Aggiornato al 05/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Belvedere - Numero 99

Pierre Auguste Renoir (1841 - 1919) – Vista della costa vicino a Wargemont in Normandia- 1880

 

 

Negli Stati Uniti, l’FBI è riuscito ad aprire l’iphone della Apple senza la Apple e quindi ha ritirato la denuncia contro l’azienda di Cupertino chiudendo la controversia giudiziaria. Dicono che lo abbia fatto utilizzando una società di consulenza israeliana (strano, vero?). Adesso si tratta di vedere se l’FBI farà sapere a tutti il metodo usato, se lo dirà solo alla Apple o se non lo dirà a nessuno. Intanto la Apple ha mostrato al mondo che nel suo sistema c’è una falla alla quale deve porre rimedio, se ci riesce.  E forse potrebbe anche denunciare l’FBI non tanto per quello che è riuscito a fare, ma per avere fatto sapere che è riuscito a farlo.

La visita di Barack Obama in Argentina è stata un successo per il nuovo Presidente Mauricio Macrì e il suo governo. Un successo importante per il paese che mira a cancellare immagini ed errori del passato. Il rapporto tra Obama e Macrì è stato sul piano personale molto caloroso. Contrasta con la freddezza con la quale qualche settimana fa il Papa argentino ha ricevuto solo per qualche minuto a Roma lo stesso Presidente Macrì. E ora sta sollevando curiosità un articolo sul quotidiano La Nacion di Buenos Aires dell’Arcivescovo e Rettore della Università Cattolica Victor Manuel Fernandez, conosciuto come molto vicino a Papa Francesco, pieno di freddezza verso il governo argentino (e critico della visita di Obama). Molti osservatori continuano ad interrogarsi del perché di questo atteggiamento del Papa nei confronti di questo governo del suo paese. Non è un problema di secondo piano visto gli interessi e i poteri in gioco.

Significativa l’uscita del governo argentino dall’azionariato della tv venezuelana Telesur. Soprattutto per la motivazione. Infatti il Presidente Macrì ha dichiarato che non intende essere complice di un organo di informazione che nasconde regolarmente ogni notizia sui prigionieri politici del paese.

Il commento più diffuso di tutti gli osservatori anche culturali del continente latino americano, dopo la visita di Barack Obama a Cuba e le prospettive che adesso si aprono per l’isola, si riferisce al rifiuto di Fidel Castro di aver voluto incontrare il Presidente americano. Comprensibile dati i suoi trascorsi e coerente con la sua vita e il suo pensiero. Certo non favorevole alla sua terra e alla dinamica delle cose. Ma ad un vecchio combattente, ad un protagonista del secolo passato forse non si poteva chiedere di più e bisogna capirlo.

Il Parlamento Venezuelano vara una legge che concede l’amnistia ai prigionieri politici che sono attualmente nelle galere di quel paese. E il Presidente Nicolas Maduro che dovrebbe firmare la legge dichiara che si rifiuterà di firmarla (anche perché quei prigionieri nelle galere ce li ha mandati lui). Un bel conflitto costituzionale forse ci mancava (anche se era prevedibile) in quel paese sempre più in crisi profonda.

In Brasile il partito alleato di governo della Presidente Dilma Rousseff ha deciso di abbandonare la coalizione e quindi ormai la crisi è proprio dietro l’angolo. Anche molti Ministri si stanno dimettendo dall’Esecutivo. Sembra proprio difficile che la Presidente riesca a superare il momento.

Dicono che è accertato che il Belgio sia la centrale europea per il commercio clandestino di armi di tutti i tipi e di ogni potenza. Il posto dove si incontrano chi vuole vendere e chi deve comprare. Cosa bisognerebbe fare per bloccare traffici illeciti lo si sa e si sa anche dove farlo.

La scoperta giornaliera di lacune, errori, superficialità, sviste, mancanza di professionalità nelle strutture della polizia e della intelligence belga ormai riempie i media di tutta l’Europa. Sembra quasi, da come ne parlano, una sitcom.

La televisione araba Al Yazira che ha sede centrale in Doha ha il problema che i suoi conti non tornano e i suoi finanziatori sono meno entusiasti di qualche anno fa (forse si aspettavano maggiori ritorni, ma la televisione da sola senza la rete non rappresenta più il canale vincente).  Ed allora parte il programma di ridimensionamento con un (primo) licenziamento di 500 persone. Segnali, segnali tutti da interpretare in questo mondo (e in quella regione) così complicato e spesso difficile da capire.

