Aggiornato al 05/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Belvedere - Numero 70

Una situazione sociale turbolenta suscita evidentemente paure e incertezze diffuse. Può diventare  veramente drammatica se accoppiata alla violenza e trasformarsi in panico quando riferita a platee molto vaste. Ma spesso queste situazioni fanno anche riflettere e inducono molti a rivalutare sentimenti come l’amicizia, la solidarietà, il rispetto e la comunanza con gli altri che rappresentano l’unico vero antidoto, i valori cui aggrapparsi e che consentono di amare ed apprezzare di più la vita, più di prima.

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Konstantin Egorovic Makovskij (1839 - 1915) – Amici - 1895

I fatti nostri.

La cosa di cui si sente più bisogno nel paese è LA FORMAZIONE. Seguendo i social media, i dibattiti in televisione si capisce di come una notevole massa di persone, la maggior parte della popolazione, non sa niente del paese in cui vive, delle sue leggi, delle sue regole. Persino parlamentari e giornalisti spesso dimostrano di non conoscere la Costituzione, confondono competenze e responsabilità. Le tesi economiche che poi si sentono pronunciare ai partiti spesso sono senza capo né coda, ignorano i principi basilari della stessa economia, i legami e gli impegni internazionali, gli aspetti sociali della comunità. I sindacati spesso indicano soluzioni irrealizzabili e molto populistiche come oggi si dice, perché non tengono conto delle reali condizioni del paese (condizioni nelle quali anche loro hanno contribuito a farci precipitare con le loro politiche, con le loro omertà e con i loro supporti a operazioni dissennate fatte solo per conquistare un po’ di consenso) e, soprattutto, delle esigenze di gestione dello Stato nell’interesse di tutti. Bisognerebbe insegnare nelle fabbriche, nelle aziende, nelle scuole le regole del paese in modo chiaro e semplice, in modo da permettere a tutti di essere dei buoni cittadini, di sapere scegliere e di migliorare di conseguenza il management del paese.

Ai DIRIGENTI DI AZIENDA si dovrebbe insegnare anche un po’ di cultura e fare amare la bellezza. Non è possibile che la media dei dirigenti italiani non legge, non si interessa dei percorsi culturali del paese, non coltiva il piacere e l’amore per la bellezza. Sarebbero migliori dirigenti se lo facessero, le aziende sarebbero più civili e anche più competitive perché il clima sarebbe diverso come l’impegno e il piacere di creare un prodotto, di distribuirlo, di farne un business nell’interesse di tutti a partire dagli azionisti sino agli operai e al personale di supporto.

In altri termini il paese ha bisogno di avere CITTADINI PIU’ PREPARATI, più colti se vuole avere un futuro migliore e non basta sapere usare il telefonino o il computer, non basta saper mandare un sms o sapersi isolare con qualche social. L’operazione deve partire dalla Pubblica Amministrazione, dagli incentivi per le aziende, per i Sindacati, da un piano per le scuole di ogni ordine e grado, per le Università in qualsiasi Facoltà. Un paese che decide di investire sul suo futuro significa che deve attuare un piano per sviluppare la conoscenza per una società che sarà sempre più la società della conoscenza.

A proposito di formazione, di cultura, di futuro una riflessione interessante è ciò che molti attenti osservatori vanno ormai segnalando da un po’ di tempo e cioè il fatto che nessuno o solo un numero limitato di persone studia, nel senso che A POCHI PIACE STUDIARE. È difficile che la risposta alla domanda rivolta a varie persone su cosa ti piace fare nella vita sia studiare. È difficile vedere persone sui mezzi pubblici con un libro in mano, piuttosto si vedono persone con qualche strumento di connessione per parlare, per giocare, per ascoltare o semplicemente per rimanere collegati. Perché essere collegati dà sicurezza. Quando si parla di scuola in effetti si parla di edilizia scolastica, di precariato, di test internazionali, di valutazione, di meritocrazia, di carriere, di remunerazioni, di organizzazione di istituti, mai di studio, mai di ciò che si deve fare per spingere i ragazzi a studiare, ad abituarli a studiare. Perché tutto ciò che serve lo si trova nella rete e quindi non vale la pena sapere e approfondire le cose. Con la conseguenza che la cultura continua a scendere nella scala dei valori e la conoscenza è solo capacità di reperire le cose e non analisi, approfondimento, scelta del significato e della collocazione nella giusta casella della vita. Bisogna riprendere a studiare non come dovere, ma come piacere!

Vedere la classe politica del nostro paese che NEI MOMENTI DIFFICILI non riesce a fare fronte comune nell’interesse del paese e che dovrebbe essere considerato come prioritario rispetto alle competizioni elettorali e alle polemiche partitiche e personali, è una cosa veramente triste. Ed è la prova migliore, più rappresentativa della sua inadeguatezza e del suo livello culturale molto basso dal quale non ci si può aspettare una speranza vera per il futuro, forse qualche piccola cosa per l’oggi e il domani.

