Aggiornato al 05/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Belvedere - Numero 80

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Karen Winters (Contemporanea – California) – Malibu Vineyards Sunset

 

Il SOMMOVIMENTO MONDIALE che si avverte e si riflette nelle economie, nelle relazioni internazionali, nei progetti del futuro dei vari paesi, ha diverse cause certamente. Non potrebbe essere altrimenti data la sua imponenza. Ma certamente la causa scatenante (quella che ha fatto saltare il tappo insomma) è rappresentata dall’Arabia Saudita. Le generazioni che si sono sostituite o che si stanno sostituendo alle vecchie in questo paese non vogliono solo la ricchezza e la tranquillità come era fino ad ora, ma vogliono anche il potere. Forse perché si rendono conto che senza potere rischiano di perdere anche le ricchezze, ma certo questo modo di vedere le cose sta cambiando il mondo. L’Arabia Saudita vuole far pagare agli Stati Uniti lo sdoganamento dell’Iran, vogliono far pagare alla Russia il sostegno allo stesso Iran e ai loro nemici, minacciano l’Europa con il terrorismo sovvenzionando l’Isis con il compito di destabilizzare il mondo, ricattano la Turchia e il suo Presidente che è debole ma vuole apparire forte, spostano soldi creando turbolenze finanziarie, avvertono la Cina di non forzare la sua presenza in Africa e di pensare ai suoi problemi interni. Ed altro ancora.  Sino ad ora le loro operazioni sono riuscite ed hanno fatto piombare il mondo nell’incertezza. Naturalmente hanno approfittato delle debolezze altrui e dei sistemi democratici che non consentono risposte forti e spregiudicate. In altri termini se non si affronta strategicamente, diplomaticamente il tema Arabia Saudita non si risolvono le turbolenze internazionali.

In SPAGNA il centro destra di Mariano Rajoy non riesce a formare il Governo e tenta di conservare l’incarico affidatogli dal Re, dice che fa un passo indietro nel senso che è disposto a fare un governo di coalizione e invita i socialisti a farne parte e collaborare. Ma i socialisti dicono no e il loro leader (Sanchez) dice che è disposto lui a formare un governo, se il Re gli affida l’incarico e magari potrebbe farlo con Podemos che però a sua volta mette una serie di paletti e che i socialisti in condizioni normali non dovrebbero accettare. Alla fine agli occhi della opinione pubblica stanno facendo una brutta figura sia il centro destra di Rajoy che i socialisti di Sanchez. A questo punto potrebbe spuntare una alleanza tra Podemos e Ciudadanos? Difficile ma di fronte a questi giochi di potere tutto potrebbe essere possibile. Bisogna vedere se Filippo VI, il Re, se la sente di avallare una soluzione così anticonvenzionale che potrebbe spostare la politica spagnola anche verso l’Europa. Forse la cosa più probabile è che tra un paio di mesi si voti di nuovo e non si sa con quali speranze.

Certo è che se anche in Spagna dovesse andare al governo il centro sinistra, in coalizione o meno, si creerebbe in EUROPA tutta una fascia di paesi orientati a sinistra (naturalmente in ognuno di questi esiste comunque una sinistra della sinistra). Oltre alla Spagna anche il Portogallo, la Francia, la Grecia e l’Italia. Se questi paesi decidessero di fare insieme una politica europea potrebbero influenzare gli equilibri dei conservatori e dei fautori della austerity capitanati dalla Germania e non sarebbe male per il futuro del Continente.

Le conclusioni del MEETING DI DAVOS, che ha visto gli interventi delle più importanti istituzioni economiche e finanziarie del mondo oltre a quelli di prestigiosi studiosi indipendenti o appartenenti a società di studio e consulenza internazionali, sono negative. Nel senso che è molto probabile un’altra recessione alle porte e che altri periodi di sofferenza attendono tutti i paesi. Conseguenza anche della crisi dei paesi sino ad ieri erano considerati in via di sviluppo e probabili protagonisti del futuro come la Cina soprattutto e poi il Brasile, l’India, il Sud Africa, la Russia. Naturalmente ci sono anche altri fattori. Queste crisi che si susseguono creano sempre più solchi profondi tra paesi e persone e fanno aumentare a dismisura le diseguaglianze, che sono oggi il più grande problema del mondo. Tuttavia sino a quando il mondo, il problema è lasciato solo nelle mani degli economisti e dei finanzieri (intesi come una degenerazione degli economisti) non ci sono soluzioni. Il problema dell’epoca moderna è politico, sociale, filosofico, umano prima di tutto. La tecnologia è una variabile indipendente che finisce ad aiutare sempre chi detiene il potere o chi lo condiziona e può anche essere un fattore moltiplicatore di miseria umana dentro una apparente evoluzione della qualità della vita.