Il New York Times nei giorni scorsi ha presentato una analisi estremamente meticolosa, approfondita in merito alla nascita e allo sviluppo del fenomeno Isis. Forse una delle analisi più complete ed obbiettive. Risalta in modo evidente e forte il fatto che l’Europa intesa come singoli Stati e come Unione non ha capito che stava succedendo e che cosa poteva succedere. La mediocrità purtroppo è il grande rischio del mondo verso il futuro. Così è nata l’Isis e così può nascere qualunque cosa senza che chi deve capire capisca.

La chiusura della versione cartacea di una nota testata giornalistica inglese come The Indipendent dopo 30 anni di vita a causa del drastico calo di copie vendute, getta fuoco nella discussione sul futuro delle versioni cartacee dei giornali. Infatti, è vero che le versioni digitali stanno sostituendo quelle cartacee nelle abitudini di molti lettori, soprattutto giovani. Ma ciò riguarda prevalentemente il settore delle notizie, della informazione, della cronaca brutalmente, mentre la versione cartacea è, o perlomeno dovrebbe essere, sempre più riservata (e per questo molti la cercano) ad analisi, approfondimenti, dibattiti, ipotesi. Certamente non è facile tenere collegate le due versioni, scambiare gli spunti, fare in modo che rappresentino per l’utente lettore un unico pacchetto coordinato che con i mezzi di oggi, informa, analizza, aiuta a interpretare, dà, rispetto al giornale di ieri, un valore aggiunto. L’esperienza comincia praticamente oggi dovunque e il percorso è ancora tutto da fare. Certamente cambia il mestiere dell’editore, la organizzazione della redazione, forse (molti dicono sicuramente) anche la professionalità di gran parte dei giornalisti, certamente cambia il modo di lavorare, la partecipazione (più spinta ed essenziale) degli esponenti culturali, professionali e di riferimento economico ed industriale della società.

L’introduzione del salario minimo a 8,50 euro all’ora in Germania voluto dai socialisti nel patto per l’alleanza di governo non ha avuto successo perché nell’ultimo anno si sono persi 60 mila posti di lavoro.

La sconfitta di Hillary Clinton nei confronti di Bernie Sanders in tre Stati come Hawai, Alaska e soprattutto Washington fa pensare e porta la competizione tra i due nel Partito Democratico ad un punto critico, ormai tanti dicono che il vincente sarà quello che riuscirà a prevalere nello Stato di New York. Questa cosa non era pensabile sino a qualche settimana fa perché la Clinton ha i mezzi necessari, ha il curriculum e le conoscenze opportune, ha alle spalle il marito Bill che la supporta e che gli americani amano, combatte con un Bernie Sanders che ha 74 anni, sa pochissimo di politica estera (lui stesso lo dice) e si dichiara socialista, altra cosa che gli americani non amano per principio. Insomma magari alla fine la Clinton riuscirà ad avere la nomination, ma certamente se avverrà sarà per il rotto della cuffia come si usa dire. Perchè? Forse non perché è una donna (ipotesi che qualcuno avanza dicendo che il paese non è ancora pronto per questo salto), ma forse perché il “vecchio” Sanders sta riuscendo a parlare ai giovani che lo stanno seguendo e lo stanno facendo vincere, perché la Clinton offre sicurezza, continuità, garanzia di non far perdere il ruolo attuale al suo paese, protezione della tradizione, ma non offre speranza, non offre cambiamento.

Questa interpretazione delle difficoltà della Clinton rispetto a Sanders possono essere anche la chiave per spiegare il successo di Donald Trump (che intanto perde in Utah a favore di Ted Cruz). Infatti, costui offre cambiamento, offre una prospettiva nuova, per molti stupida, per molti utopica, ma per tanti necessaria, assolutamente indispensabile. Perché la gente capisce che non si può continuare a rimanere inerti, finisce per credere in coloro che promettono qualcosa magari diverso anche se rischioso.

