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La criminalità ambientale in Italia
di Vincenzo Rampolla
Legambiente ha presentato il nuovo Rapporto Ecomafia 2024. Storie e numeri della criminalità ambientale in Italia, 30ª edizione, pari ai 30 anni dedicati a puntare gli occhi su un fenomeno pesantemente sottovalutato. Il contesto italiano dei reati ambientali è in notevole peggioramento rispetto all’analisi fatta dall’Associazione ambientalista nel 2023. Secondo il Rapporto, è fortissima la crescita delle persone denunciate, dei reati e dei sequestri. Scarsi, molto scarsi gli arresti.
CEMENTO |
RIFIUTI |
ANIMALI |
AGROMAFIA |
INCENDI |
ARCHEOMAFIA |
Totale |
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13.008 |
9.309 |
6.581 |
45.109 |
3.691 |
642 |
78.340 |
Reati |
14.500 |
10.708 |
5.391 |
39.185 |
469 |
----- |
70.253 |
Denunce |
16 |
247 |
19 |
97 |
29 |
----- |
408 |
Arresti |
1.769 |
2.900 |
1.977 |
13.722 |
69 |
----- |
20.437 |
Sequestri |
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Tra gli illeciti, continua a salire la pressione del ciclo illegale del cemento (+6,5% rispetto al 2023), confermato sempre al primo posto tra i reati ambientali; a preoccupare è soprattutto l’impennata degli illeciti penali nel ciclo dei rifiuti (+ 66,1%) che salgono al secondo posto. Al terzo posto si piazza la filiera degli illeciti contro gli animali e molto forte la diffusione degli incendi dolosi, colposi e generici. Crescono anche i numeri dell’aggressione al patrimonio culturale (+58,9% rispetto al 2022) e inquietante è l’impennata degli illeciti nelle filiere agroalimentari (+ 9,1%),
a cominciare dal caporalato. Infine, sono stati censiti 378 clan mafiosi.
A livello regionale la massima concentrazione dei reati si riscontra al Sud, in particolare in Campania (4.952 reati, 14% del totale nazionale), Sicilia (sale di una posizione rispetto al 2022, con 3.922 reati, +35%), Puglia (3.643 illeciti penali, +19,2% rispetto al 2022) e Calabria (2.912 reati, +31,4%). Si tratta di regioni a tradizionale presenza mafiosa. La Toscana sale dal 7° al 5° posto, seguita dal Lazio. Balza dal 15° al 7° posto la Sardegna. Tra le regioni del Nord Italia, la Lombardia si conferma al 1° posto.
A livello provinciale primeggia Napoli, con 1.494 reati, seguita da Avellino che nel 2023 ha registrato un incremento del 72,9% rispetto al 2022 e un totale di 1.203 reati. La provincia del Nord in cui si commettono più reati ambientali è Venezia (662).
Rifiuti.
Il ciclo illegale dei rifiuti evidenzia alcuni reati tra i più pericolosi e redditizi commessi dalla criminalità ambientale. I rifiuti vengono infatti trattati in maniera irregolare invece di essere gestiti secondo le norme, cioè nel rispetto dell’ambiente e della salute pubblica. Causano gravi rischi per gli ecosistemi: avvelenano l’aria, contaminano le falde acquifere e inquinano i fiumi e le coltivazioni agricole. Le reti ecocriminali attive in questo settore sono molto articolate, di solito ne fanno parte imprenditori e manager d’azienda, broker, faccendieri, amministratori locali e tecnici corrotti. Una sorta di Rifiuti Spa che conta su pratiche collaudate di frode e evasione fiscale, attiva su tutto il territorio nazionale.
