Aggiornato al 05/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Belvedere - Numero 9


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Cesare Ripa (1560-1622) – Iconologia - Allegoria dell’arroganza (Parigi)


Un pensiero: l’arroganza.

L’arroganza è un senso di superiorità nei confronti di qualcuno e contiene elementi di prepotenza, superbia, altezzosità, alterigia, presunzione, sfrontatezza, boria, insolenza. Un mix micidiale della parte peggiore della natura umana. Inoltre, il passaggio dall’ arroganza alla violenza spesso è breve, purtroppo. L’arroganza può avere origine da un successo, vero o presunto, o anche dalla paura, meglio dalla paura della paura. Nel primo caso è pura esibizione, nel secondo è in un certo senso un sistema di difesa, un tentativo per mascherare una propria inferiorità e la paura che venga scoperta e magari derisa o sfruttata.

L’arroganza si può manifestare a qualsiasi livello e in qualsiasi circostanza. Esistono intellettuali arroganti, quelli che normalmente considerano più importanti le loro idee rispetto ai valori della gente, di una comunità. Ma ci sono anche criminali, come per esempio i mafiosi in qualunque regione o paese, che manifestano sempre arroganza, perché credono faccia parte del ruolo, si fanno coraggio e poi è per loro naturale, perché una delle cause principali di questo sentimento è l’ignoranza. Ed ancora ci sono manager, in particolare quelli che pensano che è meglio essere licenziati a consuntivo e non a preventivo anche perché ritengono di portare a casa più soldi, ci sono artisti che naturalmente sono arroganti e presuntuosi perché fa parte del loro mestiere o almeno così loro credono, quelli delle libere professioni come gli avvocati o gli architetti ed insomma molti, la maggior parte per un motivo o per l’altro.

E poi ci sono i politici, soprattutto quelli che fanno politica spesso come portaborse, senza avere progetti o idee, senza pensare alla comunità, alla solidarietà, al bene di tutti, ma per avere potere, prestigio, arricchimento, l’ossequio e l’ammirazione dei cittadini, delle donne, dei loro vecchi compagni e colleghi. Questi politici in pratica sono quelli del “lei non sa chi sono io”, un modo di dire che per anni ha connotato la gente di questo paese e che ha riempito di episodi le cronache, così come tanti film del periodo della commedia all’italiana, per esempio quelli del grande Totò. Una frase caricata di un significato ironico e comico infatti, niente a che vedere con la stessa frase detta da Gesù a Pilato in altre circostanze e in un altro contesto.

Ma anche leader politici non sfuggono al demone dell’arroganza, come molti accademici o giornalisti che si considerano gli osservatori sociali per eccellenza, i veri esperti delle diagnosi sociali. Abbiamo esempi illustri ed alcuni titolari di questo sentimento hanno provocato tanti danni e problemi a tutta la comunità.

L’arroganza è comunque un sentimento, un sentire che corrode l’animo di chi ne è vittima, vittima principale. Infatti, non consente serenità personale, trasparenza nei rapporti con gli altri, incluse le persone più vicine, libertà di comportamento, progettualità verso un futuro coerente con proprie speranze ed obiettivi.

Ma la cosa più grave del sentimento della arroganza, e che rappresenta la sua caratteristica principale, è di essere un sentimento killer, un sentimento ammazza sentimenti, perché riesce ad inquinare, modificare, persino annullare sentimenti belli e nobili come quelli che riguardano l’amicizia, l’amore, la solidarietà.

L’arroganza può anche connotare una intera società, un intero gruppo e questo avviene quando alcuni valori si affievoliscono, quando le speranze del futuro si disperdono, quando le crisi economiche, religiose, sentimentali invadono con violenza tutti con poche possibilità di reagire e di arginare l’invasione del senso della sconfitta, del fallimento, dell’impotenza.

Bisogna stare attenti all’arroganza. Mandarla via quando sentiamo che ci assale, aiutare chi ne è stato fatto prigioniero, non fidarsi di chi manifestamente la esibisce.


 

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Cesare Maccari – Allegoria dell’Italia - 1889

I fatti nostri.

