Aggiornato al 05/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Belvedere - Numero 7

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Eduardo Rodriguez Calzado - Hope of the future - 2013
  
                                                     

Un pensiero: la speranza.

La speranza è la fiduciosa attesa di un bene, di un evento, di una persona, di qualcosa che può cambiare la nostra vita, la può rallegrare, la può completare, la può giustificare. Qualcosa che rappresenta il significato di un sogno, di un piano, di una volontà. È la voglia di farcela e la voglia di vivere per farcela anche nelle condizioni di maggiore difficoltà. La speranza porta sempre con sé la paura e il timore di non arrivare, di non raggiungere il nostro desiderio, di non realizzare i nostri pensieri e la nostra volontà.

La speranza, infine, è un sentimento complesso, tanto più forte, tanto più intenso, quanto più è la sensibilità, la cultura di chi vi si aggrappa e può essere, naturalmente, fonte di grandi delusioni così  che qualcuno ha detto che è la più grande falsificatrice della realtà. Rappresenta il futuro, è il simbolo del domani, così come l’esperienza è il modo di disegnare il passato.

Ed è anche uguale per ricchi e poveri, in modo da poter dire con consapevolezza che è un sentimento democratico, nel senso che prescinde dalla quantità di danaro, di amicizie, di potere di cui si può disporre per coltivarla, per provare a raggiungerla, per farne una ragione di vita sempre.

Esiste anche una speranza collettiva, di un popolo, di un paese, di una comunità per un miglioramento della qualità della vita, per la fine di un conflitto che coinvolge, per l’ottenimento di diritti civili, per una vittoria sportiva, per una manifestazione, per una maggiore sicurezza. E questa speranza collettiva è il frutto del pensiero e dell’atteggiamento della maggioranza dei cittadini, delle persone che compongono la comunità.

Molte attività possono farsi solo se chi le fa, coltiva speranza. Per esempio l’imprenditore che deve creare e gestire una entità economica, inventare un prodotto o un servizio, coinvolgere altre persone, inserire dei dipendenti, trattare con il mercato, avere un ruolo sociale. Ed ancora un politico che per forza deve giocare sulla speranza, sull’ottimismo perché queste sono le cose che può proporre ai suoi concittadini, coloro che propongono vendette o regimi, infatti, prima o dopo sono destinati a perdere.

Ma devono avere molta speranza anche coloro che ricercano nel campo scientifico, curano malattie, studiano nuovi modi per abitare, lavorare, vivere. E quelli che accompagnano nella vita i bambini, insegnano, aiutano a capire, a interpretare, a trovare occasioni di pensiero e di equilibrio.

Poi ci sono i sentimenti che si dividono in due grandi categorie. Quelli che rifuggono dalla speranza e che cercano subito con qualsiasi mezzo qualcosa che consente di sopravvivere anche nel grigiore della propria aridità come l’odio, l’egoismo, l’avarizia (si è avari perché si ha danaro o si ha danaro perché si è avari?), la presunzione, l’altezzosità. E, invece, quelli che aprono alla vita, che la esaltano, la moltiplicano, dilatano tutti i tempi, danno ritmo alle cose, come l’amore, l’amicizia, la bellezza (perché la bellezza è un sentimento), la voglia di conoscere, di scoprire, di creare.

Quando si cerca di fare una cosa che richiede speranza senza avere speranza si producono distorsioni e problemi gravi per se stessi e soprattutto per gli altri. Come insegnare senza avere speranza produce il rigetto della conoscenza, della cultura da parte dell’allievo, così fare politica senza avere speranza produce corruzione, soluzioni sociali ciniche e critiche per molta gente, curare senza speranza può accelerare lo sviluppo del male, tentare di creare un’opera senza speranza non produrrà mai bellezza.

La speranza è la nostra pietra filosofale.  Se si perde, diventa inutile la vita, se si coltiva si fa bella la vita.


 

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Cesare Maccari – Allegoria dell’Italia - 1889

I fatti nostri.

