Barconi, muri e nomadismo globale.
La questione dei flussi di profughi è diventata centrale a livello internazionale: vi sono “barconi” o altri mezzi di profughi o poveri disperati non solo verso l’Italia, ma ormai dovunque. Si è calcolato che i profughi in fuga nel mondo raggiungano oggi i 60 milioni con un ritmo giornaliero di 40.000 persone e, come indicato da Prodi, le persone che sono passate e vivono in paesi diversi da quelli di origine sono più di 250 milioni.
Guerre, terrorismo, povertà, fame spingono milioni di persone a cercare un livello di sopravvivenza nei cosiddetti paesi “ricchi”. Non si tratta di un fenomeno transitorio, ma è un problema strutturale che si andrà aggravando sempre più e che dovrà essere affrontato seriamente sia da parte dei paesi di origine che in specie da quelli di destinazione, Europa, Stati Uniti, ma anche altri paesi.
Le previsioni demografiche indicano che la popolazione africana è destinata a triplicarsi entro il 2050, raggiungendo i 3 miliardi di persone: non vi è dubbio che se le condizioni di sviluppo non miglioreranno in quel continente i flussi attuali verso l’Europa raggiungeranno dimensioni assolutamente ingestibili. In gran parte dell’Africa subsahariana le politiche di sviluppo sono critiche, se non nulle; vi è inoltre un crescente disinteresse da parte dei paesi europei che dovrebbero essere i più interessati a dare ai paesi africani autonomia di sviluppo, anche al fine di ridurre i flussi migratori e la diffusione del terrorismo; d’altro lato chi sta investendo in Africa sono solo i cinesi che cercano di accaparrarsi le materie prime e la manodopera a basso costo con un approccio neocolonialistico senza determinare condizioni di sviluppo autonomo di quei paesi.
In Europa e in USA la crescita dell’immigrazione incontrollata sta determinando tensioni razziste e movimenti populistici nazionalistici che fanno leva su reazioni viscerali. La decisione del governo ungherese Orban di mettere i reticolati sui 175 chilometri di confine tra Ungheria e Serbia rappresenta un modello che rischia di essere rapidamente imitato da altri paesi (del resto i muri esistono già da anni tra USA e Messico). Anche l’accordo di Schengen rischia di essere disatteso, come già avvenuto al confine di Ventimiglia tra Italia e Francia o al Brennero. Non vi è dubbio che la diffusione di Internet e degli smart phones accelera la spinta alla ricerca di paesi più sicuri e opportunità di lavoro, ma sarebbe utile che le stesse reti internet facilitassero la conoscenza delle possibilità ed opportunità di trasferimento, oltre a consentire un controllo dei flussi, qualora si ponessero in atto da parte dell’Unione Europea politiche attive di immigrazione.
I paesi europei a tasso demografico negativo ed a forte invecchiamento hanno assoluto bisogno di flussi di immigrazione costituiti da giovani e da nuovi apporti lavorativi e nuovi apporti di culture diverse. Gli USA sono cresciuti grazie al melting pot delle ondate migratorie provenienti da tutto il mondo. La Silicon Valley non sarebbe diventata il maggiore centro di innovazione tecnologica mondiale se non fossero arrivati tanti indiani e tanti cinesi, ed anche italiani che hanno prodotto gran parte delle innovazioni tecnologiche.
Quindi, i paesi europei, l’Unione Europea, dovrebbero agire urgentemente, trasformando i drammatici flussi di poveri cristi trattati peggio di animali in apporti positivi di nuove menti e braccia in grado di costituire un fattore di spinta alla innovazione ed allo sviluppo economico e sociale di una Europa che sta languendo. Questa azione politica consentirebbe di frenare anche le spinte razzistiche ed anti Unione Europea che altrimenti condurrebbero alla fine del progetto europeo.
La globalizzazione e Internet portano naturalmente ad accentuare il nomadismo delle persone, un nomadismo che è un carattere connaturato nella storia dell’uomo. Il nomadismo è fattore di crescita ed innovazione culturale attraverso lo scambio e la condivisione di progetti e non vi è dubbio che, nonostante i timori e le spinte alla conservazione, la mobilità nomadica diventerà l’elemento caratterizzante il futuro prossimo. Del resto, questo è già nel DNA di tanti giovani italiani e di tutto il mondo che passano da un paese all’altro seguendo i loro interessi di studio e di lavoro e considerano il mondo la loro patria, senza frontiere, muri o barriere ottocentesche senza più alcun senso.