
La combinazione di più fattori predisponenti non attiva necessariamente la patologia, questi indicatori presagiscono la possibilità futura che si sviluppi.
Le condizioni predisponenti sono costituite dalla genetica, dalla personalità, da fattori biologici e da quelli socio-culturali.
La genetica
La trasmissione genetica delle malattie e la loro predisposizione si verifica attraverso molteplici e complesse modalità. Raramente accade che un parente trasmetta in modo diretto delle combinazioni di geni al figlio, solitamente la trasmissione è determinata da entrambi i genitori e spesso è implicata una combinazione di più geni.
Il preciso contributo che la genetica apporta allo sviluppo dei disturbi alimentari è ancora sconosciuto.
Uno dei modi migliori per determinare il concorso della genetica è lo studio di quanto si verifica nei casi di gemelli monozigoti ed eterozigoti, in cui i primi possiedono identico patrimonio genetico, mentre i secondi patrimoni genetici differenti.
In virtù di ciò, la determinazione dei geni nello sviluppo della malattia dovrebbe essere indicata dal fatto che la gemella monozigote di una paziente si ammali con più probabilità di quanto avvenga nel caso di una gemella eterozigote.
Gli studi hanno dimostrato che il caso in cui l'anoressia nervosa colpisca una gemella eterozigote, la probabilità che anche l'altra si ammali varia fra il 5% e il 10%, mentre nel caso di gemelle omozigoti la probabilità varia dal 50 % al 55% circa (3).
Da questi risultati si evince quindi che quando i geni sono identici, la probabilità che ambedue le gemelle presentino anoressia nervosa sono molto maggiori. Il fatto, però, che solo il 50% di queste gemelle sviluppi il disturbo e non il 100% come un rigoroso determinismo genetico vorrebbe, dimostra che oltre ai geni interagiscono altri fattori concorrenti nell'originare la malattia.
Si può quindi correttamente parlare di una predisposizione genetica allo sviluppo dell'anoressia mentale, una vulnerabilità genetica che verrebbe resa manifesta dall'interazione di fattori ambientali.
Si può supporre che la predisposizione genetica sia legata allo sviluppo di alcuni tipi di personalità -ossessiva e perfezionista - e a tratti estremi del temperamento, quali per esempio l'evitamento del danno e la dipendenza dal riconoscimento.
Al momento attuale delle ricerche non si hanno ulteriori e precise informazioni sul contributo dei geni nell'eziologia della malattia, è però ipotizzabile che operino producendo a loro volta altri fattori predisponenti.
La personalità
Il temperamento di ogni persona è geneticamente determinato nella misura del 50% circa, le risposte comportamentali del soggetto all'ambiente esterno sono mediate biologicamente dai sistemi neurotrasmettitoriali.
La personalità interagisce con le funzioni cognitive, con i fattori ambientali e le spinte motivazionali, modellandosi attraverso processi di memoria procedurale.
L'impulsività, l'aggressività e la rabbia, congiunti ad una bassa autostima, sono elementi psicopatologici importanti, che condizionano non solo l'esordio della malattia, ma anche i percorsi di cura.
Generalmente i soggetti con anoressia nervosa presentano personalità meticolose e perfezioniste, tendono ad essere molto educate e conformiste. Dimostrano una scarsa ricerca delle novità e un alto evitamento dei problemi che si presentano. Il loro impegno è teso a fare le cose al meglio, anche in modo ossessivo o compulsivo, e pur impiegando molto tempo per svolgere un determinato compito, non ne risultano mai totalmente soddisfatte.
In alcuni casi di anoressia, si evidenzia l'assenza di attività sportive, mancanza che riguarda soprattutto forme cliniche di tipo psicotico. Tuttavia, quando venga svolta, la modalità e l'intensità dell'attività tende ad assumere caratteri ossessivi.
Per ciò che concerne l'ambito scolastico, le ragazze anoressiche dimostrano di raggiungere un ottimo rendimento.
La tendenza dei soggetti anoressici è quella di prefiggersi obiettivi quasi irrealizzabili, accusando il senso del fallimento quando non riescano a raggiungerlo, con un conseguente notevole abbassamento dell'autostima.
Generalmente sono ragazze molto sensibili ed insicure, un tipo di personalità che diventa fattore predisponente all'anoressia nervosa. In molti casi presentano difficoltà a socializzare e stabilire rapporti di amicizia, che, quando presenti, risultano superficiali.
Pochissime anoressiche hanno vissuto l'esperienza di una vera ed intensa amicizia.
Questi soggetti presentano un deficit nella propria immagine del Sé e del proprio ruolo sociale, a cui si affiancano incapacità di diversificare le sensazioni aggressive e sessuali, che vengono vissute come fame o sazietà. L'autostima è molto fragile, influenzata dall'estetica e dal funzionamento corporeo, in contrapposizione ad un Sé grandioso e narcisistico.