L’allungamento della prescrizione soprattutto per i reati che riguardano la corruzione è considerata come una cosa molto positiva, un passo avanti (e di conseguenza un aiuto) verso una normalizzazione della disgraziata situazione in cui si trova il paese. Chi è contrario a questo provvedimento è visto come o un avvocato interessato a risolvere molte cause basandosi sulle lungaggini della giustizia oppure un individuo interessato alla non esecuzione del processo per personale senso di colpa (oppure qualcuno che grida per conto di qualcuno dei due). Tuttavia, a costo di dire cose impopolari, bisogna anche accennare timidamente che i tempi più lunghi delle prescrizioni possono rappresentare un sistema di rilassamento del sistema giudiziario (tanto c’è tempo). La realtà è che la prescrizione dovrebbe essere il più lunga possibile prima dell’inizio del processo (in modo da non garantire impunità) e quasi inesistente a processo iniziato proprio per evitare giochetti dilatori della difesa e disattenzioni dell’accusa (però ogni processo dovrebbe avere uno standard di durata fissato dal Ministero con la collaborazione del CSM).

Caldo sembra l’interesse del gruppo indiano Mahindra per la Pininfarina, marchio storico del design italiano per le automobili e non solo. Una ottima cosa per l’azienda italiana che potrà ricevere soldi e mercato, una operazione interessante che rende sempre più internazionale l’industria italiana, un affare per gli indiani. La Mahindra è un gruppo articolato che si occupa di automobili, di acciaio e che opera anche nel settore immobiliare. La Pininfarina ha una situazione debitoria pesante, ha in corso una ristrutturazione, i conti sono in rosso. Adesso qualcuno dirà che il nostro paese cede i gioielli, invece di pensare al  fatto che così si salvano le industrie, si garantisce vita e continuità alle stesse (occupazione compresa), si  migliora la competitività.

La partenza della fatturazione elettronica obbligatoria per le imprese nei rapporti verso la Pubblica Amministrazione (e che sono circa due milioni) è una cosa importante per avviare il paese verso la digitalizzazione. La nuova procedura obbligatoria, propedeutica alla sua introduzione anche nei rapporti tra imprese, significherà risparmi per lo Stato, miglioramento del ciclo dei pagamenti e maggiore difficoltà per l’evasione fiscale. Tra tutte le riforme avviate da questo Governo, questa è la più significativa sul piano tecnologico e culturale.

Malgrado la digitalizzazione del nostro paese sia (attualmente) in arretrato rispetto al resto d’Europa, tuttavia il commercio elettronico fa passi avanti importanti. Fra le applicazioni più diffuse c’è quella riguardante l’organizzazione dei viaggi, prenotazioni e biglietteria incluse. Ed è per questo motivo che piano piano vanno scomparendo le agenzie di viaggio, una volta molto presenti ovunque.

Il tentativo di acquisto di Raiway (la rete della Rai) da parte di E-towers (la rete di Mediaset) è naturalmente bloccato dall’Antitrust, da un decreto dell’anno passato che impone alla Rai di non scendere al di sotto del  51%, dal momento attuale in cui chi ha una struttura aspetta a vedere che succede nell’area reti prima di cedere, anche per capire a chi, come e a che prezzo. Partendo dall’ipotesi che in Mediaset queste cose le conoscono e che non sono ingenui, resta da capire perché da parte loro è stato fatto un tentativo di acquisto così plateale e mediatico.

Nel rapporto Censis ci sono molti dati interessanti su come si sviluppa la fruizione della comunicazione nel nostro paese (età, mezzo, contenuti, collegamenti, tendenze). La cosa che più salta all’occhio, anche nei confronti di altri paesi europei, è la forbice sempre più larga tra gli under 30 e gli over 65. Non si può non tener conto di questo dato soprattutto se messo in relazione con la composizione media della popolazione, sui suoi flussi, sulla situazione della natalità, dell’allungamento della vita, del livello medio di conoscenza.

