Ovvietà di fine anno 2015 (quasi una copia della nota dello scorso anno).
Mi è venuta la tentazione di farvi uno scherzetto: riproporvi la mia nota di un anno fa semplicemente cambiando la data: ci sareste cascati tutti prendendo per attuale quello che scrivevo a fine 2014. ( Questo anche per la limitatezza delle mie idee, arteriosclerosi,…)
Di fatto, nel nostro paese, è cambiato ben poco ma almeno il segno è positivo.
Infatti la variazione del PIL è finalmente diventata positiva, c’è un ripresina piccola piccola ma la cosa importante è che si è “cambiato direzione”.
Merito in parte di fenomeni esogeni e non controllati da noi.
Abbiamo avuto anche una certa fortuna: turismo favorito dalle disgrazie altrui, vendita di rottami di aziende ( una per tutte: Alitalia). Da ricordare anche l’EXPO e i suoi civilissimi visitatori.
Non abbiamo però minimamente sfruttato la buona situazione (energia, tassi, commercio internazionale,..) per fare un minimo di riformicchie: spending review, riforme tasse, PA, debito pubblico , … sono rimaste al palo o meglio messe in congelatore.
Anzi stiamo facendo una battaglia per “sforare”: in altre parole per indebitarci ancora di più!
Il 2016 andrà, mi sembra, ancora un poco meglio del 2015 e arriveremo ad un incremento del PIL non da “prefisso teleselettivo”.
Anche nel 2016 avremmo condizioni ideali per fare interventi strutturali: riduzione del debito, spostare tasse dalle persone e imprese alle cose, qualche vera infrastruttura,… ma temo che non coglieremo l’occasione.
E quando, prima o poi, il vento esterno calerà ci troveremo come prima.
Guardando all’anno trascorso si vede del gran grigio (smog ovviamente) ma anche qualche buon segno: l’Italia sta acquisendo una certa attrattività non solo per l’acquisto di nostre imprese ma perfino per nuove significative installazioni.
Vicino a me tre multinazionali stanno costruendo, da zero, tre importanti insediamenti industriali.
Lamborghini, Philips Morris e la ben poco conosciuta TOPCON occuperanno 500 persone ciascuna nel giro di poco tempo.
Merito del job act, di incentivi regionali, dei nostri “cervelli”? L’importante è che siano arrivate !
E’ la controprova che il nostro paese è basato sul “lavoro industriale” e che questo andrebbe incentivato per quanto possibile: è ancora l’industria ed il suo export che ci dà da mangiare.
Nel breve non c’è che puntare sulla “vecchia” economia industriale dove manteniamo una buona posizione ( vedi Fortis)
Nel lungo temo che questo modello diciamo “tedesco” tenda ad esaurirsi.
Guardate questa figura: rappresenta l’andamento del PIL in Emilia Romagna dal 1980 ad oggi: ha l’aspetto della curva logistica: una sua estrapolazione per gli anni venturi non incute certo ottimismo. Un anno fa dicevo “sumo panà”, siamo fritti: è ancora vero !
In mancanza di ogni alternativa reale ( vi ricordate la new economy ? oggi start up, spinn off universitari,…) non ci resta che ottimizzare, fin che dura, il modello attuale ancora tenuto in piedi dall’export delle industrie .
A proposito di industrie “c’era una volta” ho scritto un mio amarcord, come e-book, reperibile su Amazon intitolato:
ANNI 70: UN CASO DI INNOVAZIONE E DI VITA ALLA OLIVETTI magari vi interessa.
Grazie dell’attenzione, saluti ed auguri.