Janos Mattis Teutsch (Braşov, Romania, 1884 - 1960) - Assembly Line
Controcanto 2 - Bruno Lamborghini e Adriano Olivetti
di Tito Giraudo
Rispondo al commento sul mio articolo: https://www.nelfuturo.com/Controcanto-all-amico-Bruno-Lamborghini-Adriano-Olivetti-e-il-Fordismo
Innanzitutto voglio chiarire: la mia reazione all’articolo di Bruno Lamborghini riguardava l’accostamento sul lavoro da casa al pensiero di Adriano Olivetti.
Le cose che mi hanno fatto sorridere sono due, la prima: l’uso di Adriano Olivetti su un tema che l’industriale non poteva nemmeno immaginare (salvo che ad Adriano non si attribuiscano anche qualità divinatorie). La seconda, dando per buona l’affermazione di come fosse alienante il lavoro ripetitivo e dequalificato, ho semplicemente fatto notare come alla Olivetti di Adriano la parcellizzazione tayloristica del lavoro fosse la norma, oltre che fonte degli enormi guadagni aziendali: la calcolatrice aveva costi di un quinto rispetto ai ricavi, e quindi Adriano, nel caso, parlava bene e razzolava male. Lamborghini fa notare come alla Olivetti le catene di montaggio non fossero disumane come in altre realtà industriali e come esistesse in fabbrica un clima liberale, tutto ciò leggendo bene il mio articolo è ampiamente citato.
Lamborghini mi ha poi bacchettato storicamente, quando attribuisco ad Adriano la paternità del Taylorismo in fabbrica, sostenendo che fosse di già applicato nella Olivetti di Camillo.
Mi sono poco occupato storicamente di Adriano, confesso di aver tentato dopo la stesura di “La fabbrica di mattoni rossi” di scrivere anche su di lui. Confesso di essere poco interessato alla storia industriale e quindi l’avrei fatto sul piano personale e politico, come è avvenuto per Camillo: non sono riuscito ad entrare nelle corde del personaggio e quindi ho desistito, troppo contraddittorio e fumoso per il mio carattere e la mia incultura (tra l’altro esiste un’ottima biografia di Valerio Ochetto). Tuttavia, cerco di rispondere alle contestazioni sull’introduzione del Taylorismo alla Olivetti.
Che il montaggio della M1 e della M2 fosse di tipo ripetitivo, mi sembra pleonastico negarlo, tuttavia non si può certo parlare, né di lavoro a catena, tantomeno di parcellizzazione spinta. Il mio libro, al 50% è scritto da Camillo, riportando articoli e lettere di suo pugno, dove emerge con chiarezza il suo pensiero anche sulla concezione che aveva del lavoro in fabbrica. Sono portato a pensare che l’organizzazione del medesimo assomigliasse piuttosto alle “isole” di montaggio, recente trasformazione delle “linee”. Sul fatto che il taylorismo spinto sia dovuto ad Adriano dopo il viaggio negli States, è testimoniato da Domenico Burzio, il geniale direttore di produzione (quinta elementare); lo confermano le lettere dall’America di questi (accompagnava Adriano) dove viene citata una diversa e più spinta organizzazione del lavoro nella concorrenza americana (Remington). Si può facilmente desumere che per il laureato Adriano, quel modello diventò riferimento per la riorganizzazione della Olivetti.
Sulla prima opposizione di Camillo, non vi sono dubbi, parlano i suoi numerosi scritti.
Per quanto riguarda i giudizi che Adriano diede della fabbrica, questi non interessano il tirocinio svolto in fabbrica dopo la laurea, bensì al lavoro estivo in fabbrica da ragazzino. Si tratta della prima Ditta, quella di mattoni rossi, definita un antro assomigliando a quelle inglesi dove Camillo lavorò nel periodo del suo viaggio di istruzione, dopo la laurea in Ingegneria.
Camillo, ebbe il culto dell’emancipazione operaia; quando la sua fabbrica, ormai diretta da Adriano diventa “americana”, si consola con la creazione del Centro Formazione Meccanici”, dove gli allievi, oltre l’officina studiano cultura politica, cultura generale e cultura artistica. Il tutto naturalmente pagato dal lavoro delle linee di montaggio.
Spero di aver chiarito.