In generale, nell'ambito della personalità, i fattori di rischio sono rappresentati da bassa autostima, difficoltà interpersonali, tendenza alla somatizzazione, perfezionismo, insoddisfazione per il proprio corpo, desiderio di magrezza.
I fattori biologici
Sono state eseguite molte ricerche al fine di appurare se le anormalità biologiche possano essere causa dello sviluppo dei disturbi alimentari, e si sono presi in considerazione diversi fattori.
Il primo è il rallentamento nello svuotamento dello stomaco. Nelle persone con DCA il cibo rimane nello stomaco più a lungo prima di entrare nel sistema digestivo, questo sottintende che i soggetti in questione si sentano sazi per un lasso di tempo maggiore.
Nel 10% dei casi una malattia somatica o congenita preesiste alla comparsa della patologia anoressica. Tale malattia antecedente al disturbo anoressico tende a cronicizzarsi interferendo nella costruzione dell'identità e di una propria immagine corporea. Con l'inizio del periodo adolescenziale, il corpo assume una percezione negativa e antagonista, e l'unica strada ritenuta possibile è la negazione ed il rifiuto.
Un secondo fattore biologico può essere identificato in un deficit del sistema endocrino, in particolare delle ghiandole che regolano l'appetito attraverso la secrezione di ormoni.
Un possibile fattore, inoltre, potrebbe identificarsi in un danno a livello cerebrale per il quale il soggetto colpito non sarebbe in grado di percepire il senso della fame. In questo caso le ricerche non hanno ancora dato risultati chiarificatori, principalmente a causa della mancanza delle tecnologie che permettano indagini complete sui minimi dettagli del funzionamento cerebrale.
Il ruolo cerebrale è implicato anche in altre situazioni. Nelle ragazze anoressiche, per esempio, vi è una distorsione della percezione della propria immagine corporea.
Quasi sempre il corpo, nell'insieme o alcune sue parti, viene percepito come grosso quando in realtà è dimagrito. Studi scientifici hanno confermato che questa distorsione percettiva è probabilmente causata da funzioni cerebrali anomale. (4)
Sino ad ora le ricerche sulle possibili cause biologiche non sono state molto soddisfacenti. In generale, il problema nella definizione di questi fattori, consiste nella difficoltà di comprendere se i cambiamenti che avvengono nell'organismo siano primari –ossia presenti già prima dell'insorgere del disturbo alimentare- e possano aver contribuito alla sua comparsa, oppure se siano secondari -apparsi cioè successivamente al disturbo alimentare- come ad esempio il digiuno, la perdita di peso, il vomito. Ognuno di questi fattori può infatti apportare cambiamenti nella struttura e nel funzionamento di varie parti del corpo.
Al fine di distinguere gli aspetti primari da quelli secondari, un esempio chiarificatore riguarda l'analisi delle ovaie e dell'utero di ragazze anoressiche.
Attraverso le ecografie si è visto che le loro ovaie risultano molto più piccole di quelle di una ragazza sana della stessa età, e sono diverse anche come aspetto, con un numero minore di follicoli, e più piccoli del normale. Anche l'utero risulta più piccolo, sia nella misura che nella forma.
Iniziata la fase di guarigione, con l'aumento di peso, si è riscontrato che sia le ovaie sia l'utero tornano alle dimensioni normali. In questo caso si è quindi dimostrato che le dimensioni di tali organi, lungi dal costituire un fattore biologico predisponente, erano conseguenze della malattia. Anche se, in realtà, come vedremo analizzando più da vicino i fattori psicologici, non è detto che ricompaiano i cicli mestruali, in quanto si tratta, oltre che di uno squilibrio organico, di un vero e proprio rifiuto della femminilità, sia nel senso dei rapporti sessuali, sia nel senso della maternalità.
Nel caso di un altro ipotetico fattore biologico, la carenza di alcune sostanze nutritive essenziali, quali ad esempio zinco, si è appurato possa influire sulla perdita di appetito, e non il contrario.
L'appetito, e il senso di sazietà che consegue alla sua soddisfazione, è governato da molteplici e complesse interazioni tra i vari “messaggeri” chimici che viaggiano tra il cervello e lo stomaco. In soggetti sani e anche nella prima fase dell'anoressia nervosa, i meccanismi fisiologici arrivano ai centri della regolazione della fame indicando in modo corretto quando mangiare. É probabile che il senso di sazietà percepito dalle ragazze anoressiche sia dovuto a segnali errati dei meccanismi fisiologici che regolano l'appetito.
I fattori socio-culturali
Fra i fattori predisponenti svolgono un ruolo importante quelli socio-economici e culturali.