La riforma della Rai proposta dal Governo comprende fondamentalmente la riforma della governance, mentre  la riforma del canone e la revisione del contratto di concessione sono rinviati per il momento. In effetti, la proposta del Governo è interessante. Intanto è un disegno di legge e quindi dà ampio spazio al Parlamento di intervenire, modificare, discutere. In secondo luogo per come è strutturata consente una maggiore autonomia dai partiti, pur mantenendo stretto il legame con il Parlamento e con l’azionista di riferimento. Inoltre assicura un funzionamento di tipo imprenditoriale alla azienda per buttarsi nelle competizioni del futuro contenutistiche e tecnologiche.

Certo manca anche una parte editoriale, una parte che definisce finalità culturali e ruoli con una attenzione ai nuovi italiani, all’Europa e ai temi internazionali in genere. Inoltre, ci sono settori che hanno bisogno di più spazio come la tecnologia, il lavoro, la bellezza.

Non da sottovalutare l’importanza della riforma della struttura giudiziaria che questo Governo ha varato. È la prima volta che avviene da decenni. Gli obiettivi sembrano essere: maggiore razionalizzazione, risparmio conseguente, sveltimento nella esecuzione dei processi, soprattutto quelli che riguardano le cause civili (e sembrano quelli giusti). Interessante il fatto che in questi casi il Governo affidi i progetti a professionisti del corpo giudiziario con anni di esperienza sul campo e con risultati positivi alle spalle. Ad esempio nella riforma annunciata il lavoro di Mario Barbuto (ex Presidente del Tribunale di Torino, uno dei meglio organizzati di Italia) è stato fondamentale, così come nel caso delle intercettazioni avere affidato il progetto a Nicola Gratteri (Procuratore di Reggio Calabria e uno dei maggiori esperti nella lotta alle mafie) non c’è dubbio che è una cosa significativa (e per questo la proposta attesa entro l’anno sarà sicuramente giusta ed equilibrata).

La solita omelia domenicale del grande fondatore di Repubblica e decano dei giornalisti italiani è dedicata, manco a dirlo, a Matteo  Renzi. La preoccupazione del nostro è la deriva autoritaria del nostro Presidente del Consiglio, pensa che potrebbe ottenere buoni risultati per il paese magari rendendolo più moderno ed efficace, ma che trascurerà la rappresentanza e tenderà a potenziare la competenza della Presidenza del Consiglio anche a scapito di Ministeri e del Parlamento. Il suggerimento del decano è di fare tutto quello che vuol fare Renzi, ma senza toccare strutture costituzionali, procedure, funzionamenti, persone. E poi conclude che mentre Renzi non ha ancora prodotto alcun risultato, Draghi sta salvando l’Italia e l’Europa. Il grande giornalista fa benissimo a dare questi consigli, anche per dimostrare come sono indispensabili i vecchi saggi per conquistare un futuro migliore. Prima o dopo sicuramente ci spiegherà nei decenni passati dove è stato mentre alcuni barbari (qualcuno da lui pure sostenuto) distruggevano il paese.


 

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Palazzo Besta di Teglio – Planisfero attribuito a Leonardo

Uno sguardo altrove.

La struttura della Unione Europea dà la sensazione ad un osservatore normale, non necessariamente molto attento, di essere una struttura burocratica, contabile e ispettiva, dove la politica, l’innovazione, il futuro sono parole viste con una certa diffidenza. Colpa di chi sino a questo momento l’ha guidata e dei paesi che l’hanno influenzata. I paesi di riferimento, quelli più responsabili dunque di fronte alla storia e alle genti.

Lo Yemen rischia di essere il teatro del grande scontro tra sciiti e sunniti (Iran e Arabia Saudita in testa).  E’ considerato probabilmente il più povero del mondo, non ha petrolio, ma è uno snodo importante (il più importante).  È terra di formazione per terroristi. Quello che succede in Yemen si rifletterà sicuramente su tutta la regione, difatti si dice che nello Yemen è cominciata la battaglia del Medio Oriente. Altrimenti non si spiegherebbe la presenza di tutti i grandi protagonisti come Egitto, Arabia Saudita, Iran e Turchia. Gli Stati Uniti appoggiano l’Arabia Saudita, mentre su un altro tavolo stanno parlando con l’Iran.

