Aggiornato al 19/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Ford Madox Brown (1821 – 1893) – Work (Manchester) - 1865

 

Il lavoro

di Romeo Gazzaniga

 

Non lo avremo più nelle forme classiche degli ultimi 50 anni del secondo millennio, ma dovrà essere sempre più suddiviso per sostenere una domanda interna che non riesce a stare al passo con la straripante offerta di beni che scaturisce dalla beffarda e sempre più invasiva Dea dei nostri tempi: la Tecnologia. Maledizione od Opportunità ? A noi la scelta.

 

Premessa

Negli ultimi due secoli molti economisti si sono cimentati sui flussi di occupazione e disoccupazione con alterne conclusioni sia sulle cause di tali flussi sia sulle ricette a soluzione parziale dei problemi. Non che siano stati incapaci, fraintesi o incompresi, ma dei loro studi e considerazioni (ad esclusione di Keynes) è rimasto uno scarso impatto.

Risultato più articolato e convincente è stato viceversa formulato da uno studioso attento osservatore dei flussi demografici e delle strettissime interrelazioni tra demografia ed economia: il reverendo Malthus (1766 – 1834). Già autore del tuttora attuale “Saggio sul principio di popolazione” , ai primi dell’800 aveva compreso e denunciato “il virtuoso rapporto tra una equa distribuzione della ricchezza è strettamente funzionale al buon funzionamento del circuito consumi-investimenti (la crescente disuguaglianza nella ripartizione delle ricchezze è l’unica causa della crisi del citato circuito virtuoso con ovvie conseguente sull’occupazione)”.

Un secolo dopo in una famosa conferenza tenutasi a Madrid nel 1930 Keynes affermò che l'uomo lavorava troppo e con le sue tesi dimostrava che bastavano tre ore al giorno per soddisfarne i bisogni ed imputava al nascente progresso scientifico e tecnologico la causa dell’espulsione dal lavoro di potenziali consumatori che pertanto sottraevano al mercato la loro domanda con gravi conseguenze al citato virtuoso circuito Malthusiano. Di fatto il vero progresso scientifico e tecnologico si dispiegò dal 1960 in poi sino ad arrivare ai giorni nostri: innumerevoli ed inimmaginabili tecnologie hanno reso sempre più irrilevante l'uso di braccia e menti  atte al lavoro esecutivo, Il tutto in concomitanza con una  esplosione demografica nazionale e mondiale di dimensioni impreviste. E per quanto possano crescere i nuovi “servizi” e le “nuove professioni”, la loro capacità di occupazione assorbirà solo una parte irrilevante del grosso della M.d’O. espulsa dalla crescente tecnologia.

Questi temi sono stati negli anni recenti ripresi da J. Rifkin ed in particolare dal sociologo Domenico De Masi che si è accalorato, aggiungendo nuovi ed inequivocabili elementi,  per aggiornare i messaggi di Malthus e Keynes alla luce degli ultimissimi progressi tecnologici per delineare un nuovo “Sviluppo senza lavoro” con argomenti ineccepibili e conclusioni inattaccabili.

Malthus e Keynes sono morti in tutti i sensi ed anche De Masi "non sta tanto bene" nel senso che ha preso atto che la gente (classe dirigente compresa !) non vuole essere indirizzata: o ci arriva da sola alla soluzione dei problemi o è tempo perso insistere per coinvolgerla: piuttosto accetta di "fallire" (schiava di quel moloch che è il proprio ego !). De Masi infatti dopo anni di fervore sull’argomento si è quasi arreso.

              

Bibliografia: M. Keynes, “Economic Possibilities for our Grandchildren” – Madrid (Conferenza del 1930)

D. De Masi, “Sviluppo senza lavoro”, Edizioni Lavoro – (1a Edizione 1994)


             

Assunto 1: Economia privata, pubblica o mista ?  

L'imprenditoria italiana non riesce ad essere il solo motore di riferimento dell'economia in quanto è un ruolo che svolge a fatica: esemplare la decisione Fiat di non costruire per oltre vent'anni automobili 4 × 4 definendole un capriccio passeggero e regalando alla concorrenza straniera mercati enormi con conseguente compressione dell'occupazione interna.