La dimostrazione che QUESTI TALK SHOW SONO FINITI (ma che ancora riempiono le principali reti) è l’osservazione degli ospiti che chiamano a discutere (meglio sarebbe dire a litigare, per fare audience). Sempre le stesse facce, spesso gente che non conta più niente, capace solo di dire cose in opposizione per fare casino, con qualche nuova giovane new entry che cerca di scalare qualche posizione nella accettazione da parte di quella popolazione (in buona parte evidentemente emarginata intellettualmente) che ancora guarda questi mostruosi spettacoli. È incredibile come non riescono a pensare qualcosa di diverso, di più civile, di più moderno, magari con persone diverse, con un maggior intervento della società, della gente. Non si capisce l’interesse che possono avere queste riunioni di politici e giornalisti che si scontrano, queste compagnie di giro che vanno da un teatro all’altro a fare spettacolo.

È BUFFO QUANDO DI UN PARTITO, che dovrebbe essere una aggregazione democratica e libera di cittadini per portare avanti loro istanze, esigenze ed idee sociali ed economiche, si dice che la proprietà rimane al tale signore che nomina il tesoriere e che è responsabile della gestione. Poi la linea politica la detta quest’altro signore che gestisce la democrazia diretta e gli strumenti tecnologici che lavorano in base ad input decisi da questo signore e danno risultati coerenti con il pensiero sempre di questo signore. Il marchio si può modificare solo con il consenso del proprietario ovviamente a prescindere dalle opinioni espresse dai militanti collegati in linea con il loro computer. Le liste dei candidati sono decise da alcune centinaia di email (in qualche caso anche alcune migliaia) opportunamente impostate dal responsabile della linea. Insomma un partito così può aiutare la democrazia, la meritocrazia, la formulazione delle politiche nazionali e internazionali di un paese, la crescita di una comunità?

Il 12 di novembre si è inaugurata una mostra a New York presso l’Istituto Italiano di Cultura sul contributo italiano allo sviluppo tecnologico mondiale. Ed E’ STATA PRESENTATA LA PROGRAMMA 101, il primo personal computer del mondo, progettato e prodotto dalla Olivetti cinquanta anni fa. Il prodotto dalla stessa Olivetti non fu capito e non fu lanciato in modo adeguato tanto era avanti con i tempi, ma dimostra le capacità progettuali dell’azienda, la libertà di cui godevano i progettisti, le intuizioni che erano abituati a fare. Infatti, il gruppo che ha progettato la 101 era un gruppo di elettronici progettisti e ricercatori, che, dopo la vendita della Divisione Elettronica alla General Electric, passò alla Olivetti voluti da Roberto Olivetti allora amministratore delegato e figlio di Adriano. Ecco perché insieme a quel gruppo coordinato da Pier Giorgio Perotto è importante nominare Roberto Olivetti, spesso trascurato nella storia Olivetti, ma invece estremamente importante, la figura chiave per lo sviluppo della elettronica nel gruppo di Ivrea. Prima per aver convinto il padre a fare la Divisione Elettronica che guidò anche e poi appunto per ricreare nella Olivetti dopo la vendita del settore, un nucleo di sviluppo elettronico cui si deve il futuro della azienda che poi finì, ma per motivi diversi e per mano di persone diverse (ma passando il tempo, decantando il tutto qualche verità negli ultimi tempi sta venendo a galla, qualche libro, qualche sussurro, insomma qualcosa si muove).

UNA IDEA PER LE BANCHE che hanno strutture logistiche ovunque e sempre più poco frequentate per le operazioni tradizionali o classiche bancarie (conti correnti, bonifici, pagamenti, trasferimenti, servizi esattoriali). Perché tra i servizi da offrire alla clientela a pagamento ma con condizioni di favore per i clienti non inserire la consulenza legale? Consulenza di tipo amministrativa e civile, tributaria e contributiva. Inoltre assistenza per collegamenti internazionali per esportazione. Per molte piccole medie aziende la propria banca potrebbe essere un punto di riferimento globale per lavorare con il vantaggio della semplificazione e magari anche della economicità e della fiducia. Per le banche significherebbe una forte azione di fidelizzazione della clientela e un modo per sfruttare strutture, relazioni e competenze.


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Edvard Munch (1863 – 1944) – L’urlo - 1893

Uno sguardo altrove.

