Riflessioni sul 2015 e speranze per il 2016: innovazione e start-up.
Scelgo un tema su cui ho svolto un lavoro di approfondimento: innovazione e start-up.
Ho fatto una survey su di una trentina di casi 2015 nei quali stakeholder come grandi imprese, fondazioni, banche, assicurazioni, università, hanno lanciato iniziative di promozione e sostegno di start-up.
I media amplificano, con l’aiuto degli uffici stampa dei soggetti promotori, i fatti e fanno intravvedere futuri straordinari nei quali le nostre nascenti aziende conquistano mercati e realizzano innovazioni radicali. E’ davvero così? Che cosa potremmo o dovremmo fare per consolidare questa tendenza in una trasformazione “continua” ad alto impatto economico e sociale?
L’uso del termine “open innovation”, che contraddistingue tutte queste iniziative, è un “marchio” che davvero fa la differenza rispetto al passato o è una “cifratura” marketing a scadenza?
Qualche dato, con “beneficio d’inventario”! Le start-up innovative nate e note nel 2015 sono circa 5.000 ed hanno beneficiato di sostegni finanziari per meno di 150 milioni di euro: ciò significa una media di 30.000 euro per start-up. E’ una cifra media davvero modesta, a mio avviso. La cifra non riflette tutto il supporto reale fornito ma è un segnale di debolezza del sistema finanziario o la difficoltà ad assumere e condividere “rischio d’impresa”.
C’è poi una grande concentrazione di start-up nel mondo digitale e nel mondo delle “app” per smart phone e tablet. Non si vedono molte proposte per innovazioni radicali nei campi industriali ad alto fatturato e/o export. Non c’è un monitoraggio efficace nei due-tre anni successivi per cercare di capire se e come queste micro aziende si sviluppino.
Per contro la percezione è che ci sia un grandissimo “capitale di energie” con forti basi tecnologiche e buone intuizioni delle esigenze di mercato.
Quali sono i fattori mancanti e quali dovremmo sviluppare nel 2016? Ci può aiutare in questa analisi lo studio di Accenture, commissionato da aziende del G20, che individua il “viaggio nell’open innovation” in corso e previsto per il prossimo futuro.
Qui la tavola clou per “intuire” i fenomeni più significativi:
Posso riassumere i messaggi:
ieri ed oggi:
- le grandi aziende fanno scouting ed acquisto di start-up come parte di una nuova politica d’innovazione, che ha anche lo scopo di ridurre/contenere i rischi sulle nuove tecnologie;
- le grandi aziende e le università creano incubatori ed acceleratori per sostenere e complementare le competenze necessarie per far crescere velocemente una start-up;
oggi e domani:
- le aziende più “aperte” avviano progetti di “joint innovation” con le start-up su temi comuni;
- nel futuro le aziende “di frontiera” co-svilupperanno eco-sistemi d’innovazione attraverso un approccio “open innovation”, per facilitare la collaborazione interdisciplinare e globale;
In quale direzione e con quali azioni dovremmo procedere?
Vedo tre scelte strategiche per il nostro Paese su questo tema “innovazione e start-up”:
- investimenti di capitale di rischio “10 X”: dobbiamo aumentare di un ordine di grandezza l’investimento per le start-up più “convincenti”;
- un “premio” per le proposte di internazionalizzazione; dovremmo favorire le proposte che si pongono su mercati ampi ed internazionali; l’economia interna italiana non fa crescere i germogli con i fertilizzanti biologici adatti !;
- “open Innovation” davvero in tutte le Regioni italiane, aprendo varchi nelle politiche regionali autarchiche di oggi, ove vengono privilegiate e finanziate solo le iniziative locali, cioè quelle che si fanno al 100% in casa, nel proprio territorio.