Peraltro negli Statuti delle Aziende Private si persegue di tutto ma non certamente l’obiettivo di mantenere e creare occupazione: ogni investimento punta alla falcidia dei posti di lavoro. Abbiamo linee automatiche di montaggio di  automobili, elettrodomestici,etc. che eliminano dal lavoro masse sempre più ingenti di mano d’opera. D'altronde per essere competitive le aziende private non possono fare altrimenti. L'unico grave inconveniente è che i virtuali Sig. “Automatismo” e Sig. “Robot” non escono a spendere quel denaro che hanno guadagnato con la loro produttività con pesanti conseguenze al citato “circuito virtuoso” (e non ci si provi a dire che è un banale partita di giro da salari a profitti: i destinatari dei nuovi profitti, azionisti e dirigenti, non li spenderanno negli stessi canali dei salariati esclusi dal lavoro !).

Anche nel Parapubblico non si scherza: dal 2013 l’ATM di Milano ha programmato l’avvio dei metro    senza macchinista escludendo di fatto circa 5.000 conduttori dei treni. E qui non si esclude dal lavoro generica manovalanza bensì tecnici qualificati !

Attualmente sono arrivati alla fase conclusiva di progettazione robots che sostituiranno all'80% le mansioni dei “white collars” ….. che proprio non se lo aspettano.

Ricordiamo anche l’occupazione delle fabbriche del 1920/21 in cui gli occupanti mera massa di lavoratori esecutivi scoprì sulla propria pelle che della fabbrica non sapeva che farsene e abbandonò spontaneamente l’occupazione, smitizzando così un assioma mal compreso (la gente legge ma troppo spesso non comprende bene quel che legge: dallo spirito dello scrittore, dal contesto delle sue opere nonché dai contenuti) che era nato nel 1848: “ la gestione e il possesso dei mezzi di produzione deve essere esclusivamente nelle mani della classe operaia”.

Viceversa oggi il ritiro di alcuni imprenditori italiani dalle proprie funzioni, lascia disoccupato un organigramma completo di dirigenti, tecnici, amministrativi e lavoratori esecutivi che se riesce a finanziarsi  può proseguire in forme cooperativistiche e con più slancio l’ex ruolo di quella parte di imprenditoria storica che decide di lasciare il campo. E da quanto accaduto ultimamente, da questi organigrammi completi, sono ridecollate molte attività private (workers by out).

 

Bibliografia:  J. Rifkin,  “La fine del lavoro”, Baldini & Castoldi – (1a Edizione 1995)

         G. Mazzetti, “Quel pane da spartire”, Bollati & Boringhieri – (1a Edizione 1997)

 


 

Assunto 2: Democrazia conquistata da un intero popolo od ottenuta in regalo?

Quando nel 1947 fu “concessa” (octroyer) agli Italiani la prima Costituzione autenticamente democratica

Il quadro dei destinatari era, come noto, il seguente:

- la popolazione fra analfabeti puri e chi non aveva conseguito la licenza elementare sfiorava il 50%;

- al referendum monarchia/repubblica la prima sfiorò il 48% dei consensi;

- l’epurazione dei quadri statali e parastatali fedeli all’ideologia fascista non avvenne e ciò fu recepito anche con un sotteso spirito di continuità di un passato che non era del tutto passato. Il danno conseguente non fu tanto politico (formale) ma sull’efficienza (sostanziale): i dipendenti di una P.A. in tempi di dittatura sono in grandissima parte scelti più per la fedeltà al regime (forma) che per la capacità di svolgere il ruolo assegnatogli (sostanza). Da qui l’eredità di una burocrazia autoreferente, livorosa, non “problem solving” bensì produttrice di cavillosi intralci alle persone fisiche e giuridiche (sciopero bianco permanente ?) che dal nuovo corso politico si sarebbero aspettati di meglio (le conseguenze non sono state del tutto superate ancora oggi dopo circa 70 anni).

In quelle condizioni (figure meno nobili, alternative ai nostri Padri costituenti) avrebbero potuto, per assurdo,  offrire al Popolo Italiano uno Statuto Albertino “rivisto” od un ossimoro come “nuovo fascismo democratico”.

La condizione sociale della maggioranza dei destinatari, ai tempi, della Costituzione lo avrebbe teoricamente consentito.

Tanto vero che la media della popolazione italiana ha cominciato a “informarsi” e timidamente “addentrarsi” nella Costituzione concessagli, solo a partire dalla fine degli anni ’60, tant’è che a tutt’oggi i conoscitori della Costituzione e del suo spirito informatore sono troppo pochi, compresi funzionari dello Stato e buona parte di Deputati e Senatori.

