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Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire
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Victor Pasmore (1908-1998) – Abstract in Blue, Brown and Crimson – 1960

Aggiornamento mercati - 16 giugno 2015.

In considerazione degli ultimi avvenimenti propongo queste riflessioni, volutamente semplici, sull’andamento dei mercati di questi ultimi giorni.

Premetto che in questo momento i dati che arrivano non sempre restituiscono un quadro realistico della situazione e che quindi - non ritenendo corretto fare previsioni - esporrò oltre al mio personale pensiero, il “sentiment” di gestori, analisti e controparti altamente qualificate e quindi ragionevolmente attendibili.

BREVI CONSIDERAZIONI SUL QUADRO MACROECONOMICO.

Negli Stati Uniti la crescita permane buona, almeno rispetto all’Europa; sicuramente più forte e soprattutto relativamente stabilizzata. Diversi dati confermano questo aspetto e appare quindi sempre più probabile la fine del lungo periodo di tassi zero e l’avvicinarsi quindi del primo rialzo entro settembre o, al massimo, fine 2015. Peraltro il FMI (Fondo Monetario Internazionale) ha recentemente espresso parere opposto per non rallentare la crescita che comunque deve ancora consolidarsi. Comunque i posti di lavoro confermano un trend positivo come anche la fiducia dei consumatori fondamentale in un paese in cui i consumi interni sono l’elemento caratterizzante della formazione del PIL (Prodotto Interno Lordo). Le importazioni continuano a superare le esportazioni mentre l’inflazione attualmente non desta preoccupazioni. Il dollaro forte e i costi di installazione delle strutture per i nuovi nuovi sistemi di estrazione insieme al crollo del petrolio, hanno invece creato qualche problema. Opinione comune rimane comunque (per diversi motivi) quella che propende verso una serie di futuri aumenti dei tassi della FED anche se ragionevolmente si ritiene possano essere molto contenuti in termini percentuali. Non bisogna dimenticare che il costo del denaro negli USA  influenza comunque le economie di tutto il mondo.

Anche in Europa cominciano ad arrivare diversi dati positivi da quasi tutti i paesi membri sia in termini di PIL che di numero occupati in lento incremento. In quest’area i problemi principali sono: A) la crescita al momento debole e assolutamente disomogenea, B) il fatto che i singoli paesi faticano a implementare le riforme che invece sono tanto importanti quanto urgenti e inderogabili, C) La situazione greca. L’ormai famoso QE europeo sta dimostrando che nella fase iniziale funziona e ci sono ottimi risultati in termini di potenziale liquidità disponibile a basso costo per le banche (e quindi teoricamente anche per l’economia), in termini di protezione delle obbligazioni dell’area euro, in termini di creazione di nuova inflazione anche grazie al parziale deprezzamento dell'euro.

La Cina sta per il momento mantenendo tassi di crescita per quel paese soddisfacenti e le altre economie orientali dovrebbero beneficiare del probabile trend di miglioramento di quelle occidentali anche se ovviamente rimangono particolarmente sensibili sia ai tassi sia dollaro USA.

 

MERCATO OBBLIGAZIONARIO.

Fino a marzo di quest’anno si è assistito a una crescita anomala dei valori dei principali titoli obbligazionari. La motivazione era legata alla ricerca irrazionale di sicurezza insieme a quella (proporzionalmente sempre più difficile) di rendimento su questa classe di titoli. La conseguenza è stata un aumento irragionevole dei prezzi e quindi un complementare crollo dei rendimenti. Per alcuni giorni addirittura i decennali di Germania e Svizzera equivalenti del nostro BTP hanno offerto rendimenti negativi. Ciò significa che chi ha investito in questi titoli ha ottenuto - da subito - meno di quanto investito e questa si è rivelata ovviamente una situazione assai pericolosa. Infatti la certezza di rimborso da parte di un creditore solido non è necessariamente legata al ritorno ottenibile tra prezzo pagato e prezzo di rimborso o di vendita. Siccome il QE (avviato a marzo) ha iniziato a produrre i suoi effetti, le aspettative sull’inflazione si sono progressivamente rialzate (almeno rispetto ai dati precedenti) e quindi la situazione irrazionale è terminata e sono iniziate pesanti vendite. Siccome i rendimenti sono inversamente proporzionali ai prezzi, e questi ultimi oscillano in modo assai più sensibile rispetto ai rendimenti, la discesa dei valori è stata decisamente pesante.

