Sir William Ernest Reynolds-Stephens (1862-1943) – In The Arms of Morpheus
Il sonno ed i sogni: l’eterna dialettica tra Medicina e Psicologia
di Anna Maria Pacilli
I veri sognatori non dormono mai.
(Edgar Allan Poe)
Il sonno ed i sogni sono stati oggetto di studio di varie discipline a base più o meno scientifica, come anche della narrativa, della poesia, della filosofia e, perché no, della astrologia.
Ma quello che mi interessa approfondire in questa sede è se esista una possibilità di “dialogo” tra Medicina e Psicologia.
La Medicina si è sempre occupata di studiare i meccanismi fisiologici del sonno e le sue variazioni di durata nel senso della riduzione (soprattutto), ma anche dell’aumento. A partire dalla individuazione di un disturbo in tal senso, sono consigliati “rimedi” per lo più farmacologici, ma anche consigli per mantenere una corretta igiene del sonno, per cercare di modificare un ritmo di sonno alterato: alcuni psicofarmaci risultano più efficaci nelle insonnie d’addormentamento, altri sono più mirati ad impedire i risvegli nel cuore della notte, altri ancora cercano di contrastare i risvegli precocissimi al mattino. Insomma, la Medicina si occupa, fondamentalmente, della qualità e quantità del sonno.
La Psicologia, invece, si occupa essenzialmente del sonno come “fonte” di sogni e della correlazione di questi ultimi, tramite la loro interpretazione, con i desideri inespressi, o con i conflitti o le fobie più o meno manifeste, non occupandosi, invece, in apparenza della difficoltà esperita da alcuni nel mantenere un buon ritmo sonno-veglia, come se una ottimale quantità e qualità di sonno non fosse importante nella capacità dell’individuo di ricordare, o meglio, rielaborare i sogni da sveglio. Dico “rielaborare” perché Freud riteneva che quello che raccontiamo di un sogno è la “manipolazione” di esso.
Da un punto di vista strettamente medico, quello che si conosce sul sonno è stato scoperto grazie ad esami basati sul monitoraggio delle onde cerebrali, sull'elettroencefalogramma che registra l'attività elettrica del cervello, sull'elettrooculografia che registra i movimenti oculari e sull'elettromiografia, che rileva i movimenti muscolari.
Questo ha evidenziato che il sonno non è uguale per tutta la sua durata ma è caratterizzato dalla presenza di due fasi principali, la non-REM, o sonno ortodosso, sonno lento, sincronizzato e la REM, o sonno paradosso, sonno rapido, desincronizzato.
La fase non REM si suddivide nello stadio 1 o fase di addormentamento, che è uno stato crepuscolare, fra veglia e sonno leggero; stadio 2 o sonno leggero in cui la coscienza è sopita ed i muscoli si rilassano; stadio 3 o sonno profondo, fase in cui il sonno comincia a diventare più profondo; stadio 4 o sonno profondo effettivo, quando il nostro organismo si rigenera. Le onde corrispondenti all'attività cerebrale di questo momento sono più lente. Questa fase si caratterizza anche per allucinazioni da addormentamento.
La fase REM è così chiamata perché durante tale fase gli occhi si muovono con movimenti ritmici rapidi (dall'inglese rapid eye movements).
Il termine sonno paradosso deriva proprio dal fatto che l'elevata attività cerebrale e i rapidi movimenti oculari che caratterizzano questa fase sono in contrasto con il generale rilassamento muscolare.
Nel sonno REM aumenta il flusso sanguigno verso il cervello e se una persona è disturbata in fase REM o nel momento di sonno profondo, può presentare più frequentemente sintomi di stress e di agitazione. Questo sonno contraddistingue l'avvio dei sogni, seguiti attentamente dal movimento degli occhi del sognatore, come ipotizzato dallo psichiatra William C. Dement e sarebbe questo il motivo per cui i sogni si ricorderebbero più facilmente se la persona viene svegliata nel sonno REM.
Il tracciato encefalico del sonno REM assomiglia molto a quello tipico della veglia e dà luogo al variare, in modo analogo, delle pulsazioni cardiache, del ritmo respiratorio, della pressione sanguigna, ed è proprio in questa fase che possono insorgere complicazioni mediche, quali l'infarto miocardico, la riacutizzazione delle ulcere duodenali e l'enfisema polmonare.
Dallo stato di sonno, poi, si ritorna a quello di veglia mediante un passaggio lento e graduale.
Dunque, la Psicologia darebbe priorità alla importanza dei sogni come possibilità di “raggiungere” tramite essi le emozioni, l’immaginario dell’individuo (compreso quello erotico, del quale si occupa più specificamente la Sessuologia), e, di converso, una stimolazione dell’immaginario riuscirebbe, a sua volta, a stimolare i sogni.
L’individuazione delle emozioni sarebbe anche importante perché il sogno potrebbe determinare una conversione delle emozioni stesse, ad esempio un sentimento di paura può essere proiettato, nel sogno, in un sentimento di rabbia e di aggressività.
Quello che dunque pare difficile da conciliare è l’importanza che la Medicina dà alle singole fasi del sonno ed al loro corretto mantenimento, sembrando tralasciare il fenomeno “sogno” ed anzi, in parte modificandolo: alcuni soggetti che assumono psicofarmaci riferiscono di ricordare sogni più “strani” o vividi, rispetto a quando non li assumevano, con l’importanza che la Psicologia dà al significato in sé di un sogno, o meglio, come si è detto, alla rielaborazione che facciamo di esso, come se fossero due entità indipendenti. In realtà l’interfaccia di correlazione risiede, a mio avviso, proprio nella induzione da parte dei farmaci o tramite altre tecniche, di un sonno il più possibile simile a quello fisiologico, in cui vengano rispettate le fasi tradizionali, in durata e successione, perché questo consentirebbe anche, tramite un lavoro psicoterapico, di utilizzare i sogni come preziosa fonte di informazioni sull’individuo e sui meccanismi di difesa che egli adopera. Non dimenticando, in ultimo, che la psicoterapia stessa favorisce una maggior produzione onirica.
Come sostiene U.J. Jovanović, “ I movimenti oculari rapidi sono dati ad ogni individuo alla nascita come una funzione vitale…Nella formazione di un contenuto onirico si può arrivare, in un sogno intenso, ad una sincronizzazione di questi processi biologici con le scene del sogno. Se il sogno non è intenso, o non ha per il sognatore un grosso significato soggettivo, questi fa roteare i suoi occhi secondo un ritmo biologico che dipende poco dal contenuto del sogno”.
Se, dunque, non si è ancora in grado di fornire una spiegazione esaustiva del fenomeno oggetto delle riflessioni, non si può prescindere dal considerare la funzione evolutiva del fenomeno “sogno”, che, da un lato permette l’attivazione di una capacità fondamentale per la sopravvivenza, quella di “imparare ad imparare”, che cerchiamo di trasmettere ai nostri figli, che cerchiamo di ripristinare nei nostri pazienti che abbiano perso quella abilità e che è necessario rinnovare in noi stessi in un mondo in continuo cambiamento.
Dall'altro consente una rielaborazione dei contenuti, sia consci che inconsci, favorendo un equilibrio sia emotivo che di vita che riteniamo fondamentale raggiungere.
Ed è questa la base su cui si fonda, ad esempio, la tecnica terapeutica dell’EMDR, ("Eye Movement Desensitization and Reprocessing", di desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari, efficace nella rielaborazione dei traumi che utilizza stimolazioni molto simili ai movimenti oculari che si presentano durante la fase REM.