Da quel poco che i giornali lasciano trasparire e da quello che logicamente si può capire, nella  Pubblica Amministrazione esiste da più di un decennio (ma forse da più tempo, magari con parenti e amici degli attuali burocrati ) un filo che collega dirigenti del Ministero delle Infrastrutture con dirigenti di Palazzo Chigi,  con dirigenti del Cipe, con dirigenti dei vari Uffici Legislativi (Camera e Senato inclusi) e che comprende anche consulenti, deputati, senatori e naturalmente imprenditori. Un filo che vive indipendentemente da Ministri, Governi e Leggi dello Stato. Un filo che da anni ruba danaro al paese facendolo sparire in una specie di triangolo delle Bermude. Ed inoltre,  avviando grandi opere inutili, completando le grandi opere necessarie con opzioni inutili, promuovendo una miriade di interventi assolutamente non prioritari ma solo considerati per la presenza in quel posto  di amici e di amici degli amici, ha  praticamente distrutto  il paese. Se si percorre la Milano Torino si scoprono svincoli inutili e megagalattici, uscite nel vuoto e ponti collocati a distanza di pochi metri l’uno dall’altro. Ma è solo un esempio, tutto il paese è così.

La realtà è che le leggi in merito ai lavori pubblici e agli interventi dello Stato non solo sono complicate, ma sono soprattutto equivoche. Questa equivocità è dovuta ai voluti piccoli emendamenti suggeriti e fatti introdurre (nelle leggi medesime o nei decreti attuativi) dai burocrati, apparentemente inutili e incomprensibili per i Ministri e i loro apparati esterni, ma che tuttavia condizionano tutte le leggi e le loro applicazioni.  La conseguenza è che il combinato disposto di queste leggi equivoche, la lentezza e complessità del sistema giudiziario di fatto rendono impuniti i reati in merito alle ruberie e malversazioni pubbliche. Quando l’impunità non scatta, le pene contemplate sono irrisorie e comunque non carcerarie. I burocrati possono operare dunque in assoluta serenità, l’unico loro rischio è la rimozione dagli incarichi, ma ciò avviene normalmente  (se avviene) dopo che costoro hanno incamerato grandi ricchezze e dopo che hanno maturato “per legge” elargizioni statali mensili molto generose a titolo di pensione o di altro.

Se uno regala un qualcosa che vale diecimila euro sicuramente pensa di chiedere un’altra cosa in cambio prima o dopo, a meno che non sia un amante, un genitore, uno zio ricco d’America. Chi riceve simile regalo capisce che qualcosa deve dare in cambio prima o dopo, oppure è stupido (cosa possibile). Su questo scenario c’è poco da discutere, se qualcuno dice che ci possono essere dei generosi così per il gusto di esserlo magari con i figli o i parenti dei potenti, è sicuramente in malafede, oppure casca dal pero!

La storia del Ministro Lupi, dei vari sottosegretari, dei burocrati ladri, dell’ultimo scandalo non richiede commenti di nessun tipo se si è capito il meccanismo e se si è capito soprattutto dove e perché i veri poteri forti del paese sono (dopo anni che lo sappiamo e facciamo finta di cercarli).

Il potere vero e forte della burocrazia è iniziato dopo tangentopoli, quando furono fatte una serie di leggi per togliere il potere decisionale ai politici considerati tutti corrotti e darlo ai burocrati considerati professionali e onesti. Da quel momento è stato un disastro ogni giorno più drammatico e nessuno ha mai denunciato, proposto, operato, indicato. Né la stampa, né la politica, né gli organi di controllo, né i sindacati, né le associazioni di categoria. Questo argomento ancora oggi è considerato un tabù. Ma che strano paese è il nostro!

Luciano Barca ha avuto l’incarico dal Presidente del Partito  Democratico, Matteo Orfini, di fare un auditing sullo stato del partito a Roma. Questa richiesta è avvenuta dopo lo scandalo romano del Comune, che ha visto il coinvolgimento, tra l’altro, della criminalità organizzata e di molti uomini del partito. La scelta di Barca è stata applaudita da tutti per il prestigio, la competenza e la riconosciuta onestà e obbiettività di cui gode l’ex Ministro. Adesso Luciano Barca ha finito il suo lavoro e ha stilato una relazione tremenda sullo stato del partito nella capitale. Dice che è un partito che lavora per gli eletti e non per i cittadini, dove non c’è trasparenza, le sezioni sono nelle mani di furbi che truccano tutto dai soci ai voti, agli eventi. Dove non è difficile individuare strutture per fare affari, influenzare, partecipare. È interessante capire cosa farà il partito come conseguenza di questa analisi, prima di tutto nella stessa capitale, poi se farà indagini simili da altre parti e che misure vorrà prendere per cautelarsi nel futuro in generale. Quando i partiti sono così non ci si può meravigliare se le Istituzioni sono corrotte. Ed infine un’ultima domanda: ma questo partito nel passato da chi è stato gestito e come mai costui o costoro non si sono mai accorti di niente? Magari adesso strillano per difendere la democrazia e la trasparenza (ma non si sa a quale paese si riferiscono).