In questo primo grafico potrete vedere l’aumento dei rendimenti sui decennali dove apparentemente le oscillazioni sembrano essere relativamente contenute:

 Grafico-rendimenti.JPG

 

In questo secondo grafico potrete vedere il crollo dei prezzi sui decennali dove si sono scaricate le oscillazioni sui rendimenti che avete potuto osservare nel grafico precedente:

Grafico-prezzi.JPG 

 

Il prezzo del Bund decennale tedesco usualmente utilizzato come riferimento del massimo livello di sicurezza, ad esempio è crollato da un prezzo superiore a 104 a un prezzo di circa 96 che equivale ad una perdita secca del - 7,7%.

Osservando i portafogli tuttavia, grazie alla diversificazione degli attivi nessuno ha subito questo tipo di contrazione che invece è stata mediamente assai più contenuta.

Ora si tratterà di valutare per ogni singolo portafoglio se e come intervenire anche perché non è detto che le aspettative sull’inflazione si realizzino nei tempi e nelle modalità che attualmente i mercati hanno scontato.

 

MERCATO AZIONARIO.

Ovviamente anche il mercato azionario ha risentito seppur con diversa intensità, dei movimenti sul reddito fisso. In questi giorni in particolare l’incertezza in merito all’evoluzione del problema Grecia sta influenzando nel breve i corsi di questi titoli. A sostenere ancora questa asset class rimangono le aspettative inerenti le potenzialità di ripresa del ciclo economico a livello mondiale (seppur in modo disomogeneo) e le politiche di tassi molto bassi attuali che probabilmente saranno mantenute da parte di alcune delle principali Banche Centrali. A tale proposito come già accennato l’unica a muoversi in controtendenza sarà la FED americana, ma è assai probabile che lo farà con intensità e frequenza che, allo stato attuale, si immaginano il più possibile mitigate.

Infine anche i grafici dell’analisi tecnica indicano che al momento si mantengono inalterati e positivi sul medio/lungo periodo i trend inerenti i due principali indici di riferimento a livello mondiale: l’americano S&P500 e il tedesco DAX mentre considerazioni analoghe si potrebbero fare anche per il Giappone. Appare quindi abbastanza probabile che, chiarita la situazione greca, il quadro potrebbe offrire spunti interessanti in particolare per l’area euro.

PROBLEMA GRECIA.

Quest’anno ricorrono vent’anni da quando opero in questo mercato e mai mi era capitato di affrontare una simile situazione con i miei assistiti. Due sono gli aspetti principali che la caratterizzano: A) le posizioni delle due parti in gioco (creditori vs governo greco) sono nei fatti assolutamente opposte e al momento sembra non ci siano spazi di possibile intesa B) il fatto che se non si troverà un accordo ragionevole i danni saranno molto pesanti per entrambe le parti.

Quali considerazioni?

Innanzitutto su entrambi i fronti ci sono ottime ragioni ed enormi errori. I creditori a fronte dell’erogazione di crediti davvero notevoli, hanno imposto manovre durissime di pura riduzione del debito e mai realmente orientate a riforme (irrinunciabili) finalizzate anche a ricreare condizioni di crescita auto-sostenibile. Da parte della Grecia permane una situazione e un’organizzazione dello stato e della vita dei cittadini sotto molti aspetti insostenibile e ormai inaccettabile. Cito alcuni esempi: fino a pochi anni fa i forestali greci ricevevano un premio per andare a lavorare nei boschi invece che in ufficio, i dipendenti pubblici ricevevano un premio per utilizzare il computer; alcuni mesi fa ispettori dell’agenzia delle entrate greca che si erano recati in un isola a forte caratterizzazione turistica per controllare l’effettiva fatturazione dei servizi, sono stati letteralmente cacciati e non hanno potuto svolgere il loro lavoro, un pensionato greco riceve mediamente la stessa pensione di un suo omologo tedesco. In pratica gli enormi costi (ma anche grandi sperequazioni) rendono la situazione ormai insostenibile. Infine l’ultimo governo in campagna elettorale, ha fatto promesse che erano chiaramente irrealizzabili perché si basavano sulla creazione di nuovo debito pretendendo che questo venisse finanziato senza rispettare gli accordi presi in precedenza e senza fornire alcuna reale, collaborazione o impegno di sorta né su quello precedente, né su quello nuovo.

