Aggiornato al 05/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Giuseppe Bertini (1825-1898) - Galileo mostra l’uso del cannocchiale al Doge di Venezia -1858

 

Uno sguardo altrove (04)

di Gianni Di Quattro

 

La Turchia sempre più nelle turbolenze. Attraversata da attentati piccoli e grandi che la rendono un territorio insicuro per tutti malgrado gli sforzi e le grandi attenzioni della polizia. Questo vuol dire perdita del turismo e di opportunità commerciali che si aggiungono alle perdite conseguenza delle situazioni tese con alcuni paesi e fra questi soprattutto la Russia ma non solamente. I rapporti non facili con l’Unione Europea, con Israele (malgrado da pochi giorni siano riprese formalmente le relazioni diplomatiche dopo sei anni di rottura) e con gli Stati Uniti non stanno certo aiutando il paese. La lotta verso i curdi, il tentativo di islamizzare pesantemente il paese, il giro di vite sulle libertà con in primo luogo quella di stampa ovviamente, infine fanno parte di questo quadro di turbolenze.

Erdogan sta forse cambiando politica perché si sta rendendo certamente conto che in questo modo non va da nessuna parte, fa di tutto, vede gente, manda lettere di scuse, cerca di riannodare vecchi e nuovi rapporti, ma ormai si è spinto troppo avanti (almeno così pensano tanti osservatori e il paese si è imbucato in una difficile strategia).

L’ingresso della Turchia nella Unione Europea divide da almeno dieci anni e ognuno elenca tanti motivi a favore di una tesi o di un’altra. Ma la Turchia è importante per l’Unione Europea e forse accoglierla sarebbe anche un modo per aiutarla a non esagerare nelle politiche assolutistiche e di fanatismo religioso. E questo sarebbe un bene per tutti. Forse, insomma, meglio averla dentro che fuori.

A proposito dell’ultimo terribile attentato di Istanbul con molti morti e feriti, tutti dicono che è opera dell’Isis, ma, a differenza di altre situazioni (il caso recente del Bangladesh per esempio), la rivendicazione ufficiale da parte di costoro non arriva. Perché? Le spiegazioni possono essere tante, una di queste ipotizza un ricatto da parte del califfato nei confronti di Erdogan. In altri termini mantenere l’equivoco per compromettere la sua credibilità internazionale, visto che prima aiutava l’Isis e adesso ha cambiato strategia. Questa gente è come la mafia, chi cambia idea è peggio di chi non ha mai manifestato simpatie.

Nicola Sturgeon, la giovane Primo Ministro di Scozia e leader del Partito di maggioranza e cioè quello indipendentista, comincia a frequentare Bruxelles e le istituzioni europee. Piano piano vuole costruire il progetto per staccarsi dal Regno Unito e aggregarsi con l’Unione Europea e cerca alleati e aiuti per questa operazione che non sarà comunque facilissima da qualsiasi punto di vista la si voglia vedere.

Pare che anche Gibilterra senta lo stesso problema della Scozia e il suo Premier, Fabian Picardo, vuole a sua volta cercare di seguire il comportamento e i passi della scozzese. Naturalmente con la Spagna che guarda con estrema attenzione.

In Gran Bretagna per la sostituzione di David Cameron sta prendendo sempre più forza la candidatura dell’attuale Ministro dell’Interno, Theresa May, da molti nel partito conservatore considerata la vera erede della non dimenticata Margaret Thatcher. Candidatura sempre più forte anche per il ritiro di colui che ha vinto Brexit e che il mondo considera un pagliaccio e cioè Boris Johnson (e a questo punto forse non solo il mondo, ma anche il suo partito).

Per la verità un altro aspirante sarebbe anche l’attuale Ministro della Giustizia, Michael Gove, difensore strenuo di Brexit (forse più estremista dello stesso Johnson). Ma lui stesso ammette di non avere il carisma per il ruolo di Premier (dice però di avere le idee e non considera l’aspirante statista che queste camminano sempre sulle gambe degli uomini).

Ma siamo sicuri che Johnson non si sia ritirato per il semplice motivo che ha scoperto che gestire il dopo Brexit è un affare complicato, difficile e lui non vuole bruciarsi tutte le sue carte per il suo futuro? Siamo sicuri che non sia venuto a patti con qualche gruppo?

La cosa più grave in Gran Bretagna è tuttavia il fatto che il paese e la politica al potere e dell’opposizione hanno affrontato il referendum senza avere un piano B e lo si vede dalla disarticolazione in atto nel sistema e nelle incertezze in tutti i campi. Non sanno cosa fare, come fare, quando fare e cosa studiare. Un deprimente e negativo giudizio sul paese è assolutamente inevitabile.

E poi, per confermare il fatto che le donne stanno sostituendo tanti uomini che hanno dimostrato la loro incapacità, nel Partito Laburista lo sfiduciato Jeremy Corbyn rischia di lasciare il posto ad Angela Eagle. In effetti molti uomini hanno chiaramente mostrato di essere prigionieri di egoismo, ansia di potere e disinteresse per la cosa pubblica. Un fenomeno sempre più diffuso e solo superficialmente studiato.

I britannici non hanno capito che loro perdono la loro connotazione non per l’arrivo o l’influenza dei polacchi e degli europei in generale di cui hanno dimostrato di aver paura, ma per i pakistani e gli indiani, per quelli che arrivano dal Commonwealth.

In Europa molti paesi stanno cominciando a non gradire la Presidenza di Jean Claude Juncker, forse pensando di fare anche un piacere alla Germania, a parte il fatto che ognuno di questi paesi può avere qualche rivendicazione personale nei confronti della Commissione Europea. Non è da escludere a breve qualche mossa provocata dalla Germania per arrivare ad un rimpasto.