La Pirelli diventa cinese, venduta a ChemChina. Può essere, anzi è, un fatto positivo, perché quello che importa è trovare qualcuno interessato al mercato in cui opera l’azienda e che ha i capitali e la voglia di mettersi in gioco. L’azienda ha la storia, la cultura e la vocazione giusta per assecondare una importante svolta positiva anche internazionale. Certo la Pirelli è un nome storico dell’imprenditoria italiana del secolo scorso, fa parte di quel gruppo di aziende che hanno saputo dire e dare molto al mondo sul piano professionale, culturale, sociale insieme a Olivetti, Telettra, Necchi, Alfa Romeo per esempio. E che la politica italiana non ha mai capito e non ha mai voluto capire. Anche oggi c’è tanta gente che non capisce e non vuole capire il mondo che cambia!

Vodafone e Metroweb firmano un protocollo di intesa per fare una società per la realizzazione e  gestione della rete a banda larga. Wind ha dichiarato subito di essere interessata. Telecom Italia vuole esserci pure, ma vuole almeno il 51%, altrimenti non ci sta. Vodafone è uscita allo scoperto dichiarando che il suo investimento è condizionato dal fatto che nella società la governance non dovrà mai essere di un operatore concorrente, ma può rimanere al Fondo F2i o alla Cassa Depositi e Prestiti o direttamente allo Stato (e vorrei vedere!).  

Si comincia a muovere il settore ed è una buona notizia. Grazie anche alla spinta del Governo in merito alla realizzazione di una infrastruttura condivisa, nella quale il paese decide di investire circa sei miliardi di euro e cioè circa la metà dell’investimento necessario per la realizzazione della infrastruttura a banda larga. L’incognita rappresentata da Telecom Italia è importante e speriamo che gli azionisti e il management di questa azienda si diano una mossa come si usa dire ed escano dall’immobilismo in cui sembrano precipitati, disegnino una strategia, decidano di fare qualcosa.

E’ probabile (forse sarebbe meglio a questo punto) che Telecom Italia entri a far parte di un gruppo internazionale nell’interesse dell’azienda, del paese, della gente che ci lavora, degli utenti. Si parla di Orange, di Att per esempio. Va bene, ma si sbrighino che è meglio per tutti.

D’altra parte il processo di concentrazione degli operatori di telecomunicazione a livello europeo si deve accelerare ed è cosa nota agli esperti che fanno il confronto con il mercato americano, dove ci sono solamente cinque operatori, ed è cosa altresì nota ad Angela Merkel che lo ha affermato qualche giorno fa in occasione del Cebit. Ma per la verità ormai questa è l’opinione generale.

Sul tema telecomunicazioni e televisione i media italiani purtroppo capiscono poco. Con qualche molto lodevole eccezione gli articoli che si leggono dimostrano con assoluta chiarezza che chi scrive non capisce quel che dice. Molti si salvano buttando il tutto in politica come si fa da tempo, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

I prodotti italiani che riguardano il food, dagli insaccati alla pasta, dal vino ai formaggi, vanno forte nel mondo. A dimostrazione di questo successo basta citare il fatto che la contraffazione di questi  prodotti è in grande sviluppo e, dicono, che abbia raggiunto l’importo record di circa sessanta miliardi di euro.

Si potrebbe fare di più e meglio. Il fatto è che le imprese italiane salvo qualche rara eccezione e qualche nuova iniziativa, sono piccole di dimensione e quindi non hanno le riserve professionali e finanziarie per competere a livello internazionale, per attivare nuovi canali di distribuzione, per ricercare, per promuovere. Bisognerebbe favorire la concentrazione di aziende attraverso fusioni e alleanze e spingere per collegamenti e partecipazioni internazionali. Per competere oggi, per far soldi, per dare lavoro, per remunerare soci e investitori, bisogna capire, accettare e lavorare con le regole del mondo.