Essi sono infatti associati ai fattori psicologici nel determinare la scelta dei cibi e delle diete, e nell'influenzare lo sviluppo di un'educazione alimentare particolare.
Alcuni studi, che hanno analizzato l'immagine corporea dapprima nei suoi aspetti percettivi e in seguito in associazione a quelli soggettivi, concludono che i disturbi che la riguardano hanno uno stretto legame con la bassa autostima, sintomi depressivi e ansia sociale. (5)
E' quindi importante comprendere questa implicazione della cultura e della società nei confronti dei disturbi del comportamento alimentare.
Dal punto di vista culturale si evidenzia come la “desiderabilità” della magrezza sia presente in tutte le società occidentali e l'obesità venga considerata priva di attrattiva, malsana e indesiderabile. Circa l'80-90% dei bambini è consapevole di tali atteggiamenti culturali, e più del 50% delle ragazze in età prepuberale segue una dieta o intraprende misure finalizzate al controllo del peso.
Dal punto di vista sociale i DCA si presentano molto raramente nelle aree di autentica e grave crisi alimentare. Circa il 95% delle persone con questi disturbi è di sesso femminile, contro una ridotta percentuale maschile. L'esordio della malattia si manifesta generalmente nel corso dell'adolescenza, occasionalmente in epoca precedente e meno comunemente nell'età adulta. Non è possibile determinare con indiscussa precisione i tassi di mortalità, considerando che molti casi lievi spesso non vengono adeguatamente diagnosticati.
Merita una riflessione il fatto che la maggior parte di questi disturbi, in particolare l'anoressia nervosa, si verificano nei paesi industrializzati, mentre nei paesi dove il cibo è scarso i disturbi alimentari sono piuttosto rari. Allo stesso modo è interessante osservare che lo possono sviluppare persone che emigrano da nazioni povere verso quelle più benestanti.
Possiamo pertanto constatare che i fattori socio-culturali contribuiscono allo sviluppo dei disturbi alimentari, ed il vivere in una società mediamente agiata pare sia una condizione ricorrente.
É inoltre da tener presente che uno dei fattori che influenza maggiormente il funzionamento ed andamento della famiglia, è il senso di stabilità sociale.
Le società tradizionali, caratterizzate da stabilità sociale e continuità intergenerazionale, dimostravano la tendenza ad influire sulla personalità degli appartenenti inducendo comportamenti di inibizione. Le società moderne, invece, in virtù dei rapidi cambiamenti che creano maggior instabilità, evidenziano la tendenza a generare comportamenti di tipo impulsivo e compulsivo.
Gli stessi canoni estetici ed i significati che rappresentano variano in base al tipo di struttura socio-economica presente nell'ambiente in cui sono proposti. Le società povere considerano l'essere grassi un indice di agiatezza e dunque gli conferiscono valore positivo, diversamente dalle società ricche, in cui l'essere in sovrappeso è considerato sgradevole, connotato di valore negativo.
Le modificazioni socio-culturali avvenute negli ultimi anni hanno contribuito a creare disagio famigliare e cambiamenti di valore, talvolta generando stress.
A tal proposito alcuni autori (6) introdussero il concetto di stress sociale, al fine di studiarne la correlazione con i fattori costituzionali e la predisposizione psicologica dell'individuo nell'insorgenza delle malattie psicosomatiche.
L'adolescente, trovandosi in un periodo di intensa ricerca di punti di riferimento è più facilmente indotto ad assimilare modelli esterni, legati all'immagine esteriore e all'apparenza.
Il contesto culturale moderno incita la valorizzazione narcisistica, l'apparire e il successo, e il corpo esibito diventa un luogo privilegiato nella rappresentazione e nell'immagine di sé.
Tuttavia, i fattori socio-culturali seppur molto influenti, non possono essere considerati quali unica causa della malattia, dato che solo una piccola percentuale delle persone appartenenti al target di riferimento la sviluppa; devono quindi essere ricercati ulteriori, importanti fattori oltre a quelli socio-culturali.
Fattori attivanti
I fattori attivanti sono quei fattori che danno inizio al disturbo alimentare, intervenendo ed agendo quando il soggetto si trova in determinate condizioni psicofisiche.
Sono i fattori che conducono una ragazza, già di per sé fragile, a sviluppare un disturbo alimentare o comportamenti di controllo dell'alimentazione quali vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi e diuretici.
Esistono molteplici fattori attivanti: l'autovalutazione negativa, i tratti ossessivi della personalità, il perfezionismo, l'obesità, l'alcolismo nei familiari, le alte aspettative genitoriali, lo scarso contatto emotivo nelle relazioni familiari ed i commenti critici sul peso.
Quest'ultimo fattore, ossia l'essere schernite dai propri compagni a causa del sovrappeso è il più comune e quello che genera maggiore sofferenza nelle ragazze nel periodo pre-adolescenziale -10/12 anni- e adolescenziale -13/18 anni-.