La sensazione che il movimento 5 stelle si stia ripensando c’è. Intanto è accertato che la conduzione operativa e strategica del movimento è nelle mani di Gian Roberto Casaleggio coadiuvato dai suoi collaboratori tecnici della Casaleggio e Associati e dal suo entourage, del quale fanno parte anche storici giornalisti economici, famosi ricercatori ed altri che non appaiono ma ci sono (e che non sono artisti o giornalisti che fanno di tutto per farsi notare). Beppe Grillo è l’icona del movimento (presente, passata e futura), la rappresentazione della sua prima fase quando bisognava rompere, farsi sentire, chiamare a raccolta, saper comunicare con le masse, insultare, dissacrare, inventare, arrivare. Oggi il movimento si è consolidato, le percentuali di cui è accreditato sono più o meno stabili, la speranza di salti del canguro anche in caso di drammatico crollo del PD e dello stesso Renzi non sono alle viste, almeno in tempi brevi. Ed allora Casaleggio giustamente si interroga cosa fare, cosa serve continuare a girare per le piazze con la bandiera al vento, magari raccogliere applausi, ma non incidere minimamente nella vita del paese e rimanere fuori dalle sue prospettive. Probabilmente Casaleggio (e il suo entourage) ha capito che tale situazione alla fine logora e che è giunto il momento di cominciare a fare politica e non solo di dare spallate e di inseguire farfalle. Per questo ormai c’è Salvini con la sua amica Meloni e i suoi galoppini vecchi (patetici questi per la verità) e nuovi. Ecco, dunque, che si cominciano a percepire certi segnali, certi toni sono più responsabili, si allargano i contatti, si cercano ponti che possono consentire di arrivare ad incidere in qualche modo nella vita del paese, nella società. Anche certe scelte di candidati sono diverse dal passato, serve gente che alla occorrenza sa fare politica, ha un po’ di cultura, sa capire come fare una trattativa, quale scelta è più conveniente e non solo più giusta, più attenta alla comunicazione, con una aggressività diversa e più consapevole.  Forse stiamo entrando in un nuovo capitolo della politica italiana. Qualche fanatico del movimento, qualcuno che si oppone perché è bello farlo a prescindere non capirà. Ma pazienza, non si può sempre avere la botte piena e la moglie ubriaca, come dicono in Toscana. Se queste sensazioni sono vere, la configurazione del mercato della politica (come direbbe Casaleggio in modo professionale) è destinato a muoversi rapidamente.

Dal 1 maggio non ci sarà più la pubblicità sul canale Rai dedicato alle trasmissioni per bambini. È una grande notizia, è un passo avanti verso il rispetto e la civiltà, un fatto culturale rilevante, è la strada che potrebbe essere percorsa per altri canali e per altre trasmissioni. Naturalmente i media italiani hanno dedicato alla cosa un trafiletto, per parlare invece di altre cose fondamentali per il nostro paese, come riportare alcuni profondi pensieri di alcuni squinternati avventurosi politici di carriera e di complemento.

È stato varato dal consiglio dei ministri e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo che dà il via libera al censimento del patrimonio immobiliare del nostro paese, con il regolamento per la nomina delle Commissioni Censuarie che dovrebbero svolgere questo immane compito nei prossimi cinque anni. Si tratta di catalogare, valutare e registrare 62 milioni di unità immobiliari di vario tipo. Un lavoro eccezionale che è fondamentale per il futuro del paese (anche per la giustizia fiscale tra le altre cose) e che in questo modo massiccio e scientifico forse non si faceva dai tempi dell’unità d’Italia.

La proposta di creare una Super Procura europea per indagare nei casi di terrorismo è stata bocciata da alcuni paesi, tra cui in prima fila l’Italia. La motivazione ufficiale è che la proposta era stata formulata male e i compiti erano confusi e non ben delineati. Può essere e in particolare può essere perché si tratta di una iniziativa di quella montagna burocratica che è l’Unione Europea. L’idea era giusta tuttavia perché di fronte ad offese globali si deve rispondere in modo globale e unitario. Il sospetto che qualche paese, con il nostro in prima fila, si sia dichiarato contrario per non perdere prerogative però rimane, fortemente rimane (e le interviste in merito di qualche noto magistrato italiano lo confermano in qualche modo).

La nomina ad amministratore delegato di Telecom Italia di Flavio Cattaneo (berlusconiano, molto vicino a La Russa ed ex marito di Sabrina Ferilli) al posto di Marco Patuano è stata rapida. Viene quasi da pensare che era da un po’ che ci pensavano (e forse ne parlavano) sia chi doveva assumere che chi doveva essere assunto. Diciamo che Cattaneo (appena qualche mese fa era stato nominato amministratore delegato di NTV, la ferrovia privata italiana) è più navigato di Patuano e soprattutto più flessibile. Leggendo il comunicato dell’azienda risaltano anche molto i poteri attribuiti al Presidente definito Presidente esecutivo (very powerful man direbbe Rossignolo). La sensazione è che questa nomina sia mediocre, un apparente pasticcio e soprattutto fatta in funzione di un piano più ampio (ne hanno parlato un paio di ottantenni tra di loro?) di cui Telecom Italia è un tassello importante ma non l’unico.

A proposito di tecnologia e di futuro, vale la pena ricordare un libro del 2014 di due economisti di rilievo e cioè Erik Brynjolfsson (direttore del MIT Center for Digital Business) e Andrew McAfee (ricercatore capo presso lo stesso centro). Il libro è “La nuova rivoluzione delle macchine”. Mostrano i due ricercatori come siamo arrivati al punto di svolta e si avventurano a proporre soluzioni su come affrontare questo cambiamento epocale. Interessante cercare di capire come capire.

Inserito il:31/03/2016 11:35:17
Ultimo aggiornamento:31/03/2016 11:39:40
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