L’informatica che negli ultimi decenni è stata introdotta nella pubblica amministrazione è stata quantitativamente abbondante (certamente superiore alle necessità) e, in alcuni casi, percentualmente superiore a quella di altri grandi paesi europei. Ma sul piano qualitativo e dell’efficienza un disastro. E non si fa fatica a crederlo visto lo stato attuale delle amministrazioni, delle procedure, dei servizi al cittadino. Naturalmente i colpevoli sono i responsabili di questi settori, i fornitori, i consulenti ed alcuni manovratori che hanno pescato nel torbido. Ma nel nostro paese non si fa mai un processo ai colpevoli e le prescrizioni in questo caso sono coincidenti con le assoluzioni. Non dimenticare aiuta a capire tante cose sul piano politico, tecnico, morale. Aiuta a capire come hanno lavorato certe aziende e dove è il loro successo. Aiuta a capire come sono nati miti di persone e carriere. Aiuta a capire la nascita di certe ricchezze.

Il sangue di san Gennaro si è liquefatto davanti al Papa durante la sua visita a Napoli, rinnovando  quindi il miracolo. Un segno divino, una devozione napoletana. Certamente un grande colpo di teatro, interamente napoletano.

 

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Palazzo Besta di Teglio – Planisfero attribuito a Leonardo

Uno sguardo altrove.

L’attacco di un commando terroristico a Tunisi che ha provocato tanti morti e feriti offre una serie di spunti. Lo Stato Islamico, bravo nella comunicazione specie con l’uso delle tecnologie, vuole creare instabilità e insicurezza ovunque in qualunque occasione e per chiunque. Vuole allargare il fronte operativo proprio per rendere più difficile qualsiasi difesa preventiva e l’interpretazione delle varie intelligence. Gli obiettivi prioritari sono i paesi occidentali o occidentalizzati, cioè i più infedeli. Isis sa, capisce che la reazione mondiale è formalmente unitaria, ma praticamente frazionata, dispersa e poco spregiudicata. Quindi, almeno a breve, perdente.

La vittoria di Netanyahu in Israele è un grande problema per gli Stati Uniti. Continuare ad appoggiare Israele senza se e senza ma, significa farsi complice di una politica aggressiva in tutta la regione ed entrare a far parte delle grandi correnti di antipatia e di isolamento che nel mondo sembrano essere sempre più evidenti verso il mondo ebraico. Opporsi manifestamente alla politica del vecchio e nuovo Premier significa andare contro potentissimi gruppi di potere (chiamiamoli come vogliamo, il prodotto non cambia) in America e nel mondo.

Tuttavia questa vittoria di Netanyahu nei rapporti tra Israele e Stati Uniti è una specie di linea del Piave scavalcata definitivamente. Difficile dire come saranno da questo momento i loro rapporti, ma non torneranno mai più come prima. Ed è quasi certo che questo cambio strategico di politica comincerà a farsi sentire già in ambito ONU.

Fra non molto forse sarà evidente perché la vittoria che gli israeliani hanno voluto dare a Netanyahu è forse stata la più grande sconfitta storica per loro.

La politica americana in Medioriente (e non solo) dipende dalla decisione che viene presa in quel paese a proposito dei loro rapporti con l’Iran. Ecco perché è fondamentale sciogliere questo nodo in un modo o nell’altro.

Il tema della Grecia passa da riunione in riunione a Bruxelles senza che almeno apparentemente si trovi una soluzione. La soluzione con i metodi tradizionali e con le strumentazioni procedurali attuali non la possono trovare e se ne devono prima o dopo convincere. Alla fine dovranno trovare una mediazione, non è pensabile far fallire la Grecia non solo e non tanto per quello che può significare sul piano politico e morale, ma per il colpo economico che per l’Europa sarebbe gravissimo e naturalmente per i principali paesi creditori tra cui l’Italia che è al terzo posto della  classifica di questi aventi diritto e  di cui non andare fieri.

La verità è che la Germania fa una politica di conservazione economica e ideologica ed è comprensibile data la sua posizione e la sua situazione economica. E gli altri paesi fanno politiche senza spina dorsale, con un personale politico di basso livello in generale preoccupato solo di non perdere consenso. Così non si risolve né il problema della Grecia, ma anche altro.

