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Uno spunto per ragionare su Olivetti
di Gianni Di Quattro
È stato pubblicato nell’allegato del Corriere della Sera di domenica 4 febbraio u.s. dedicato alla “Lettura”, un articolo bello ed interessante su Olivetti firmato da Paolo Di Stefano. È davvero straordinario come a distanza di più di sessanta anni dalla sua morte (1960) si continui a studiare ed a leggere la Olivetti di Adriano Olivetti. Perché ovviamente si parla della Olivetti di Adriano e non genericamente della Olivetti. Nella stessa pagina del Corriere si parla inoltre di un volume curato da Sergio Polano e Alessandro Santero intitolato “storie di una collezione” che riporta foto e documenti del design Olivetti nei prodotti, nella pubblicità, nei luoghi di lavoro, nelle documentazioni, insomma in tutto. Molto interessante anche questo originale contributo ad una storia unica.
Dunque, l’articolo di Di Stefano è ben fatto, ovviamente è sintetico, si avvale di alcuni contributi come quello di Bruno Lamborghini, uno che la Olivetti l’ha vissuta da sempre e da tutte le posizioni sino alle più alte, o come quello di Gastone Garziera che era nel gruppo di Pier Giorgio Perotto quando fu progettata la P101, da molti definita il primo personal computer nel mondo, ed ancora della gente dell’Archivio Storico Olivetti. Speriamo a proposito che la Telecom Italia che lo finanzia e mantiene non decida di chiuderlo per risparmiare come si sentiva dire qualche anno fa.
Naturalmente, come detto sopra, quando oggi si parla della Olivetti, si parla di quella di Adriano e non della azienda che ha continuato ad esistere dopo di lui per qualche decennio. Dopo Adriano c’ è stato suo figlio Roberto che ha tentato di continuare l’opera del padre, ma non ha avuto il potere per poterlo fare condizionato dalla coesistenza di un amministratore delegato come lui imposto dal Presidente Visentini proprio per limitarne i poteri e per dare spazio ai desideri dell’establishment eporediese di condizionare l’azienda. E dopo Roberto c’è stato Beltrami, in qualche modo imposto dal mercato a Visentini che in cinque anni, grazie alla collaborazione di Marisa Bellisario, ha trasformato l’azienda da meccanica in elettronica e che avrebbe potuto sistemare anche gli aspetti finanziari se Visentini non lo avesse ostacolato. E a quel punto Visentini, infatti, preferì con l’accordo della famiglia ancora maggior azionista, vendere a De Benedetti. Da quel momento la Olivetti ruppe i legami con il passato e divenne una delle tante aziende del mercato, con qualche handicap rispetto alla concorrenza. Un potere enorme di questo establishment tecnico storico di Ivrea rispetto al mercato, una politica a breve, una strategia confusa, un management cambiato spesso, una disattenzione della proprietà verso quello che succedeva in azienda e verso le tendenze del mercato.
La Olivetti di Adriano aveva una visione del futuro, una strategia di collegamento con il territorio, la consapevolezza che un’impresa debba avere anche un compito sociale, la considerazione che il personale è la risorsa fondamentale dell’impresa stessa, il pensiero che la cultura e la bellezza aiutano a fare impresa ed a crescere, capiva l’opportunità di arricchire il legame tra il personale e l’azienda anche attraverso servizi a disposizione di tutti. Inoltre, perseguiva una gestione non solo proiettata a breve, ma il disegno di un percorso che parte dalle capacità e dal ruolo dell’impresa e proiettato verso il futuro, perché il disegno del futuro può aiutare a far bene nel presente. Ed ancora l’utilizzo delle intelligenze della società nel campo tecnico e culturale per fare impresa e per inserirla nella società.
Adriano Olivetti fu avversato dal mondo industriale e dal mondo politico di allora, non fece mai parte di Confindustria, aveva credito perché l’azienda brillava e conveniva aiutarla. Oggi molte sue teorie e valori stanno forse anche con una certa rapidità tornando alla ribalta. I giovani quando dicono che cercano qualità nel lavoro, dicono che cercano cose che somigliano alla Olivetti di Adriano. Quando molte aziende pensano ad una estensione internazionale pensano a politiche che Adriano aveva pensato e fatto per la Olivetti, che è stata la prima vera azienda internazionale del nostro paese. Il disegno di una strategia non solo nei settori tecnologici, oggi molto più vasti e globali, può cercare di ricalcare metodi e idee della Olivetti di Adriano, i mercati sono più complicati, infatti, il mondo nel suo cambiamento ha cancellato vecchi e obsoleti sistemi di fare impresa, richiede una cultura che quotidianamente i fatti ci dicono che i valori di Adriano in modo consapevole o meno sono tra i più importanti riferimenti.
Per questo oggi se ne parla di quella straordinaria esperienza, di quella luce intelligente, innovativa che ha brillato nella mediocrità del suo periodo storico.