Le amicizie nell'adolescente anoressica sono assenti o superficiali, sovente cariche di conflitti competitivi, o sentite come illecite a causa della mal dissimulata gelosia materna. Queste ragazzine solitarie sono cariche di paure, paura della vita in genere, dell'insuccesso scolastico, di ciò che gli altri si aspettano da loro, sentendosi di non essere in grado di raggiungerlo. In loro si instaura un'oscura sensazione di impotenza, di non padronanza dei compiti e degli eventi.
Non sono in grado di sperimentare efficacemente il loro potere nel rapporto interpersonale, trasportando tale potere nel rapporto intrapersonale con il proprio corpo.
In tal modo l'anoressia viene vissuta come un allenamento a superare, a vincere, ad acquistare potere in modo progressivo. L'io debole e deformato dell'anoressica è incapace di sperimentare la propria autonomia nella realtà, al di fuori del conflitto con il corpo. L'esperienza profonda di autonomia è talmente mancante che la ragazza non sa raffigurarsela se non concretizzandola come non-recettività corporea. Si struttura in tal modo la grande menzogna anoressica: vivere come se la colpa di tutto fosse del corpo.
Allo stesso modo la ricerca della libertà, il rifiuto del cibo e quindi il dimagrimento, rappresentano per queste pazienti la dimostrazione dell'unica autonomia loro possibile.
Ogni essere umano ha un proprio modo di reagire a fattori di stress –meccanismo di coping-, le ragazze che hanno sviluppato un disturbo alimentare sono soggette ad una pluralità di eventi o situazioni stressanti, quali ad esempio le scarse relazioni con il proprio gruppo, la separazione dei genitori, il cambio di residenza, la perdita di un parente o di un animale a cui si era affezionati e traumi molto forti di abusi e maltrattamenti.
Gli abusi risultano essere i casi più gravi connessi al disturbo anoressico. I motivi sono due: la difficoltà nel trattare la situazione famigliare e di coppia e la psiche patologica della paziente vittima di abuso, la quale tenderà a cronicizzare l'episodio avvenuto. Subire l'abuso da parte di un adulto di fiducia, distruggerà la sicurezza, la speranza di sentirsi amate, e anche di instaurare relazioni soddisfacenti, conducendo all'insicurezza e paura del mondo, percepito come insicuro e pericoloso.
L'età adolescenziale, periodo di transizione dall'età infantile a quella adulta, risulterà diversa per le ragazze abusate, rispetto alle coetanee. L'esperienza dell'abuso porterà la ragazza a vivere in modo più conflittuale le esperienze sessuali posteriori, rallentando o negando una sana sessualità.
Il proprio corpo verrà vissuto con sensi di colpa e vergogna, come colui che ha svolto un ruolo determinante nell'abuso, come sede di parti anatomiche portatrici di quell'esperienza, ma anche del dubbio di averne ricavato un piacere fisico o affettivo.
Nel corso delle trasformazioni puberali, il corpo diventerà un problema in quanto considerato come una parte di sé vulnerabile e traditrice. Per questo le anoressiche tramutano il tradimento affettivo e sessuale subito, nella negazione del cibo. Negare il cibo significherebbe negare il piacere sessuale, controllando così un corpo mortificato, reso ripugnante da un'esperienza sgradevole ed evitando il contatto umano sessuale.
Circa il 33% delle donne adulte che manifestano un disturbo alimentare, ha nel suo vissuto qualche esperienza negativa o ha subito un abuso sessuale durante l'infanzia o la pre-adolescenza (7).
Uno dei fattori attivanti nell'anoressia nervosa, come si deduce da quanto detto, è proprio l'inizio della pubertà. Questa porta con sé molte ansie ed un notevole cambiamento del proprio corpo: fisicamente cominciano ad affermarsi i tipici caratteri femminili, mentre emotivamente e psicologicamente vi è ancora immaturità. Queste ragazze lottano per conquistare maggior autonomia e indipendenza, ma a causa della fragilità emotiva non riescono a gestire i cambiamenti fisici e psicologici che si presentano.
Le ragazze più forti e stabili emotivamente reagiscono al tumulto ormonale, scatenato in loro dall'età adolescenziale, ricercando l'indipendenza ed un'identità personale, sviluppando un proprio stile e i propri desideri. Alcune ragazze, che soffrono di fragilità e instabilità emotiva, orientano la stessa padronanza in ciò che mangiano, in questo senso la restrizione nell'assumere cibo rappresenta per loro un meccanismo di controllo.