A questa situazione di per sé già molto pesante, si è aggiunta una lunghissima trattava sovente fatta di atteggiamenti non consoni ai luoghi e agli eventi, di troppe parole non supportate dai fatti e da precisi impegni, che ha creato un pessimo stato d’animo da parte ormai di tutti i governi europei e delle Istituzioni nei confronti di quello greco.

A questo punto è davvero difficile cercare di immaginare la fine di quella che sembra ormai una folle partita a poker più che una ragionevole trattativa.

Recentemente la Grecia che il 5 giugno scorso doveva rimborsare al Fondo Monetario Internazionale una prima tranche di debito da 305 milioni di USD ha deciso di avvalersi della possibilità di non pagare la prima rata ma solo il totale di tutte le rate di giugno per un totale di 1,6 miliardi di USD da saldarsi - senza più dilazioni - entro l’ultimo giorno del mese.

In questi giorni infine le trattative sono state “definitivamente” sospese in attesa della prossima riunione dell’eurogruppo che si terrà il 18 di questo mese al quale il premier Tsipras ha peraltro dichiarato che non parteciperà neanche...

Nel caso in cui si arrivasse davvero fino al default della Grecia e soprattutto alla sua uscita dall’eurozona, le conseguenze sarebbero pesanti sia per i creditori, ma anche e soprattutto per la Grecia, con manovre di immediato impatto proprio sulla popolazione.

Sia i singoli governi che le Istituzioni dell’Europa hanno sicuramente implementato soluzioni e strutture pronte ad ammortizzare l’urto di un possibile fallimento e tutta l’area è sicuramente meglio difesa rispetto al 2012. In caso di default e uscita della Grecia il danno totale è attualmente quantificato in circa 620 miliardi; il primo fallimento di un paese dell’area euro e il più grande al mondo.

Sono tuttavia allo studio anche soluzioni “ponte” finalizzate ad attivare tipologie di “paracadute” prima di arrivare a un “vero” fallimento e soprattutto all’uscita dalla Grecia dall’area euro.

Il problema forse più importante è che comunque si andrebbe come ha spiegato il Presidente della BCE Mario Draghi in una sorta di terreno inesplorato mai minimamente previsto dai trattati europei. Le soluzioni quindi saranno necessariamente implementate secondo l’evoluzione della situazione.

Infine tra le tante ipotesi di cui si legge in questi giorni c’è anche la possibilità che, a fronte del fatto che la maggioranza dei Greci non vuole abbandonare l’area euro, l’ala moderata del partito greco Syriza possa trovare un accordo con le opposizioni per cercare di sottoscrivere un accordo per tutti ragionevole. Oppure che si vada a un referendum per fare decidere direttamente al popolo greco. Qui, purtroppo, si entra nel campo della fantapolitica.

Peraltro, come sempre, non viene neanche spiegato dai media nazionali che l’attuale trattativa NON risolverà realmente il problema greco, ma servirà esclusivamente a tamponare quello dei rimborsi alle istituzioni in scadenza nel corso dell’estate.

La partita importante si inizierà a giocare solo dopo. A quel punto occorrerà trattare sui passaggi da implementare per aiutare la Grecia a mettere in atto tutte quelle manovre e riforme che sono irrinunciabili per permetterle di far parte a pieno titolo dell’Unione Europea, di avere strumenti e forza per essere autonoma e avere un’economia che sia autoalimenti e permetta una vita migliore - ma consona ai tempi - per tutto il popolo greco.

Personalmente non posso valutare cosa potrà realmente accadere, ma continuo a pensare che sarebbe un danno troppo pesante che entrambe le parti hanno assolutamente interesse di evitare. In questa situazione una soluzione in extremis rimane ancora quella più accreditata.

Inserito il:16/06/2015 22:56:50
Ultimo aggiornamento:05/07/2015 07:23:50
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