Un manoscritto del XV secolo raffigura Marco Polo che parte da Venezia per l'Oriente nel 1271
La Via della Seta arriva in Italia
di Bruno Lamborghini
La visita del Presidente cinese Xi Jinping in Italia e la firma del Memorandum della Via della Seta tra Cina e Italia sono parte del preciso obiettivo della strategia di espansione della Cina verso l’Europa.
C’è una Via della Seta continentale che partendo dalla Cina tende ad arrivare al centro dell’Europa, investendo in infrastrutture e commercio nei paesi ex Unione Sovietica e altri che attraversa e c’è una Via della Seta via mare che è partita dall’acquisto del Pireo in Grecia, ma che punta ora all’Italia ed ai suoi porti di Genova, Savona, Trieste e Venezia, quali basi per raggiungere l’intera area europea.
L’Italia rappresenta quindi un obiettivo fondamentale come punto nodale dell’espansione cinese verso l’Europa ed anche verso la sponda africana del Mediterraneo. E l’Italia è prescelta, non solo per la sua posizione geografica, ma anche per la sua relativa debolezza politica ed economica, rispetto ad altri paesi.
Non vi è dubbio che le infrastrutture logistiche e di trasporto merci dell’Italia verso l’Europa centrale rappresentano gravi carenze, tuttavia è pensabile che, se la Cina intende investire nei porti italiani, avrà intenzione di fare anche investimenti infrastrutturali nei porti in cui opererà e nel collegamento ferroviario tra i porti e il centro dell’Europa.
Seguendo tale obiettivo, Genova e Trieste potranno forse disporre di nuove strutture logistiche e di trasporto ferroviario verso il Nord con effetti positivi in termini di investimenti e occupazione per alcune regioni italiane, superando forse le assurde remore burocratiche e demagogiche che bloccano gli investimenti infrastrutturali italiani.
Si pensi come anche la Tav, tra Torino e Lione, potrà partire definitivamente ed avere una più evidente utilità di traffico nei trasporti merci da Genova verso Francia e Spagna.
Questo ruolo che la Cina appare dare all’Italia, quale suo avamposto verso l’Europa, preoccupa la Germania che già è in crisi per la riduzione del suo export verso la Cina, soprattutto del settore automobilistico, in contemporanea con la minaccia di dazi da parte di Trump per le auto tedesche esportate in America.
La Germania, in cui l’export ha raggiunto il livello anomalo del 50% del PIL, deve affrontare necessariamente, se non vuole entrare in una recessione strutturale, una profonda riconversione da una economia basata sull’esportazione ad una economia trainata dalla domanda interna, ora relativamente debole.
Non vi è dubbio che l’avanzata del commercio cinese in Europa è un fattore di preoccupazione per i tedeschi, come per le altre economie europee.
Trump che vede con ancora maggiore preoccupazione l’espansione cinese non solo nel commercio dei prodotti, ma soprattutto nella rapida conquista della leadership tecnologica da parte cinese a danno della tradizionale leadership americana, sta introducendo ogni giorno minacce e misure contro l’avanzata cinese, considerando la Cina come il peggiore nemico dell’America.
E cerca di opporsi anche ai possibili accordi tra Cina ed Italia quale entry point in Europa, avendo chiaro il rischio di perdere l’Europa, quale principale mercato per le aziende USA, soprattutto quelle tecnologhe e digitali, come Apple e Google.
Il blocco di Huawei (addirittura con l’arresto della Vicepresidente della società in Canada) che Trump cerca di imporre anche in Europa è un chiaro segnale del nervosismo americano verso la conquista tecnologica cinese.
La tecnologia 5G nelle telecomunicazioni che guiderà il trend tecnologico è al centro di questa guerra industriale e certamente l’Europa rappresenta per la Cina un obiettivo strategico per la diffusione di questa tecnologia come di tante altre tecnologie quale gli sviluppi dell’intelligenza artificiale e della robotica, ma anche le applicazioni più avanzate dei servizi digitali.
La questione a cui non sembra si sia ancora in grado in Italia di dare risposta, al di là dei Memorandum di facciata, è quale è il ruolo che intende avere l’Italia in questo contesto, un ruolo di rifiuto o di dipendenza passiva verso l’avanzata cinese, oppure un ruolo attivo di partnership con i cinesi per favorire investimenti in infrastrutture, tecnologie e nuovi skill e cogliere le opportunità di crescita e innovazione.