Le mafie hanno storicamente un ruolo decisivo, anche se non sempre risultano coinvolte, trattandosi di una forma di criminalità tipicamente economica, quindi commessa da operatori del settore. I reati avvengono in ogni fase del ciclo, dalla produzione al trasporto, fino allo smaltimento e al finto recupero. Spesso riguardano le dichiarazioni sulla quantità o tipologia di rifiuti da smaltire: è la classica truffa del noto giro bolla, che falsifica la classificazione del rifiuto nei documenti d’accompagnamento. Particolarmente esposti a attività di smaltimento e traffici illeciti sono: pneumatici fuori uso (PFU), gas refrigeranti (F-Gas) e rifiuti generati dalle apparecchiature elettriche e elettroniche (RAEE). L’Italia è anche il crocevia di traffici internazionali di rifiuti pericolosi e materie radioattive provenienti da altri Paesi e destinati a raggiungere, per esempio via mare a bordo delle navi dei veleni, le coste dell’Africa e dei Paesi asiatici. Sui traffici illegali verso la Somalia si ricorda nel 1994 l’inchiesta della giornalista Rai Ilaria Alpi, uccisa a Mogadiscio con l’operatore Miran Hrovatin.
Animali.
Orsi, lupi, aquile reali, volpi, fringuelli e cardellini, cervi, tonni, pesci spada e molti altri, compresi tutti gli animali domestici o esotici detenuti come pet, compongono la lunga la lista di specie animali d’Italia, oggetti di crimini e traffici illeciti. Attività che di anno in anno si piazza ai primi posti nella classifica italiana dell’ecomafia. Il settore trae profitto dall’organizzazione, gestione e controllo di attività illegali che hanno al centro lo sfruttamento degli animali selvatici e domestici, fenomeno diffuso dal Nord al Sud, isole comprese, per un giro d’affari stimato in €3Mld/anno.
Intorno al lucro sugli animali nascono associazioni a delinquere per gestire traffici di cani e gatti con finti pedigree, vendere animali esotici corredati di certificati falsi, sfruttare ogni modalità per fare bracconaggio e contrabbando di fauna selvatica, organizzare anche scommesse illegali su corse clandestine di cavalli e combattimenti fra cani, commerciare il pescato illegale (pesci, cetacei, tartarughe, molluschi, ecc.) e realizzare infine macellazione clandestina e furti di bestiame. Alla violenza sugli animali e alla piaga del profitto, l’illegalità sugli animali produce anche un forte danno alla biodiversità e un inarrestabile rischio di tipo sanitario.
Agromafie
Le attività illecite nella filiera agroalimentare vanno dalle tradizionali attività in agricoltura e in allevamento, come le truffe per ottenere finanziamenti pubblici, false certificazioni, finti marchi di qualità o l’abuso di pesticidi, alla piaga sociale del caporalato, al trasporto della merce, ai mercati ortofrutticoli all’ingrosso, fino alla vendita dei prodotti sui banchi dei supermercati e al business legato alla ristorazione. Sono migliaia i produttori che subiscono il controllo delle cosche, attraverso minacce, soprusi e estorsioni, soprattutto nelle regioni del Sud. Nel mondo rurale vige ancora molto forte l’omertà rispetto a questi tipi di illegalità, ben confermati dal silenzio sull’abigeato.
Le famiglie criminali hanno da tempo le mani sui mercati ortofrutticoli più importanti del Paese. Numerose inchieste hanno smascherato la presenza di ‘ndrine, camorristi e mafia all’interno dei grandi mercati di Milano, del MOF di Fondi (Latina), di Vittoria (Torino) e delle regioni del Sud, dove i boss comandano indisturbati. La presenza criminale è forte anche nella commercializzazione di alcune produzioni tipiche pregiate, dall’olio di oliva, al parmigiano reggiano e alla mozzarella di bufala e dal pomodoro al vino, spesso utilizzando l’imbroglio del falso Made in Italy o del cosiddetto Italian sounding per accaparrarsi importanti fette del mercato internazionale.
Archeomafia.
