Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale
Coscienza quantistica, la fisica dell’infinito (2 di 2)
di Vincenzo Rampolla
David Bohm è riconosciuto come una delle menti più originali e profonde del XX secolo: scienziato e filosofo, le sue scoperte e riflessioni hanno influenzato in modo decisivo la fisica contemporanea. In un libro vengono raccontate le sue ricerche e le scoperte, una storia di coraggio nel mondo della fisica e un trattato, scientifico e filosofico, ideale per coloro che si pongono domande sulla struttura della realtà.
Al principio della ricerca. Nel periodo in cui Bohm svolgeva la sua ricerca di dottorato presso il Lawrence Radiation Laboratory, Berkeley, California, iniziò a lavorare su ricerche teoriche sui plasmi, ovvero gas contenenti elettroni e ioni positivi ad alta temperatura e densità. Verificò che gli elettroni, una volta diventati parte del plasma, smettevano di apparire come particelle individuali e iniziavano a comportarsi come se fossero parte di un insieme più grande e interconnesso, un mare di particelle che dava l’impressione di essere vivente, apparentemente intelligente, ordinato e cosciente per via delle caratteristiche di auto-regolazione che vi riscontrò. Con questa ricerca è iniziato il cammino di Bohm verso quella fisica olistica che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo, come uno dei fisici più eretici, geniali e rivoluzionari mai esistiti.
Tutto è connesso. Nelle sue ricerche Bohm gradualmente ha perso l’interesse di dedicarsi alla definizione matematica delle variabili insite nella definizione di potenziale quantico, e ha iniziato a porsi il problema della struttura, del processo e dell’ordine nella fisica teorica.
Si è allora concentrato sulla modalità con cui l’ordine poteva emergere da un livello sottostante, uno spazio o una massa di particelle concentrate. Un esempio, il plasma. In esso le oscillazioni collettive emergevano da un numero smisurato di moti individuali e ben presto sentì di poter estendere questo concetto all’Universo intero. Nel contesto del nuovo indirizzo preso dal suo lavoro, Bohm concepì una cosmologia filosofica, intesa anche come metafisica, dove l’intero Universo poteva essere pensato come un ologramma gigante, con caratteristiche in perenne movimento. Nel suo libro Universo, mente e materia, Bohm teorizza l'esistenza nell'Universo di un ordine implicito (implicate order), che non siamo in grado di percepire, e di un ordine esplicito (explicate order), che percepiamo come risultato dell'interpretazione che il nostro cervello dà alle onde di interferenza che compongono l'Universo. Il mondo implicito, dunque quello nascosto, come per magia ordina e dà origine alla realtà fenomenica, quella della materia percepita dai nostri sensi e con i nostri strumenti, la stessa che opera sotto forma di ordine esplicito, il mondo aperto e rivelato in modo palese. Bohm arriva a concludere: l’apparente stabilità e solidità degli oggetti e delle entità che operano nell’ordine esplicito sono generate e sostenute da un processo incessante di ordine implicito-esplicito, dove le particelle subatomiche si dissolvono costantemente nell’ordine implicito e poi si ricristallizzano nell’ordine esplicito.
L’ologramma cosmico. I fisici tradizionali tendono oggi a pensare in termini di ordine esplicito. Essi dissezionano la materia, cercando entità sempre più piccole fino alla particella ultima. Le loro equazioni fondamentali sono scritte usando le coordinate dello spazio e del tempo, e il loro mondo della fisica è distinto da quello della mente. Secondo Bohm ciò che nell’ordine esplicito è frammentato e separato da grandi distanze, nell’ordine implicito è intimamente interconnesso. Egli associa l’idea di un ordine implicito - quello che pilota la realtà - all’immagine di un ologramma, perché l’analogia rappresenta perfettamente il concetto di totalità non frammentata. In questo modo concepisce ogni cosa come racchiusa in ogni cosa, ogni parte della realtà che contiene informazione su ogni altra parte all’interno di essa, come se una regione di spazio e di tempo contenesse la struttura dell’Universo al suo interno.