Il disastro aereo della GermanWings nei cieli francesi adesso aprirà la discussione sulle protezioni dei voli anche da casi di incapacità fisiche o psichiche dei piloti. Naturalmente le Assicurazioni  avranno da dire la loro. E sempre a proposito di questo dramma non è da escludere che qualcuno avanzi l’ipotesi di un complotto americano o russo (è lo stesso). Certo la fragilità è sempre dietro l’angolo (questa sì che è una certezza), anche quando siamo sicuri di no.

Non c’è dubbio che la politica della Cina negli ultimi anni è cambiata e l’autore principale è il nuovo Presidente Xi Jinping. Costui ha scelto la strada della espansione internazionale che sinora il paese non aveva mai seguito. Non è un fatto di poco conto anche perché questa espansione prima  o dopo, se continua con questo ritmo, romperà il fronte occidentale. E cambieranno di fatto gli equilibri nel mondo.

 

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Antonio Zanchi (18e siècle) - Palamède et Ulysse
avec Télémaque bébé

L’angolo di Palamede.

Ogni disastro aereo accende polemiche sulle compagnie, sui controlli, sulle condizioni di volo (anche se poi si scopre l’errore umano volontario o involontario). Specialmente sulle compagnie low cost, spesso sospettate di poter praticare prezzi bassi non solo perché danno un servizio scarso, ma anche per essere meno rigide nei controlli dei loro aerei e nelle procedure di volo. L’invenzione del low cost ha permesso negli ultimi venti anni lo sviluppo del turismo e ha fatto soprattutto viaggiare i giovani, tanti giovani (da non dimenticare).

A prescindere da questa polemica vera o forzata, uno sviluppo del sistema ferroviario nel nostro paese è fondamentale come in Francia, in Svizzera e in tanti altri paesi europei soprattutto pensando al futuro, ai problemi di inquinamento e alla connessione con il territorio in generale (non solo le città grandi ma anche i paesi e le aree industriali o agricole).  Nello sviluppo del sistema ferroviario entra anche la Tav, malgrado le polemiche e le opposizioni reali o ideologiche od entrambe insieme.

È praticamente impossibile che il Sindaco Marino riesca a sistemare qualcosa a Roma, città simbolo del paese e della sua strampalata cultura. Cultura che genera la corruzione, il disinteresse, il lassismo, la mancanza di senso civico, la mancanza di rispetto per tutti, l’esaltazione della furberia come principale virtù dell’uomo, la voglia di accumulare senza lavorare, il disprezzo per la bellezza e l’ordine, la mancanza di coraggio e l’ignoranza. Non perché il Sindaco Marino sia particolarmente incapace, forse è solo non particolarmente capace. Ma non ci può riuscire perché Roma non può essere gestita con gli strumenti della democrazia e della partecipazione popolare, ha bisogno di un periodo abbastanza lungo di sospensione dei cosiddetti diritti civili per favorire e realizzare un sistema di convivenza civile, organizzato e rispettoso di alcuni valori e di alcuni diritti condivisi e uguali per tutti.

Nelle trasmissioni televisive dedicate alla informazione, così come nei telegiornali si vedono persone intervistate che dicono cose che dimostrano la loro totale ignoranza, soprattutto nelle aree della economia, della finanza, del mercato e della tecnologia. Parlamentari (passati, presenti e futuri), accademici, giornalisti, osservatori di varia natura, funzionari di partito, responsabili di fondazioni. Mah.

Le persone non sempre vengono seguite e ascoltate per i contenuti di quello che dicono, ma spesso o in buona parte per il potere che hanno. Quando una persona non ha potere apparente e tuttavia ha seguito è legittimo chiedersi se esiste un potere nascosto, dove è e come viene esercitato. Oppure quella persona ha una naturale leadership culturale e un fascino personale (può essere, anche se non comune).