Peraltro va anche preso atto che nel 1994 (50 anni circa dalla fine della guerra) l’Istat rilevava che l’evoluzione raggiunta dall’italiano medio era definibile in “persona che non aveva completato le scuole medie inferiori e non era neanche seduto nella prima fila dei banchi di scuola”. C’è chi colse l’occasione per “scendere in campo” in quanto tale target consentiva la ricettività di qualsiasi messaggio di emotività populistica e conseguente possibile ottenimento del consenso elettorale.

Di fatto si può dire che la stragrande maggioranza degli elettori italiani (il cosiddetto “popolo sovrano” come da 2° cpv dell’art. 1 della Costituzione) ha sempre votato più per scegliere i propri “capi” (da chi farsi comandare, tassare ed indebitare) che non per eleggere “Amministratori” da seguire e controllare nei loro mandati. E poi non è che un popolo diventa “sovrano” per dettato costituzionale, legge o quant’altro. Modificare un ruolo di sottomissione atavica, di discendenza plurimillenaria, si può attuare con una continua e paziente formazione culturale ed in tempi tutt’altro che brevi.


Assunto 3: Debito Pubblico e nostri Amministratori

“Amministratori” che, proprio perché non “seguiti e controllati”, continuano a stilare “allegri bilanci dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni senza tener conto del “vincolo delle risorse disponibili”: quello che manca è sempre stato finanziato, nella colpevole indifferenza generale, con l’irresponsabile e delittuoso aumento di un debito pubblico ormai diventato una palla al piede che blocca qualsiasi sviluppo e dal quale dovremo rientrare in limiti che non oltrepassino il 30/35% del PIL.

Peraltro gli attuali costi degli “Amministratori del Condominio Italia” sono inaccettabili e fuori  da qualsiasi parametro Europeo e Nord-Americano nonchè incompatibili con il debito pubblico che ci  ritroviamo.

Formula da applicare d’ora in poi (diritti acquisiti esclusi .. purtroppo):

- retribuzione risultante dalla media europea (a parità di funzione), ridotta della stessa differenza percentuale tra il debito pubblico medio europeo (in rapporto al PIL) e il debito pubblico italiano.

E se qualcuno dei dipendenti vari dello Stato non ci ”starà” vada pure ad arricchirsi con le sue millantate capacità, nell’economia di mercato ..... che lo attende a braccia aperte!

Comunque i futuri burocrati si adatteranno all’obbligatorietà di tale realistica ed inevitabile necessità.

Non perché ce lo chiede l’Europa ma il banale buonsenso: con un debito al 130 % del PIL e oltre, è sufficiente che gli attuali bassissimi tassi d’interesse tornino a livelli compresi solo tra il 2 e il 3% che la bancarotta, o default, dell’Italia si concretizzi immediatamente!

E poi non è meglio avere a disposizione ogni anno da 80 a 100 miliardi di Euro da spendere come si vuole, ma non in demenziali interessi !?!?

Per conoscenza in Europa ci sono Debiti Pubblici inferiori al 30 % del Pil ( vedesi le Repubbliche Baltiche).

E non meravigliamoci poi se (in un futuro meno fantascientifico e lontano di quanto si possa pensare) nel gruppo di Stati che tenterà di salvarci obbligandoci a regole di vita paragonabili nel migliore dei casi a quelle del primo dopoguerra, potremo trovarci addirittura la Grecia !

E’ pertanto indifferibile un recupero finanziario del 12,5% pari a 100 Mld € annui, da una mostruosa Spesa Pubblica (800 Mld € all’anno pari a poco più di 1/3 dell’intero Debito Pubblico italiano che nel luglio 2016 ha superato i 2.250 Mld di €).

Destinazione: - 80 Mld di € annui ad abbattimento debito pubblico (ammortamento in 30 anni ~);

           - 20 Mld di € annui a rimpinguare le Casse dello Stato.


Assunto 4: il dominus che condiziona tutti noi, ovvero “L’economia di mercato”

Ma il vero aspetto della ns. Costituzione che non è percepito come regola base del gioco di convivenza più o meno civile instaurato deriva da una grave omissione (diventata quindi disinformazione di fatto per i destinatari) riguardante l’Art. 1 della Costituzione.

L’Art 1 della Costituzione Italiana è composto da due capoversi: la grave omissione riguarda il primo dei due e l’omissione è segnalata qui di seguito in grassetto: “ L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul lavoro” ... nell’ambito di una economia di mercato parzialmente perequabile dal legislatore.