Bohm ha apportato significativi contributi alla neuropsicologia e allo sviluppo del modello olonomico del funzionamento del cervello. In collaborazione con il neuroscienziato di Stanford, Karl Pribram, Bohm ha contributo a elaborare il modello olonomico di Pribram, secondo il quale il cervello opera in modo simile a un ologramma, in conformità ai principi della matematica quantistica e alle caratteristiche dei modelli delle onde d'interferenza.
Bohm e Pribram hanno elaborato una teoria basata su una descrizione in termini matematici dei processi e delle interazioni neuronali capaci di leggere le informazioni, che si presenterebbero sotto forma di onde, per convertirle e trasformarle in immagini tridimensionali [...]. Noi non vediamo gli oggetti per come sono, in accordo con la rappresentazione della realtà secondo la fisica classica newtoniana, ma soltanto la loro informazione quantistica.
Fisica e Metafisica. Da dove nasce quest’idea? Il concetto di ordine implicito nasce in Bohm quando inizia ad avere visioni dell’infinito, rappresentato sotto forma di un numero immenso di specchi sferici che si riflettono l’uno nell’altro e dove l’Universo è composto di una infinità di riflessioni e di riflessioni delle riflessioni. Secondo la sua intuizione, ogni atomo è tale da riflettere in questo modo e l’infinità di queste riflessioni è riflessa in ogni cosa: ognuna è una riflessione infinita del tutto. In generale non è difficile notare come le idee di Bohm sull’ordine implicito abbiano una connotazione fortemente mistica. È spontaneo, quasi automatico, trovare nell’ordine implicito i concetti di spirito, coscienza e idealismo. L’ordine implicito sembra quasi sovrapporsi al mondo delle idee di Platone che, tramite meccanismi celati ma armoniosi, governa la realtà che sperimentiamo tutti i giorni. Dal momento che l’ordine implicito e l’ordine esplicito non sono altro che due facce della stessa medaglia, allora la materia, come ordine esplicito, non può essere separata dallo spirito, come ordine implicito. Da qualche parte esiste un modello fisico unificante che unisce queste due realtà, e Bohm l’ha cercato per tutta la vita, fissandone i concetti, non formalizzandoli però in un rigoroso quadro matematico, come di fatto si deve fare in fisica.
Raramente in vita Bohm nominò la parola Dio, forse perché sembrava deviante, vaga e comunque irrazionale per un fisico che, alla fine. voleva trovare proprio la formula di Dio. Eppure le sue spinte lo portavano alla trascendenza, una trascendenza via via crescente, cesellata, spesso auto-corretta, e sempre più cristallina. Alla fine della sua vita pronunciò queste frasi che sono decisamente emblematiche sul fatto che in realtà, probabilmente, nel corso del suo cammino travagliato ma coraggioso e luminoso, aveva sentito Dio, più di quanto avesse sentito le meditazioni di Krishnamurti:
Il campo del finito è tutto quanto possiamo vedere, udire, toccare, ricordare e descrivere. Questo campo è basicamente ciò che è manifesto o tangibile. La qualità essenziale dell’infinito, di contrasto, è la sua elusività, la sua intangibilità. Questa qualità si trasmette nella parola Spirito, il cui significato originario è “vento, soffio”. Questo suggerisce l’esistenza di un’energia invisibile ma pervasiva, alla quale il mondo manifesto del finito risponde. Questa energia, o spirito, pervade tutti gli esseri viventi, e senza di essa ogni organismo si spezzerebbe nei suoi elementi costituenti. Ciò che realmente è vivo nell’essere vivente è questa energia dello spirito, ed essa non è mai nata e mai morirà.
Bohm aveva forse intuito che esiste una fisica dell’anima e con essa voleva tracciare il cammino per un’umanità alla deriva, senza humanitas.
(consultazione: davide bohm, la fisica dell’infinito, massimo teodorani, macro edizioni, novembre 2022)