Facebook ha raggiunto il miliardo e 400 mila utenti, un fenomeno impressionante. Aiuta a unificare le culture o piuttosto tende a dividerle ulteriormente è una domanda che esperti, filosofi, sociologhi si stanno facendo. E poi, con i social, come facebook, si impara a conoscersi o a disconoscersi, ci si sente più protetti o si impara a diffidare? Naturalmente c’è di tutto. Forse si può dire che le persone che si conoscono o che si sono conosciute realmente (e non solo virtualmente) a prescindere, tramite facebook  riescono a costruire una relazione più duratura, diversa, sincera, profonda, perché fanno volare maggiormente i pensieri, la fantasia, costruiscono ipotesi, vincono ritrosie e pudori (insomma un moltiplicatore di sentimenti, un suggeritore di emozioni, una spinta ad osare). Altrimenti è una illusione, è solo desiderio.

La forza dello sviluppo industriale del nostro paese la si deve alle medie piccole aziende, uno schema originale che ha avuto successo perché nella sostanza ha privilegiato la responsabilità e il merito insieme alla capacità professionale (il saper fare) soprattutto nell’area tecnica. Certamente le poche migliaia di aziende di medie e grandi dimensioni (quelle quotate per avere un riferimento) rappresentano comunque il sistema principale di trascinamento, anche perché attraverso di loro funzionano tante aziende piccole come fornitori o perché sono inserite nella loro scia  internazionale. Adesso si dice da più parti che un handicap del nostro sistema economico e industriale è rappresentato dalle piccole dimensioni delle aziende. Certamente il mondo è cambiato e per competere, soprattutto a livello internazionale come è indispensabile, ci vuole più ricerca, più comunicazione, più marketing, ancora più professionalità e capacità finanziaria. E questo non è facile per le aziende di piccole dimensioni. Allora bisogna trovare un sistema nuovo per far funzionare questa macchina così come è senza sfasciarla, magari  strutturando meglio collegamenti, sistemi di alleanze e funzioni del sistema pubblico e di quello economico. In altri termini, non serve solo un piano industriale, è necessario un sistema di riconfigurazione, di reingegnerizzazione del mercato e dei ruoli dei vari protagonisti a partire da quello pubblico.

Per questo oggi si sta riscoprendo Adriano Olivetti e le sue idee, non perché queste possono essere applicate come lui le aveva pensate in un altro contesto e  in un’altra epoca. Ma perché contengono spunti, idee che possono aiutare a riprogettare la comunità economica e sociale di un paese. Soprattutto quando è ormai evidente che il capitalismo come sino ad ora è stato interpretato non può più essere valido per il futuro. Per esempio la piattaforma etica su cui costruire, alcuni piloni indispensabili come quelli della bellezza, della cultura, della tecnologia.

Nel mondo della informatica è già da diversi anni che i responsabili tecnici (i Cio come si chiamano ora) hanno perso la loro autonomia nel reperimento della tecnologia a favore degli uffici acquisti.  Perché favorivano gli stessi fornitori, per il loro scarso inserimento nelle strutture aziendali, per il loro livello manageriale insufficiente. Gli Uffici Acquisti hanno di conseguenza assunto un grande potere e oggi rappresentano un problema. Per il potere preso e per le chiacchiere che si diffondono.  Bisogna controllare meglio da parte delle Direzioni Aziendali, ma anche ristrutturare.

Conservare vuol dire mantenere, vuol dire opporsi al cambiamento e all’innovazione. Non vuol dire essere di destra o essere di sinistra.  A parte il fatto che anche le definizioni di destra e sinistra sono destinate ad una revisione, come tutte le cose per adeguarsi al tempo che passa, alle situazioni diverse, alle generazioni diverse, a culture diverse, al modo di come si sta e si vuole stare nel mondo. Coloro che vogliono conservare, indipendentemente dalla loro visione politica, dichiarano che  sono orientati a cambiare solamente per ottenere tutto o niente, che è come non volerlo fare. Un proverbio toscano sembra molto appropriato al caso e cioè “il meglio è quasi sempre nemico del bene”. Volere tutto quando si ha niente o quasi niente significa sapere di non volerlo o avere paura di volerlo. Queste considerazioni vengono in mente ogni tanto quando si osservano comportamenti di uomini politici o osservatori politici che spiegano come non possono appoggiare certe iniziative perché non corrispondono a quello che è il loro ideale, il loro obiettivo, anche se vanno nella stessa direzione.

 

Inserito il:29/03/2015 19:44:33
Ultimo aggiornamento:09/04/2015 10:28:52
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