Pertanto in una economia di puro mercato se il legislatore di turno non opera per un equa distribuzione della ricchezza, il virtuoso circuito consumi/investimenti, tipico di una sana economia, non funziona.

L’economia di mercato (“common law” universale, non scritta, istintivamente praticata dalla stragrande maggioranza del genere umano: “scelgo e compro le cose migliori al prezzo più basso possibile”)  con le sue micidiali regole, e generali conseguenze che condizionano ogni tipo di vita e di produzione, non è stata insegnata ne a partire dalle scuole inferiori ne portata ad informazione della popolazione, pur con i notevoli media a disposizione.

Fateli almeno “giocare” un ora alla settimana a “Monopoli” questi ragazzi ! Inizieranno a comprendere il sottile confine tra la croce e la delizia cui li collocherà l'economia di mercato, e magari alcuni di loro la spiegheranno a genitori disinformati e molto superficiali nei loro comportamenti di vita.

Quando usciranno dalle scuole, se troveranno lavoro, avranno qualche rudimento in più e se non troveranno occupazione dovranno solo votare per un accorto legislatore che suddivida il poco lavoro rimasto tra la maggior parte delle persone fisiche, ed attui comunque, casse statali permettendo,  un minimo di assistenza sociale per i bisogni primari (vitto e alloggio possibilmente in cambio di prestazioni socialmente utili) per gli esclusi ed i perdenti di tale “gioco” universale in cui volenti o nolenti siamo tutti coinvolti.

Tant’è che:

  • l'Italia del 1950 ad oggi è passata da 42 a 60 milioni di abitanti (non contando la crescente immigrazione legale e non) senza alcuna giustificazione circa le prospettive future di lavoro per  tali nuove generazioni. Già nel 2.000 il compianto Alberto Ronchey denunciava ì 191 abitanti per Kmq dell’Italia contro una media europea di 68 abitanti per Kmq !

E dire che, per le scarse risorse naturali esistenti (avevamo solo una generica manovalanza adibita alla trasformazione di materie prime per lo più di provenienza straniera, comunque competitiva per le aziende in quanto sottopagata rispetto ai parametri delle altre nazioni europee), già nel dopoguerra “crescevano” non meno di 10 milioni di abitanti. Ricordiamoci i precedenti giganteschi flussi migratori (sia nella Libia “colonizzata” dal fascismo, che nelle Americhe e in Svizzera e Germania) da parte di enormi contingenti di popolo dal Veneto e dal Sud Italia in genere;

  • il lavoro viene a tutt’oggi reclamato quasi come una componente “automatica” di diritto da parte di   cittadini a dir poco disinformati sul perché della loro disoccupazione. Vagli a spiegare alla Humprey Bogart: “E’ l’economia di mercato  .....  bellezze !”

In ogni caso il rilancio dell’impresa non sarà mai raggiunto se non vi sarà una più equa distribuzione del reddito. Sarebbe opportuno evitare pericolosi salari di cittadinanza (vedesi le precedenti esperienze negative di Olanda e Danimarca negli anni ’60) bensì privilegiare la redistribuzione del lavoro.

 Senza redditi non si compra, e se non si compra l’imprenditoria è costretta a fermare le produzioni per mancanza di riordini da parte dei rivenditori, e licenziare (e ... non c’è incentivo statale che tenga per convincerli ad assumere o tenere personale per produrre solo per il proprio magazzino !).

Diego Della Valle: “Mettiamo un po’ di soldi in più in busta paga ai nostri dipendenti affinché possano rilanciare i consumi”. – (Intervista televisiva del 2010)

 


Teoriche, quanto inevitabili, CONCLUSIONI

Alla luce delle illuminate, approfondite ed inconfutabili tesi dei sopracitati autorevoli ricercatori (Keynes, Malthus, Rifkin, De Masi), tesi peraltro quasi quotidianamente richiamate da personaggi quali il Nobel “Joseph Stiglitz”, il politologo Massimo Riva, gli economisti Luigi Zingales ed Innocenzo Cipolletta solo per citarne alcuni, scaturiscono a conclusione le seguenti proposte:

  • nel settore pubblico (Stato, Parastato, Regioni, Comuni e Partecipate) ad esclusione di quadri  e dirigenti,  il lavoro sia offerto part-time (4 h. al giorno o 2,5/3 giorni alla settimana o 1 settimana si ed una no) e nell'emergenza attuale, in alcuni settori, anche giornata di 9 ore con tre turni da 3 h. ore cadauno);
  • stimolare il settore privato a fare altrettanto attraverso significativi incentivi: ad esempio fortissimi  sgravi fiscali sul part-time a favore sia degli imprenditori sia dei dipendenti.