Il senso di benessere conseguente alla perdita di peso e la sensazione di sicurezza derivante dal controllo attivato, le inducono a protrarre la dieta; nei casi in cui interrompano questa continuità, la reazione alla percezione di perdita di controllo, è l'attuazione di comportamenti autoindotti quali ad esempio vomitare dopo i pasti.
Queste condotte caratterizzano il circolo vizioso che contraddistingue i disturbi del comportamento alimentare, ossia una sequenza tipica del comportamento di personalità perfezioniste, che percepiscono un senso di fallimento per non aver raggiunto gli obiettivi autoimposti precedentemente.
Quando il disturbo alimentare si è sviluppato, ogni fattore attivante che persiste può contribuire a mantenerlo.
Come abbiamo visto, le cause predisponenti ai disturbi alimentari sono numerose e spesso si verificano in varie combinazioni. Nessun fattore preso singolarmente è quindi sufficiente per causare un disturbo alimentare, il quale è piuttosto determinato dall'interazione di una gamma di fattori, alcuni dei quali sono precondizioni necessarie per lo sviluppo del disturbo, i fattori predisponenti, mentre altri sono in grado di attivarlo fattori attivanti.
Fattori cronicizzanti
Oltre ai fattori predisponenti e quelli attivanti esistono anche fattori cronicizzanti (8), ossia l'insieme degli elementi che protraggono e rinforzano il disturbo alimentare nel tempo.
Questi fattori sono molteplici e anch'essi variabili in relazione alla peculiare situazione patologica. Fra questi si possono ricordare gli effetti del digiuno prolungato, le alterazioni della fisiologia gastrointestinale, le gravi distorsioni nella percezione dell'immagine corporea, i fattori cognitivi, le caratteristiche della personalità, la famiglia, il livello generale di funzionamento dell'Io, l'enfatizzazione culturale della magrezza ed i fattori iatrogeni.
Gli effetti del digiuno prolungato, ad esempio, possono condurre a disturbi cognitivi, disturbi del sonno e alla riduzione della vita sociale.
Le caratteristiche della personalità possono dare origine ad ansia, instabilità dell'umore e bassa autostima, elementi che a loro volta favoriscono l'insorgere del disturbo. Come infatti sostiene Onnis (9), la combinazione della condizione del soggetto all'inizio della malattia, con la sua personalità, rappresenta un aspetto decisivo nel mantenimento dei sintomi psicosomatici.
I fattori cognitivi, quali la difficoltà di concentrazione, la ridotta capacità critica e l'apatia, tendono a cronicizzare la malattia sfavorendo la presa di coscienza della reale condizione del soggetto.
L'alterazione della fisiologia gastrointestinale provocata dal vomito autoindotto della paziente, finisce per cronicizzare frequenti infiammazioni dell'esofago, la compromissione della circolazione sanguigna intestinale e la stipsi.
La grave distorsione dell'immagine corporea, cronicizza il disturbo in quanto il soggetto sia gravemente dimagrito, continua a vedersi grasso, con un corpo deforme e privo di attrattiva. In questo modo persiste la necessità di dimagrire, e inoltre viene danneggiato il funzionamento dell'Io a lungo termine.
Uno dei principali e più problematici fattori cronicizzanti è il ruolo svolto dalla famiglia.
La famiglia
In virtù delle molteplici modalità comportamentali presenti, del ruolo fondamentale per la crescita ed evoluzione dei membri. La famiglia è ritenuto uno dei più importanti fattori di perpetuamento e cronicizzazione del disturbo.
Nelle casistiche di anoressia, si impone la notevole frequenza di genitori separati, divorziati o vedovi, confermando l'ipotesi di una rilevazione patogenetica da parte del paziente di situazioni familiari quali la perdita della coppia genitoriale, per morte o disunione. L'anoressia, in questo caso, costituirebbe una risposta di carattere depressivo alla disgregazione familiare.
Lo sviluppo armonico prevede che il bambino sia in grado di identificare i propri bisogni e di riuscire a soddisfarli attraverso modalità biologiche e culturali adeguate.
Nel caso in cui l'ambiente familiare risponda alle richieste del bambino in modo incongruo, confuso e inadatto, il piccolo corre il rischio di non imparare a distinguere le necessità biologiche da quelle emotive, confusione che origina uno sviluppo disarmonico (10)
Un atteggiamento famigliare di questo tipo, infatti, è proprio quello di fornire risposte alimentari alle richieste affettive del bambino. Si è riscontrato che molte delle madri delle future anoressiche hanno la tendenza a rispondere in termini alimentari ai disagi presentati dalla figlia. La conseguente confusione e disorientamento generato nel bambino lo conduce ad un'incapacità di discriminazione delle proprie sensazioni corporee. Questo tipo di risposta genitoriale potrà quindi determinare un percorso verso la patologia della condotta alimentare.
Secondo molti autori (11), la relazione disturbata tra madre e figlio costituisce un importante fattore eziologico della patologia.