L’aggressione al patrimonio culturale, ovvero scavi clandestini e razzie nei siti archeologici, furti e traffico di opere d’arte, rappresenta il business primario delle organizzazioni criminali che operano nel lucroso settore dei beni culturali. È anche un’occasione unica per riciclare denaro e per utilizzare i beni trafugati come moneta di scambio per partite di droga e armi e come strumento di ricatto nei confronti dello Stato. Le sorgenti della catena dell’archeomafia sono date dai tombaroli, ladri che saccheggiano i siti, rubano vasi, anfore, statuine, monete e frammenti preziosi.
Le opere non passano mai direttamente dalle mani dei tombaroli a quelle dei destinatari ma attraverso una serie di intermediari, commercianti d'arte (Giacomo Medici, Robin Symes, Chrìstos Michailidis e altri) e vendite all'asta, che smerciano poi i pezzi sul mercato clandestino in modo da far perdere le tracce della provenienza illegale e tutti gli operatori coinvolti in questo circuito ne conoscono le fonti. Si contano oggi tesori recuperati per €120M e falsi per €454M. A livello internazionale, allarmante l’esempio del Getty Museum di NY che possiede 44.000 opere classificate di origine sconosciuta, provenienti da Italia, Grecia e Paesi mediterranei.
Cemento.
Esiste un’Italia fondata sul mattone illecito. È quella dell’abusivismo edilizio, una piaga che, tra costruzioni ex novo e ampliamenti importanti, ogni anno produce migliaia di case. È un fenomeno che devasta il patrimonio del Paese, con costruzioni che spesso rimangono allo stato incompiuto di scheletri, villette e alberghi che privatizzano intere porzioni di spiaggia, sorgono ai bordi dei letti dei fiumi o in aree a rischio idrogeologico. Tutto ciò si fonde con le cave fuorilegge, la movimentazione terra, il calcestruzzo e le imprese dei clan. Il ciclo illegale del cemento non è solo costruire dove non si può, ma è fatto anche di appalti truccati, di opere dai costi esorbitanti per alimentare giri di tangenti, corruzione e speculazioni immobiliari con documenti falsificati.
La distinzione tra l’operato delle famiglie mafiose tradizionali e quello dei sodalizi criminali tra grandi imprese e mala politica si è ormai disciolto, se non scomparso: gli interessi si saldano e dal malaffare del cemento ce n’è per tutti. Una casa abusiva può costare anche la metà di una costruzione in regola, basti pensare che tutta la filiera ha un prezzo ridotto: i materiali acquistati in nero, la manodopera pagata in nero e zero le spese per la sicurezza del cantiere. All’abusivismo edilizio Legambiente ha dedicato Abbatti abuso, una campagna permanente che ha l’obiettivo di liberare il Paese dalla piaga delle case illegali.
Incendi.
Le cause naturali di un incendio boschivo sono rarissime. A provocare il fuoco, non basta da sola la vegetazione, enorme quantità di combustibile e l’aria, il comburente. Nel bosco ciò che manca è il calore richiesto per far scattare una reazione chimica a catena. Per questo i roghi, quando non dipendono da mancanza di responsabilità o distrazione, nella maggior parte sono tutti dolosi, ossia appiccati con l’intenzione di distruggere le piante. Solo in parte gli incendi si spiegano con la tradizione agropastorale, che considera il fuoco un mezzo per procurarsi nuovo pascolo o, nel caso dei contadini, per rigenerare la fertilità del terreno. Negli altri casi, l’incendio doloso si lega a interessi speculativi legati all’edilizia; addirittura in alcune regioni il numero di incendi crea o conferma assunzioni di operai forestali precari e di frequente accade che ad accendere un rogo sia proprio chi era stato pagato per spegnerlo.
Gli strumenti principali per frenare la devastazione delle aree protette restano in ogni caso l’applicazione di leggi per evitare la speculazione sulle aree incendiate, il rafforzamento dei divieti e l’istituzione del catasto regionale delle aree devastate dal fuoco.
(consultazione: rapporto annuale lega ambiente ecomafia f2024 - rossella ceccarini; sole24ore; corsera)