Aggiornato al 05/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire
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Pomm Hepner (Los Angeles    -           ) - Far and Away - 2014

Come nascevano i sogni.

Tanti anni fa, quando ero un ragazzo, vivevo in un piccolo paese con meno di tremila persone, con il sole sempre, declinante su un mare meraviglioso blu attraversando terreni dove gli alberi di carrubo, di mandorle, di olive, di fichi erano molto diffusi e sparpagliati ovunque, pieni di erbe con tante tonalità di verde, straordinarie, saporitissime, e, soprattutto molto profumate in primavera.

D’estate faceva caldo ma la brezza che arrivava dal mare lo rendeva molto sopportabile, nelle altre stagioni era sempre bello e gradevole se si eccettua qualche piovosa giornata invernale, forse di più autunnale, giusto per il piacere della campagna, delle lumache e delle bestie che mangiavano l’erba tenera e fresca.

Noi ragazzi frequentavamo la scuola e poi la parrocchia, inventavamo lotte di un quartiere contro l’altro (convento contro fontana), andavamo a mare magari con il calesse o il carretto di un amico come per esempio quello del padre di Titì, salivamo sul faro di Punta Secca, il papà di Ugo era il custode, per guardare il mare, le navi che passavano, le luci di Malta. Amavamo molto questo spettacolo straordinario.

Parlavamo molto, ci incontravamo nella piazza e sedevamo sugli scalini della Chiesa o davanti la Canonica, passeggiavamo per qualche stradone, o verso il mare o verso Comiso, ci dicevamo pensieri, emozioni, scoperte, commentavamo parole scambiate con qualche ragazzina, compagna di scuola o sorella o cugina di uno di noi, figlia del proprietario di uno dei negozi della piazza che frequentavamo.

A quei tempi non c’era la televisione, non c’era internet, i libri che circolavano erano pochi perché se ne stampavano pochi e perché avevamo pochi soldi per comprarli comunque. Leggevamo i fumetti che giravano tra di noi come quelli di Flash Gordon, di Mandrake, dell’Uomo Mascherato o quelli di ambiente western. Partecipavamo alle feste del paese, tutte, eravamo la domenica a girare per le bancarelle della piazza, ci facevamo raccontare da qualcuno che veniva da fuori, che era stato in Continente, che era stato all’estero, che aveva fatto la guerra. Ogni tanto qualcuno di noi spariva perché tutta la famiglia emigrava o verso l’Australia, ma soprattutto verso il New Jersey, verso Paterson che era una specie di succursale del nostro paese e dove si svolgeva pure la festa di San Giuseppe, il nostro patrono, con il corredo di processione, di cene, di fuochi, di giochi.

Parlavamo tra di noi con una grande sincerità, non avevamo pudori nel raccontarci da una parte i misteri della crescita che andavamo piano piano scoprendo e dall’altra le nostre speranze per il futuro. Il futuro era una parola magica per noi. Pensavamo che quando sarebbe arrivato tutto sarebbe cambiato, quasi come se una fata buona ci avrebbe accompagnato verso cose belle, le cose del mondo. Noi non sapevamo come era veramente il mondo, non sapevamo che tipi di obiettivi potevamo avere e allora sognavamo a ruota libera, senza freni.

Sognavamo l’avventura, la conquista, ci immaginavamo di pilotare aerei o di guidare uomini verso l’ignoto, ci pensavamo ingegneri, medici, avvocati, notai, gli unici professionisti di cui conoscevamo l’esistenza. Soprattutto inventavamo cose, ruoli, funzioni, famiglie, donne che ci amavano e che ci curavano, inventavamo in altri termini una realtà che non esisteva, perché non sapevamo come era veramente la realtà.

I sogni erano una vera fantasia, erano la nostra capacità di immaginare, la nostra voglia di andare verso la bellezza, verso questo futuro, la cui stessa parola ci eccitava e che rappresentava il nostro vero patrimonio  di cultura, di umanità verso la natura, il mondo, la vita.

Forse oggi i ragazzi hanno meno bisogno di fantasia, perché la realtà la conoscono, gli viene raccontata, presentata, spiegata continuamente.  Sanno cosa fare per andare dove vogliono andare, dove cercare, dove trovare, cosa studiare.

Ma il mondo della conoscenza che è quello di oggi è anche il mondo con meno fantasia. Non so se è bello!

Inserito il:04/07/2015 23:01:28
Ultimo aggiornamento:23/07/2015 21:17:53
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