Un ambito interessante da indagare è quello dello stretto rapporto corporeo fra madre e figlia.
Durante la gravidanza, la donna deve adattarsi a notevoli trasformazioni psicofisiche.
Il parto, in particolare, rappresenta un momento molto delicato per la donna, consistendo in una trasformazione che coincide con la perdita di una parte di sé, creata da se stessa e accumulata per molti mesi e da cui deve separarsi.
Il tipo di adattamento alla nuova trasformazione corporea che la madre vive in rapporto al figlio, viene trasmesso al bambino, che potrà usare tale capacità ogni volta che dovrà far fronte ad un cambiamento del proprio corpo.
Se l'adattamento alle trasformazioni corporee ricevuto dalla madre, in questa fase dello sviluppo, è ben riuscito, allora il figlio acquisirà uno strumento, una competenza indispensabile per la futura e complessa trasformazione corporea dell'adolescenza. Se al contrario l'adattamento materno non è riuscito, il piccolo troverà la mancanza di questo importante strumento nella pubertà e nell'adolescenza, con una conseguente difficoltà a confrontarsi con i cambiamenti del proprio corpo.
Ulteriore conseguenza di un adattamento problematico della madre, oltre alla trasmissione di sentimenti di disagio e insicurezza, è la problematicità nel manipolare il corpo della bambina in maniera affettiva e rispondente ai suoi bisogni.
È inoltre fondamentale considerare che il primo contatto del bambino con il mondo esterno avviene mediante la cavità orale, e attraverso il corpo della madre. La ragazza anoressica, figlia di una madre problematica, ha ricevuto un cibo che veicolava l'angoscia ed il malessere della madre, e non era accompagnato da una “risonanza interpersonale di esperienze positive” (12).
Risulta pertanto “chiaro che hanno un difetto basico delle primarie esperienze orali minanti il bisogno di sicurezza” (13).
La relazione tra madre e figlio è dunque determinante, poiché una negazione del cibo e della sessualità -tipico della ragazza anoressica-, risale ad un rapporto disturbato con la propria figura materna.
L'educazione genitoriale sull'alimentazione, è un ulteriore fattore importante da tenere in considerazione. Se impostata con regole troppo rigide sulla quantità di cibo, sulle calorie e gli intervalli tra i pasti, diverrà un disagio accumulato nel tempo.
In particolare, le negazioni favorirebbero la tendenza all'anoressia, mentre le continue proposte genitoriali di cibo alla bulimia.
Selvini Palazzoli (14) ha sottolineato la presenza di una madre dominante, anche se apparentemente sottomessa in posizione vittimistica ai doveri della famiglia, ma che in realtà è interiormente ribelle rispetto al tradizionale ruolo di moglie e di madre, insoddisfatta della relazione coniugale, spesso afflitta da conflitti di tipo nevrotico, sprezzante dei bisogni e dei piaceri della corporeità, svalutante più o meno apertamente il marito e nel contempo invadente ed ipercritica verso la figlia.
La madre attua una strategia di relazione per affrontare il disagio e le angosce, in cui non esistono spazi e situazioni relazionali per modificarle. Il corpo della bambina diviene così il fulcro di conferma e di rassicurazione delle angosce genitoriali.
Nelle famiglie delle pazienti anoressiche esistono due principali tipologie di madre: quella fusionale e controllante e quella disimpegnata e impulsiva.
La prima non permette una differenziazione con la figlia a causa del rapporto simbiotico, mentre la seconda attiva nella figlia desideri fusionali, che nascono dal desiderio di far coincidere la madre ideale con una figura materna idealizzata, buona, sempre presente, che non fa mancare nulla.
Entrambe le tipologie chiudono la visione della figlia in un mondo materno, rendendo impossibile lo sviluppo di un'individualità propria, in quanto l'ambivalenza tra fusione e distacco materno si accentueranno in età adolescenziale.
In questa fase di crescita il processo di individuazione e separazione dovrebbe già essersi concluso, mentre le bambine future adolescenti anoressiche presentano ancora difficoltà a distaccarsi dalla figura materna “che non hanno interiorizzato come immagine interna capace di fornire sicurezza e fiducia” (15). Legate al corpo materno, non riescono a percepirsi come un corpo autonomo, né a fidarsi di se stesse in quanto individui separati.
All'interno della famiglia i ruoli della figura materna e quella paterna sono differenti, modulando in modo diverso l'interazione eventualmente patogena o cronicizzante.
Il ruolo della figura paterna nella struttura familiare dell'anoressica appare periferica, debole ed assente. É un padre che probabilmente ha raggiunto il successo professionale per soddisfare una madre dominante.