Ormai molti commentatori internazionali importanti sostengono che l’accordo dei paesi occidentali coordinati dagli STATI UNITI CON L’IRAN ha dato il via a una serie di sommovimenti in tutta la regione.   L’Isis prevalentemente è il frutto delle dissennate azioni in Iraq (dove è nata) e in Siria da parte degli americani e dei loro principali alleati. Gode di finanziamenti e di complicità da parte di molti Stati e gruppi di interesse come ha denunciato la stesso Putin pubblicamente nel corso dell’ultima riunione del G20. 

Gli Stati Uniti hanno un po’ RIDIMENSIONATO I LORO INTERESSI nella regione mediorientale allentando la loro tradizionale pressione (meno interesse verso il petrolio arabo perché hanno raggiunto l’autonomia, minori legami con la politica di Israele almeno da parte dei democratici e del Presidente Obama, maggiore prudenza negli affari peraltro non scomparsi) e di conseguenza l’Europa è maggiormente in prima linea sul piano politico e degli affari. E l’Europa non è preparata, non è unita, si muove in modo scomposto e con politiche di breve periodo senza una strategia generale. Bisognerebbe che l’Europa (Francia inclusa) si interrogasse sugli affari che fa con quei paesi (armi, centrali nucleari, impianti tecnologici) e adottasse una politica di minore spregiudicatezza.  Adesso gli europei parlano di aumentare il prezzo delle armi che vendono a questi terroristi (attraverso intermediari), ma devono capire che non è un problema di prezzo, è che proprio le armi non dovrebbero venderle.

Questa è anche la situazione che ha scatenato L’AZIONE DELLA RUSSIA nella regione. Putin si è, in modo opportuno e intelligente, incuneato negli spazi lasciati liberi dagli Stati Uniti e dall’Europa e adesso è arbitro dei destini di tutti quei paesi, senza di lui nessuna decisione può essere presa. A prescindere dal fatto che ha spostato l’attenzione dai paesi dell’Est e dall’Ucraina in particolare verso altre zone del mondo.

Intanto i paesi europei e non solo, a partire da quelli più esposti come la Francia, devono adattare il loro modo di vivere alla PRESENZA DEL TERRORISMO, alla probabilità che in qualsiasi momento può succedere qualcosa di traumatico, di terribile. Gli Israeliani dicono che possono dare consigli e suggerimenti operativi perché loro ci convivono da sempre e la loro società ha una impostazione diversa da altre occidentali (a prescindere naturalmente dai motivi per cui loro si trovano da sempre in questa situazione e dalla loro politica che non sta cercando un mondo migliore per tutti). Del resto ormai si moltiplicano i sondaggi che indicano come a larga maggioranza i popoli accettano anche significative limitazioni alla loro libertà in cambio di una maggiore sicurezza.

CERTAMENTE CAMBIERA’ anche il turismo, il modo di viaggiare, certe regole relative alle relazioni tra gli Stati soprattutto per quanto concerne la circolazione libera della gente e dei lavoratori, l’attenzione ai sistemi costituzionali e ai poteri delle forze addette alla sicurezza del paese.

Ed infine ormai è voce comune quella che sostiene che l’ISLAM CHIAMATO MODERATO, che è la gran parte di questa religione che è una delle più diffuse al mondo, deve reagire contro quello che si indica come l’Islam violento e terrorista. Forse quest’ultimo non è neanche Islam, ma solo costituito da gruppi di fanatici strumentalizzati da vari interessi politici ed economici nel mondo. Se l’Islam moderato non reagisce non si potrà mai risolvere la minaccia del terrorismo e peraltro corre il rischio di essere tacciato come complice.

LA VICENDA VOLKSWAGEN fa riflettere sulle motivazioni che hanno dato origine alla truffa perpetrata dalla grande casa automobilistica. Questa (che ha come principali azionisti il Land della Bassa Sassonia e il fondo sovrano del Qatar) ha venduto l’anno scorso circa dieci milioni di auto come la giapponese Toyota, ma con il doppio di personale (593 mila persone contro 344 mila). L’obiettivo della impresa era di diventare il numero uno nel mondo scavalcando la concorrente Toyota, senza perdere in occupazione e anzi massimizzandola. E i due obiettivi dal punto di vista del bilancio evidentemente sono incompatibili, impossibili e per questo l’unica strada è stata quella di ricorrere alla truffa per abbassare i costi di produzione (non rispettando i vincoli ambientali ma facendo vedere che li rispettava). Se si vuole la competitività commerciale in una situazione tecnologica stabile e comunque a disposizione di tutti o aumenta la produttività (lo stesso quantitativo di prodotto con meno persone) o devi accettare di guadagnare molto meno della concorrenza ed avere bilanci meno interessanti. In altri termini non si possono fare le nozze con i fichi secchi, come dicono in Toscana.

Inserito il:19/11/2015 09:59:09
Ultimo aggiornamento:07/12/2015 20:38:37
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