 

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Antonio Zanchi (18e siècle) - Palamède et Ulysse
avec Télémaque bébé

L’angolo di Palamede.

Non si sa perché a Milano quando si parla di Comunione e Liberazione si parla di una organizzazione di affari che comprende aziende, consulenti, iniziative, progetti, banche. Non si sa perché tutti parlano di privilegi, collegamenti, sistemi di influenza. Roberto Formigoni era ed è di Comunione e Liberazione. Maurizio Lupi era ed è di Comunione e Liberazione. A volte il caso offre strane e improbabili interpretazioni!

Anche gli avvocati risentono del cambiamento del mercato che si manifesta in tutti i settori, da quello della distribuzione a quello della tecnologia, e va verso la concentrazione con studi professionali, che adesso possono vedere anche la partecipazione di investitori finanziari e non solo di soci di lavoro, di gruppi di avvocati operanti nelle varie aree del diritto e con catene internazionali collegate. In pratica significa, specie a medio termine, la riduzione del numero di avvocati, quanto meno dei piccoli studi indipendenti. Se poi la semplificazione legislativa sbandierata e inerte sino a questo momento, non rimanesse lettera morta il fenomeno sarebbe più accentuato.

Sono ormai anni che diciamo che uno dei grandi problemi della società italiana è costituito dal suo blocco verticale. In altri termini i passaggi da un ceto sociale all’altro sono rarissimi e del tutto casuali e questo rappresenta l’effetto più importante del fatto che la nostra società tiene poco conto del merito. Per cui i figli degli avvocati fanno presumibilmente gli avvocati, così vale per gli imprenditori, i medici, gli ingegneri. I figli dei politici sono considerati merce prelibata e le aziende fanno a gara ad assumerli a prescindere da quello che valgono e che sanno fare, perché significa acquisire nei confronti del padre o dei loro parenti, come dire, una speciale benevolenza.

Il fenomeno dell’astensione è nel nostro paese in aumento. C’è sempre più gente che non va più a votare. Si dice che stiamo allineandoci a quanto avviene negli altri paesi occidentali e che quindi il fenomeno è assolutamente normale, fa parte dello stadio di maturazione della democrazia e, più in generale, del paese. Ma qualcuno comincia a far notare che l’alto astensionismo nel nostro paese è dovuto prevalentemente alla diserzione dalle urne dei giovani. E molte ricerche e analisi lo confermano, anche se sinora ancora un po’ timidamente. Questo fenomeno è da approfondire, capire, interpretare, dibattere da parte di tutti, perché se fosse vera l’analisi pur timida, come è probabilmente, non sarebbe da attribuire alla maturazione della nostra democrazia. Ma esattamente al contrario, cioè ad una regressione della nostra democrazia, in particolare nelle aree della popolazione più attiva, più impegnata verso il futuro, più produttiva. In altri termini un distacco di queste aree da questa politica e da queste Istituzioni avviene perché esse non sono più ritenute in grado di consentire una vita, uno sviluppo, una opportunità nella modernità, nella competitività internazionale. Ed al contrario l’ambiente dimostra ogni giorno di più ed in modo irreversibile, l’alto livello di corruzione, di formalismo, di pochezza culturale, di mancanza di visione e di progettualità, di attaccamento a privilegi non dovuti al merito.

Si nota un maggior movimento intorno ai beni culturali, forse anche per le nuove regole introdotte da questo Governo in merito alle possibili detrazioni fiscali degli investimenti e delle donazioni che riguardano il settore. Il nuovo mecenatismo per forza può esprimersi esclusivamente attraverso le aziende e alcuni uomini particolarmente ricchi, come Bill Gates per esempio, e le politiche fiscali studiate e adottate dai vari paesi, a partire da quelli più interessati alla conservazione e manutenzione delle loro opere, ma anche alla promozione degli artisti e degli operatori del settore. I Musei sono pieni sempre, le Mostre si moltiplicano, il turismo culturale è in sviluppo. C’è più iniziativa, più aggressività, più interesse intorno al tema, come non mai nel nostro paese. Una buona notizia!

 

Inserito il:22/03/2015 21:28:18
Ultimo aggiornamento:05/04/2015 17:13:25
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