La figura paterna, dato il vuoto relazionale che la caratterizza, viene idealizzata dalla figlia, cercando di soddisfare le sue aspettative. Questa assenza impedisce un distacco sia dal legame materno, sia da quello paterno, portando la madre a svolgere il ruolo sostitutivo maschile.
Le modalità relazionali presenti nelle famiglie anoressiche sono essenzialmente di due tipologie (16).
Nella prima, la coppia di coniugi ha avuto difficoltà a costituirsi per il protrarsi della condizione filiale di uno o entrambi i componenti, in cui si presenta il quadro della “nonna assente” e la genitorializzazione di uno dei figli, con il conseguente disimpegno dalle funzioni di genitore ed un clima di controllo.
Nella seconda tipologia, la coppia di coniugi è eclissata dalla coppia genitoriale, presentando al contempo relazioni con la famiglia di origine che, anche se ravvicinate, sono conflittuali.
L'ampia serie di conflitti presenti nella vita familiare, spesso originano dalle difficoltà relazionali e sessuali nella vita di coppia coniugale.
I genitori, dovendo frequentemente negare la propria rabbia reciproca, cercano mete di gratificazione alternativa. Frequenti sono le situazioni in cui il padre si dedica completamente all'attività lavorativa e la madre alla cura dei figli in modo totalizzante, invadente e possessivo, a scapito della cura della loro autonomia e dei bisogni di separazione con un conseguente blocco dello sviluppo armonico.
A volte, il conflitto a livello di coppia condurrà i genitori a trascurare i figli, i quali metteranno in atto comportamenti per attirare attenzione, come tentativo di tenere vicini e riappacificare i genitori litigiosi.
Le caratteristiche peculiari di queste famiglie psicosomatiche, sono essenzialmente le seguenti:
- L'invischiamento. Questo meccanismo può implicare sia transazioni intense in cui i partecipanti sono convinti di conoscere i pensieri ed i sentimenti gli uni degli altri e condividono qualsiasi esperienza personale in assenza di privacy, sia alleanze in sottosistemi con definizione non chiara dei ruoli e con scarsa differenziazione individuale;
- L'iperprotettività, caratterizzata da un interesse tanto forte per il bene altrui da ritardare lo sviluppo dell'autonomia e della competenza dei figli;
- La rigidità, consistente nel bisogno di mantenere lo status quo negando i conflitti in una condizione apparente di normale funzionamento;
- La non risoluzione dei conflitti, che vengono celati ed evitati.
In tal modo l'unità della famiglia viene garantita con la presenza della figlia anoressica, come elemento di equilibrio, che permette di distogliere l'attenzione dal conflitto di coppia, e al contempo di centrare l'attenzione sul problema fisico, trascurando i conflitti psicologici e relazionali.
Le famiglie delle ragazze anoressiche, definite a gomitolo, ossia invischiate, sono quelle in cui mancano confini e differenziazione e non è concesso a nessun membro uno spazio individuale.
Di conseguenza in una famiglia invischiata i cambiamenti di un membro della famiglia o nel rapporto tra due membri si riflettono su tutto il sistema. L'eccessivo stare insieme e condividere tutto porta all'assenza di privacy, causando così la scarsa differenziazione del singolo come risultato dell'intromissione nei pensieri e nei sentimenti che i membri della famiglia attuano gli uni sugli altri.
Un assetto genitoriale di questo tipo provoca un tale disagio nella figlia da essere somatizzato sino a diventare un disturbo alimentare.
Le conseguenze per la ragazza anoressica saranno infatti tendenzialmente concretizzate in un rapporto difficile con il proprio corpo, un'immagine estetica idealizzata ed una ricerca del successo.
Da un punto di vista sociologico la collocazione socio-economica della famiglia dell'anoressica è stata considerata, fino al 1995, nel livello medio-alto.
Negli ultimi anni, si è invece notato un crescente coinvolgimento di famiglie appartenenti a livelli socio-economici medi o bassi. In queste famiglie domina la tensione verso un miglioramento sociale, non parallela ad un'evoluzione culturale. La futura ragazza anoressica si fa così carico di fantasie evolutive presenti in quei nuclei familiari.
Nell'ambito famigliare si svolge anche il rituale del mangiare insieme, in cui le pazienti anoressiche mettono in atto una molteplicità di strategie e comportamenti.
I loro pensieri, assorbiti dal cibo, le inducono a meditare a lungo su diete e calorie, accumulare, nascondere e buttare via il cibo, collezionare ricette, preparare dei pasti elaborati esclusivamente per altre persone.
Le ragazze anoressiche mentono sull'assunzione del cibo, ed attuano comportamenti nascosti, come l'induzione del vomito dopo i pasti.
Il contegno delle pazienti nei riguardi del cibo, pur sotto i più vari pretesti, si riassume in una drastica limitazione del rapporto alimentare.