Le voci di una discesa in campo per le PROSSIME PRESIDENZIALI in America di Michael Bloomberg, 73 anni miliardario di imprese che operano nel multimediale, sono sempre più insistenti e lasciano prevedere che sotto ci sia del vero. Bloomberg si presenterebbe da indipendente eventualmente in contrapposizione con Donald Trump per i repubblicani e Hillary Clinton per i democratici. Se il tutto venisse confermato   significherebbe che anche in America, dopo la Spagna, la Francia, la Grecia per esempio, i partiti storici non hanno più alcun monopolio del consenso e che conta, in una elezione popolare, il carisma personale, i soldi che si possono mettere in campo, la capacità di comunicare e di usare i mezzi di comunicazione. Forse hanno ragione coloro che dicono che la democrazia non è più la stessa e che prima o dopo bisognerà prenderne atto.

DELLA CINA SE NE PARLA sempre perché è un grande paese, perché è la seconda economia del mondo, perché le sue mosse hanno effetti eco su tutti gli altri paesi nel bene o nel male. Se ne parla cercando di capire il percorso di cambiamento che sta facendo nel campo economico, mantenendo comunque la presenza di due ideologie e cioè quella capitalista in economia e quella socialista nel campo sociale. Non si parla di una cosa che comincia a girare per il mondo e cioè del giro di vite che il regime sul piano sociale sta dando. Se fosse vero, sarebbe una notizia grave per il mondo e non solo per quel paese.

Forse ha ragione la Signora Cristine Lagarde, Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale, quando dice che l’incapacità dell’Europa di risolvere, di tenere un atteggiamento coerente e unitario sul tema della IMMIGRAZIONE in corso e soprattutto probabilmente da venire, rischia di distruggere tutto il castello della Unione sino a questo momento costruito. Il segnale grave sarà il ripristino generale o parziale del così detto sistema di Schengen (la libertà di circolazione e l’abolizione delle frontiere). Certo l’Unione Europea paga il fatto di essere stata costruita sulla economia e non sulla politica, di controllare i conti e non i comportamenti sociali dei vari paesi che ne fanno parte.

Una grande riforma in Italia sarebbe il SISTEMA ELETTORALE DEL CSM. Il sistema attuale, infatti, rende di fatto l’organo di controllo della magistratura prigioniero di gruppi, lottizzato, non equilibrato, politicizzato soprattutto. Tutto questo non fa il bene della magistratura e quindi della giustizia nel nostro paese. Tutti i governi ci provano e puntualmente non ci riescono. E così il potere della magistratura distorto continua e si aggiunge pesantemente a tutti gli altri elementi negativi che rappresentano la palla al piede della giustizia e che evidentemente limita lo sviluppo del paese. Esempi di riforme della giustizia che sarebbero necessarie? Accorpamento dei tribunali penali, eliminazione, salvo che per i reati gravi, dei tre gradi di giudizio, indipendenza della magistratura giudicante da quella inquirente (separazione delle carriere), semplificazione delle procedure di comunicazione anche con l’utilizzo delle tecnologie, tempi standard per tutti i processi con eccezione di quelli per reati gravi. Giusto per fare qualche citazione.

Il dibattito sulle UNIONI CIVILI e sulla libertà individuale, a prescindere da come va a finire e cioè da quali saranno le decisioni di questo nostro Parlamento un po’ sgangherato culturalmente, dimostra che un paese in cui la religione, qualsiasi religione, ha un peso predominante non si può considerare libero veramente. Nel senso che la influenza religiosa sulla conduzione politica è così grande da limitare la libertà dei cittadini tutti. Bisognerebbe tenerlo presente quando si parla di paesi con religioni diverse dalla nostra e certamente molto più rigide in tutti i sensi, ma che concettualmente sono la stessa cosa.

