Anonimo (anno 1951) - Hospital room - Tempera
La cronicità in Italia e in Lombardia
di Elio Marmondi
Nonostante l’aspettativa di vita e quindi l’età media siano negli ultimi decenni in continuo aumento e le nascite a crescita zero (questo il dato diffuso dall’ISTAT proprio la scorsa settimana) c’è un dato, forse destinato a non influire tanto sulla cronicità in se stessa quanto sulla sua prevenzione; dato questo che è destinato a far discutere chi gestisce la sanità nel nostro Paese: il dato in controtendenza è quello dell’aspettativa di vita, che non aumenta più.
Nel 2015 la speranza di vita alla nascita era di 80,1 anni per gli uomini e di 84,7 per le donne (dati Istat più recenti). Nel 2014 però era più alta: 80,3 per gli uomini e 85 per le donne. Diminuzione non rilevante, certo, ma è un’inversione di tendenza, ed è la prima volta. Oltre a questo dato, che non fa ben sperare, c’è poi la questione delle campagne di prevenzione e degli screening, che non si riescono ad attuare per mancanza di risorse economiche e che alla salute della popolazione sono ovviamente correlati.
L’Istituto Superiore di Sanità, in una recente conferenza stampa, ha affermato che l’Italia è l’ultimo Paese del continente a investire in prevenzione, a cominciare dalle vaccinazioni. “E poi ci sono gli screening oncologici, mai partiti o che funzionano a macchia di leopardo, soprattutto per le donne. Ed è preoccupante che per la prima volta l’aspettativa di vita stia diminuendo. Oggi i cittadini di Campania e Sicilia hanno un’aspettativa di quattro anni in meno di vita rispetto a chi vive nelle Marche o in Trentino. Abbiamo perso in 15 anni i vantaggi acquisiti in quaranta. E se è vero che l’Italia ha uno dei migliori sistemi sanitari al mondo, questo vale però solo per una minoranza d’italiani.”
Al di là di queste considerazioni sta il fatto che, a tutt’oggi, l’Italia è il Paese più “vecchio” d’’Europa con i problemi che ciò comporta: all’1 gennaio 2015 ci sono 157,7 anziani ogni 100 giovani e 55,1 persone in età non lavorativa ogni 100 in età lavorativa, valori in continua ascesa negli ultimi anni.
Che la cronicità rappresenti il problema degli anni 2000 in sanità è suffragato da alcune considerazioni di fondo:
o Il progressivo innalzamento della vita media dell’essere umano ha evidenziato patologie che prima esistevano, ma in consistenza del tutto modesta a discapito di altre che prima avevano una decisa rilevanza (basti pensare al ruolo della patologia infettiva che tanta parte ha avuto negli anni, se non secoli scorsi).
o Lo stile di vita delle popolazioni di cultura occidentale è variato in termini di quantità (per quanto concerne l’obesità) e di qualità della alimentazione: la cosiddetta piramide alimentare, che consiste nella evidenziazione di quegli alimenti da privilegiare (frutta e verdura) rispetto a quelli da contenere (carboidrati e grassi), viene quasi ignorata.
o La sedentarietà è purtroppo un elemento sempre più rilevante nella nostra vita, a discapito del moto che tanta importanza riveste nella prevenzione.
o Paradossalmente hanno avuto un ruolo importante in tale contesto anche i progressi in campo medico-scientifico e farmaceutico
La Regione Lombardia ha di recente emanato una deliberazione della Giunta Regionale (la N°6164 del 30/01/2017 ) avente per oggetto: “GOVERNO DELLA DOMANDA: AVVIO DELLA PRESA IN CARICO DI PAZIENTI CRONICI E FRAGILI. DETERMINAZIONI IN ATTUAZIONE DELL'ART. 9 DELLA LEGGE N. 23/2015”.
Essa dà il “via libera” in Lombardia alla introduzione di un nuovo modello di presa in carico dei 3,5 milioni di pazienti lombardi affetti da cronicità.
Il modello stratifica la domanda di salute in cinque livelli di cui i primi tre riguardano i pazienti cronici con diversi gradi di complessità e prevede per 62 patologie croniche il percorso di cura a seconda del livello.
Si tratta di un modello fortemente innovativo perché, per la prima volta, si costruiscono dei percorsi strutturati di presa in carico. I pazienti cronici vengono divisi in base a distinti livelli di complessità o fragilità e per ogni patologia e livello è previsto un percorso ad hoc.