Ruolo dello Stato: completare con proprie iniziative quanto il settore privato non può oggettivamente assorbire in termini di occupazione. E qui non si tratta di essere più o meno “statalisti” bensì percorrere l’unica strada praticabile per spegnere immediatamente i crescenti focolai di protesta che potrebbero diventare a breve incontrollabili e far saltare le basi di una già scricchiolante convivenza civile.

 

PROPOSTA specifica per il LAVORO

Proposta di provvedimento riguardante esclusivamente le ASSUNZIONI  PART-TIME contemporanee di un numero pari di persone (2, 4, 8, 14, etc.) con contratto a tempo indeterminato.

(4h. al di, 2,5/3 gg alla settimana, 1 settimana SI ed 1 NO, etc.):

 dal 1° anno il costo del lavoro per le assunzioni part-time viene ridotto almeno del 30%;

 dal 2°anno scatterà un ulteriore riduzione non inferiore al 20%;

 dal 3° anno, condizioni permettendo, una ulteriore riduzione percentuale.

Come si può notare non c’è alcuna richiesta di azzeramento dei contributi per 5 o più anni ma qualcosa che può durare a lungo.

Lo Stato incasserà comunque nel 1° anno il 70% degli attuali oneri (e non il nulla paventato dall’azzeramento delle assunzioni) e dal 2° anno incasserà il 56% degli attuali oneri. Dal 3° anno ulteriore riduzione degli oneri eventualmente differenziata per tener conto delle differenti congiunture dei vari settori produttivi .

Obiettivo: raddoppiare sia il numero degli occupati/consumatori  sia la loro massa di reddito pro capite (nonostante la forte riduzione delle loro ore/lavoro) con conseguente forte ripresa della domanda interna ed efficace ripartenza del “virtuoso circuito consumi/investimenti”.

Peraltro se l’imprenditore non assume, per mancanza di incentivi o perché comunque le condizioni non glielo consentono, l’azzeramento degli oneri contributivi è comunque certo !

Il beneficio per il datore è in questi tempi di chiacchiere e scarse risorse è tutt’altro che poco. Per il salariato il part-time viene ancor più ben percepito: lavora la metà o meno del tempo standard di 8 ore percependo (attraverso i progressivi tagli del cuneo fiscale sopracitati) da 3/quarti a 4/quinti circa di uno stipendio di chi oggi lavora tutto il giorno.

Non dimentichiamo che oltre ad una ulteriore possibile riduzione del costo del lavoro nel 3° anno, si può sempre aggiungere ulteriore reddito tramite un auspicabile aumento della produttività aziendale (premi di produzione) ottenibile da economie di scala favorite dall’aumento generale della domanda interna!

Copertura dei mancati introiti iniziali da parte dello Stato:

-  revisione (come sopracitato all’Assunto 3) dei stipendi e salari di Politici, Statali, Parastatali e Dipendenti delle “partecipate”;

- applicazione dei costi standard su tutti gli acquisti Statali, Parastatali e “partecipate”.

I benefici attesi dal sopracitato provvedimento, che non intende sostituirsi bensì aggiungersi ad altri provvedimenti di tipo diverso, riguarderanno:

. forte ripresa dei consumi interni;

. conseguente crescita economica;

. significativo e progressivo calo del costo degli ammortizzatori sociali e della disoccupazione in genere (giovanile e non).

Prima stesura del 10 dicembre 2012 (aggiornato al settembre 2016)

 

Inserito il:13/05/2016 12:08:24
Ultimo aggiornamento:15/10/2016 16:57:03
Condividi su
ARCHIVIO ARTICOLI
nel futuro, archivio
Torna alla home
nel futuro, web magazine di informazione e cultura
Ho letto e accetto le condizioni sulla privacy *
(*obbligatorio)


Questo sito non ti chiede di esprimere il consenso dei cookie perché usiamo solo cookie tecnici e servizi di Google a scopo statistico

Cookie policy | Privacy policy

Associazione Culturale Nel Futuro – Corso Brianza 10/B – 22066 Mariano Comense CO – C.F. 90037120137

yost.technology | 04451716445