ALCUNI PARTITI POLITICI hanno dei programmi e questi, evidentemente, possono essere criticati o meno, hanno una visione, si capisce che immaginano un certo modo di essere del paese. Ci sono partiti i cui programmi sono quelli che si oppongono ai partiti che hanno programmi e cioè i loro programmi sono di impedire che si realizzano i programmi degli altri. E poi ci sono partiti che ogni giorno o comunque spesso sparano dichiarazioni con proposte più o meno strampalate, sempre eclatanti per interessare i media e ottenere da questi ampi titoloni. Le proposte di questi ultimi partiti in realtà non sono proposte ma più o meno battute, desideri e provocazioni. Questo è uno degli effetti anche della comunicazione intesa come fatto condizionante del modo di fare politica e che peraltro favorisce anche la nascita con la conseguente veloce morte di formazioni nate o per qualche interesse particolare o per voglia di protagonismo di qualche trombone sociale vagante. Succede così difatti in tutto il mondo, purtroppo, e bisogna imparare a distinguere quelli cha hanno cose da dire da quelli che dicono cose senza avere cose da dire.

Ci sono dei settori come quelli tecnologici dove i leader sono ancora IN PREVALENZA UOMINI, ma dove anche la presenza delle donne è sempre più consistente e soprattutto qualitativamente condizionante. Questo fa pensare che siamo vicini al giro di boa e cioè al momento in cui le donne guideranno le più importanti aziende e le ricerche più significative del settore.  E il settore tecnologico a sua volta condiziona lo sviluppo di larghe fette della economia e del mercato, oltre a rappresentare un prototipo dell’inevitabile sorpasso delle donne sugli uomini nella società. Nell’interesse di tutti, anche degli uomini.

Secondo recenti studi L’INDUSTRIA CULTURALE nel nostro paese, già oggi, rappresenta un settore superiore a quello delle telecomunicazioni e abbastanza vicino a quello automobilistico. Con la differenza che l’industria culturale ha potenziali di crescita che altri settori non hanno anche perché il mercato non è mai stato sfruttato nei decenni passati. Fra non molto se questa sensibilità verso la cultura procede e se gli investimenti saranno incrementati, non ci si deve meravigliare se il Ministero della Cultura diventerà il più importante, quello leader anche in presenza di una crescita generalizzata di altri settori. E questo anche perché l’influenza che il suo sviluppo può avere sugli altri canali è notevolissimo.

L’invito ad ABBASSARE I TONI nella politica italiana ormai in tanti lo fanno. Opinionisti qualificati (quelli non qualificati contribuiscono viceversa ad alzarli i toni), intellettuali, persone di buon senso, accademici. Perché non è più possibile assistere ad un pollaio volgare che peraltro non riesce a spiegare ai cittadini cosa sta succedendo e perché. L’invito è rivolto a tutto il mondo della politica salvo rare eccezioni (e a quello dei media), incluso certi livelli istituzionali che comprendono anche il capo del governo. Quest’ultimo poi impegnato a fare tante cose potrebbe essere un po’ meno aggressivo e tenere un atteggiamento meno bullesco perché, in definitiva, sarebbe molto apprezzato da tutti compresi coloro che stanno sperando che il suo lavoro abbia successo.

L’ARRIVO DEL NUOVO DIRETTORE a Repubblica sta cambiando molto. Le riunioni della redazione che cominciano alle 8,00 e non alle 11,00 (facce nerissime in giro), i capi servizi responsabilizzati, maggiore autonomia dal fondatore che sino a questo momento esercitava la sua direzione di fatto per interposta persona, maggiore impegno di tutti i collaboratori. Ed è appena cominciata la nuova storia del giornale. Interessante capire anche vedere la impostazione con il pubblico dei lettori e come si attua la diversificazione tra cartaceo e digitale. Il progetto prevede il digitale come canale informativo e il cartaceo come canale di analisi e di approfondimento. Assistere a questo cambiamento è culturalmente importante anche per il paese, dato il ruolo che Repubblica ha nel mondo della comunicazione e della influenza della opinione pubblica. E poi c’è dietro tutta la problematica del mondo dei media che cambia, nel nostro paese in ritardo come vediamo.

 

Inserito il:29/01/2016 00:11:34
Ultimo aggiornamento:14/02/2016 21:54:47
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