Viene introdotta la figura del Gestore che potrà essere un soggetto pubblico o privato che dovrà attivarsi per costruire una filiera con più soggetti che devono cooperare per soddisfare i bisogni dei pazienti.
Fino ad ora, fatta eccezione per i Creg sperimentali, la remunerazione era basata sulla singola prestazione mentre ora il costo è complessivo di tutti i servizi che servono per la presa in carico delle cronicità. Possiamo dire che questo modello rappresenta una fase successiva e più ampia di quella sperimentazione. È una specie di sublimazione dei Creg.
La tariffa per la presa in carico di un malato d’ipertensione di livello 3, la meno complessa e che è riservata in via esclusiva alla medicina generale (così come i livelli 4 e 5 N.d.R.), è di circa 270 euro solo per le attività ambulatoriali, cui va sommato un 8% in più che la Regione ha deciso di erogare per far fronte alle spese per l’attività organizzativa del nuovo modello.
Ai medici di medicina generale è riservato in via esclusiva il livello 3, quello più ampio che conta circa 1,9 ml di cronici monopatologici. Il medico di famiglia potrà partecipare anche ai bandi per la gestione della presa in carico dei casi più complessi.
Certo è chiaro che è opportuno parlare di quella quota di medici di medicina generale che già opera in rete in quanto, ovviamente, la medicina generale di base costituisce elemento strategico del sistema.
Il modello non prevede più prenotazioni di visite mediche o ricerche dei luoghi di cura. E’ prevista una vera presa in carico del paziente che sarà seguito ed accompagnato passo dopo passo dal gestore nell’attuazione del suo piano assistenziale personalizzato.
In buona sostanza la DGR prevede, per la cronicità, 3 livelli:
- Quello di base è il livello n° 3 che comprende la cronicità in fase iniziale, prevalentemente mono-patologica e le fragilità socio-sanitarie in fase iniziale che richiedono un numero medio-basso di accessi ambulatoriali integrati e/o domiciliari.
Modalità organizzative: garanzia di percorsi ambulatoriali riservati e di favore con controllo e promozione dell’aderenza terapeutica.
Pertinenza: Territorio, avendosi, in particolare, l’esaltazione del ruolo del MMG (medico di medina generale).
Utenti previsti:1.900.000
- Il livello intermedio è il n° 2 e comprende: la cronicità poli-patologica con bisogni prevalentemente extra ospedalieri ad alta richiesta di accessi ambulatoriali integrati e fragilità socio-sanitarie di grado moderato.
Modalità organizzative: coordinamento e promozione del percorso di terapia di natura farmacologica o di supporto psico-educativo con gestione proattiva del follow-up essendo previsti più accessi/anno.
Pertinenza: Struttura erogatrice e MMG, strutture sanitarie e socio-sanitarie e MMG in associazione.
Utenti previsti:1.300.000
- Il livello di alta complessità è il n° 1 che comprende le fragilità cliniche e/o funzionali con bisogni prevalenti di tipo ospedaliero, residenziale, assistenziale a domicilio.
Modalità organizzative: integrazione dei percorsi nelle fasi ospedale/ domicilio/ riabilitazione/ servizio socio-sanitario.
- Struttura erogatrice, strutture sanitarie e socio-sanitarie.
Utenti previsti: 150.000
Ruolo fondamentale in tutto il nuovo sistema sarà rivestito dalle ATS che avranno il compito di verifica, monitoraggio e di risolvere gli eventuali problemi.
Come è possibile evidenziare sia il numero di pazienti cronici previsti in accesso (circa 3.350.000 di individui) sia il numero di patologie osservate (62) ci danno immediatamente le dimensioni del fenomeno cronicità in Regione Lombardia, che indubbiamente la riforma “Maroni” approvata con legge regionale 11 agosto 2015, n°23 aveva saputo bene interpretare. Ora occorre con la massima celerità, se non urgenza, rimuoverne gli ostacoli attuativi. Certamente a ciò non contribuisce l’atteggiamento nei confronti della DGR da parte dei Medici di Medicina Generale che hanno reso pubblica la loro posizione: I medici di base in allarme: "Così si distrugge la medicina di famiglia", evidenziando un atteggiamento retrogrado se non corporativo.