Una notazione che forse può essere banale. Perché molti paesi dell’Est europeo dopo essere stati per anni sotto il tacco dell’Impero Sovietico, dopo di essere stati liberati e dopo avere manifestato con apparente allegria per questa liberazione, si sono trasformati in società con aspirazioni di estrema destra, spesso anche con tendenze che qualche osservatore potrebbe definire di tipo nazista?

E, visto che parliamo di donne che stanno per prendere un comando, non ci sarebbe da meravigliarsi se l’andalusa Susana Diaz dovesse arrivare a sostituire Pedro Sanchez nella leadership del Partito Socialista in Spagna. In effetti Sanchez ha perso in queste ultime elezioni politiche, ha sbagliato molte mosse prima delle elezioni, mentre la Diaz ha l’aria vincente, è aggressiva, la sua popolarità è in aumento.

Dopo le elezioni politiche ripetute che non hanno risolto, in Spagna adesso si deve per forza formare un governo, altrimenti il momento economico diventerebbe durissimo per quel paese. Il governo lo deve fare Mariano Rajoy del Partito Popolare perché ha vinto le elezioni e la Costituzione è chiarissima al riguardo. Rajoy chiamerà il Partito Socialista a collaborare o dentro al governo con una coalizione trasversale o almeno con appoggio esterno nell’interesse del paese e sicuramente il Re farà pressione in questo senso. Rajoy sa che può coinvolgere Ciudadanos (ma non basta comunque) e non può coinvolgere lo sconfitto Podemos, in questo momento in preda anche a molte fibrillazioni interne (succede ad ogni partito dopo qualche sonora sconfitta). In altri termini vediamo adesso il senso di responsabilità dei socialisti.

Una osservazione importante comunque riguarda il futuro di Podemos. La sensazione che in questi giorni stanno dando i due principali cofondatori del movimento, Pablo Iglesias e Juan Carlos Monedero, è di avere capito gli errori commessi prima e durante la campagna elettorale. Il movimento ormai ha una base radicata nel paese, ha idee innovative e importanti che tanti apprezzano, può certamente assumere un ruolo più significativo ed essere artefice di vero cambiamento nella società spagnola se riesce da una parte a razionalizzare le idee che va esprimendo e dall’altra ad accompagnare queste idee con la fiducia che può infondere al paese (meno comportamenti pirotecnici, meno bizzarrie, meno manifestazioni inutili e solo folcloristiche e più messaggi e partecipazioni per avallare i propri contenuti).

Il Fondo Monetario Internazionale presenta una panoramica critica sul sistema bancario tedesco considerato a bassa redditività e poco trasparente. L’FMI considera il sistema incapace di lavorare in regime di tassi di interesse bassi o inesistenti. Naturalmente la punta negativa è rappresentata dalla Deutsche Bank. Certe dichiarazioni del governo tedesco (Merkel e Schauble) di attenzione dei sistemi di altri paesi, ad esempio di quello italiano, sembrano fatte per distogliere l’attenzione dal problema più grosso e più grave che è al loro interno.

Si devono fare di nuovo le elezioni presidenziali in Austria dove sembrava avesse vinto il verde Van der Bellen sull’ultranazionalista con tendenze naziste Norbert Hofer per soli trentamila voti (decisione della Corte Costituzionale). È buffo che in un paese piccolo, occidentale, organizzato ci mettano tanto tempo ad approvare o invalidare elezioni popolari, ma mai dire mai per nessun motivo. Adesso la situazione si complica e il dopo Brexit potrebbe anche influire o dando coraggio ai difensori della patria (purtroppo più probabile) o rafforzando le tesi europeiste degli altri.

Perché l’Isis, quelli che vogliono il califfato, ha un piano di estensione di attentati in tutto il mondo? Perché l’unico modo per reagire alle sconfitte che sta subendo sul territorio è quello di portare il terrore dovunque costringendo il mondo occidentale e infedele ad impegnarsi al suo interno e magari a distrarsi. È inoltre il sistema più economico perché utilizza pochi disperati pronti a morire per riscattare il fallimento della loro vita e nella speranza che è anche illusione di un momento di notorietà che può appunto giustificarla. È una operazione paragonabile a quella di minare un territorio per difenderlo e nello stesso tempo per abbandonarlo ovviamente, un atto di disperazione. Il mondo non sa reagire perché da molto tempo distratto sul serio dal dominio di élite che come spesso accade in questi casi non si accorgono mai di avere i piedi poggiati sull’argilla anche se godono di privilegi e vivono negli sfarzi come nelle grandi corti reali del passato.

Ogni giorno che passa dà ragione a Thomas Piketty, l’economista francese che con il suo libro Il Capitale nel secolo XXI ha venduto più di due milioni e mezzo di copie. Se non ci si pone il problema di attutire le diseguaglianze che caratterizzano il capitalismo oggi in tutto il mondo le conseguenze sono il populismo, il nazionalismo e la xenofobia. In questo contesto si spiega anche Brexit e ciò che potrà seguire. Ma c’è qualcosa di più grave di cui sicuramente parlerà Piketty nel suo prossimo libro e cioè la nascita e sviluppo di un capitalismo estremista, un sistema vero di dominio, di tanti capitalismi nazionali che si combattono lasciando sul terreno miseria e morte. Si può suggerire un titolo a Piketty? Eccolo: la morte della democrazia, dalla Grecia al secolo XXI.

Inserito il:02/07/2016 11:00:42
Ultimo aggiornamento:02/07/2016 11:03:16
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