Raramente l'alimentazione delle ragazze anoressiche è così drastica fin dall'inizio.
Più spesso comincia subdolamente, e per qualche tempo può passare inosservata. Si presenta con mancanza di appetito, senso di gonfiore, dolori di stomaco, digestioni difficili, precoce senso di sazietà, nausea oppure restrizione dell'appetito a pochi cibi.
Alcune hanno preferenze alimentari bizzarre e monotone. Tutti i cibi con contenuti grassi vengono regolarmente evitati con ripugnanza. L'ordine del normale ritmo della giornata è sovvertito. La non osservanza dei pasti conduce questi soggetti a mangiare spuntini disordinati durante la giornata.
In alcuni casi, specie in quelli cronicizzati, intervengono accessi occasionali di voracità con alternative di digiuno e abbuffate.
Durante tali eccessi, sempre solitari, saccheggiano il frigorifero, mangiano indiscriminatamente cibi dolci e salati senza alcun ordine.
Preferiscono mangiare da sole, in piedi, in cucina o nella loro stanza, senza preparare la tavola, in atteggiamento casuale o provvisorio. Costrette a cibarsi di nascosto regolano il cibo, lo danno agli animali o lo gettano via; altre volte, al contrario, lo rubano, e lo accumulano nel loro armadio. L'impossibilità di procurarsi il cibo, o il dover vivere in un luogo dove esso sia scarso o controllato, le angoscia, anche se non lo mangiano.
La negazione della fame e il digiuno, corrispondono al negare un mondo emotivo, che spaventa queste ragazze anoressiche, rendendole frustrate. Un rapporto di frustrazione col proprio corpo femminile, che pone al centro vissuti problematici dei tratti sessuali e della negazione.
La malattia inizia, di solito, nella forma passiva, cioè col semplice rifiuto del cibo.
Più tardi, essa si complica con la forma attiva: assunzioni di dosi enormi di lassativi, vomiti ripetuti, dapprima volontari e penosi, fino a diventare quasi automatici.
Riferimenti bibliografici
1 Montecchi F., Anoressia mentale dell'adolescenza, Modelli teorici, diagnostici e terapeutici, Franco
Angeli Editore, 1998, cit., p. 74.
2 Clerici M., Lugo F., Papa R., Penati G., Disturbi alimentari e contesto psicosociale, Bulimia,
anoressia e obesità in trattamento ospedaliero, Franco Angeli Editore, 1996, cit., p. 57.
3 Si riscontrano variazioni delle percentuali in studi diversi: alcuni ricercatori hanno riportato un valore pari al 50%-52% per la concordanza monozigotica e del 10%-11% per quella dizigotica, (Garkinfel,
Garner 1982; Holland 1984); in altri studi è stata verificata nella misura del 55% nel primo caso e del 7% nel secondo (Strober 1985). Per una discussione sul tema cfr. Montecchi F., Anoressia mentale, pp. 79 e succ.
4 Montecchi F., Anoressia mentale, cit. pp. 127 e succ.
5 A proposito concordano Lerner 1973, Cash e Smith 1982, Thompson 1990, Zappa 2010,
sull'argomento cfr. Zappa L., Alice in fuga dallo specchio. Il disturbo dell'immagine corporea
nell''Anoressia Nervosa e nei DCA. Un modello integrato di trattamento, Franco Angeli Editore,
2009, pp. 95 e succ.
6 Mirsky, 1960, Weiner et al., 1957, in Onnis L., Famiglia e malattia psicosomatica. L'orientamento
sistemico, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1988, cfr. p. 42.
7 A proposito cfr. Montecchi F., Anoressia mentale dell'adolescenza, pp. 217 e succ.
8 Sull'argomento cfr. Clerici M., Lugo F., Papa R., Penati G., Disturbi alimentari e contesto
psicosociale, Franco Angeli, 1996, pp. 59 e succ.
9 Onnis L., Famiglia e malattia psicosomatica, cfr. pp. 42 e succ.
10 Su questo argomento ha insistito Bruch H., 1973, inoltre, cfr. Montecchi F., Anoressia mentale
nell'adolescenza.
11 Alexander 1961, Alexander, French, 1948, Bastiaans, Groen 1955, in Onnis, Famiglia e malattia
psicosomatica, cit., p. 42.
12 Selvini Palazzoli M., L'anoressia Mentale, Feltrinelli, Milano, 1963 cit., p. 86.
13 Ibidem.
14 Selvini Palazzoli M., ivi.
15 Malher et al, 1975, in Montecchi F., Anoressia mentale nell'adolescenza, cit., p. 34.
16 Questa distinzione è stata proposta da Yager, 1982, a proposito cfr. Clerici M., Lugo F., Papa R.,
Penati G., Disturbi alimentari e contesto psicosociale, 1996.