Riflessioni sul lavoro
di Gianni Di Quattro
Il dibattito sul lavoro ha raggiunto nel nostro paese livelli molto alti, tutte le forze politiche, i sindacati, i cosiddetti opinionisti ne parlano ed ognuno vede il problema attraverso un diaframma che può essere ideologico, di interesse, di incoscienza, di ignoranza o di qualsiasi altra cosa. Vuol dire che nessuno o pochi riescono a vedere e raccontare questo problema fondamentale per il futuro del paese nel modo più obbiettivo e con la conoscenza delle tendenze che nel mondo si stanno manifestando. Nessuno riesce a vedere la realtà ed a costruire su di essa davvero teorie e soluzioni.
I temi principali su cui gli scontri si moltiplicano sono i salari, il precariato, i sussidi per le imprese che assumono, altre politiche per favorire le donne, i disabili. Sono quasi dimenticati i giovani e certamente gli anziani.
Il dibattito è aspro tra la sinistra e la destra, i primi vogliono il salario minimo, i secondi sono per la riduzione del cuneo fiscale. I sindacati al solito chiedono tutto perché siccome lo chiedono genericamente sanno che non otterranno quello che chiedono.
Nessuno parla, affronta seriamente il vero problema del lavoro. È cioè, la preparazione dei lavoratori e degli aspiranti lavoratori e in modo generale la mancanza di forza lavoro soprattutto per certe categorie.
Nessuno dice che bisogna ristrutturare i piani scolastici, promuovere le iscrizioni dei giovani alle facoltà tecnico scientifiche, fare un piano nazionale per la formazione dei lavoratori attuali, programmare un piano di incentivi, anche fiscali, per le aziende che investono nella formazione, fare un piano specifico di formazione e di integrazione per i lavoratori immigrati. In altri termini, mettere il paese nella scia delle tendenze internazionali che arrivano e che si moltiplicheranno in un futuro abbastanza vicino e cioè acquisire conoscenze per essere competitivo, potere rispondere a come sarà il lavoro ed a come già comincia ad essere. Il lavoro sarà condizionato dalle tecnologie, dalla evoluzione dei mercati, dalle nuove forme di globalizzazione che sostituiranno quella vecchia ormai decaduta, dalla produttività come criterio base per lo sviluppo e per la remunerazione dei lavoratori e di tutta la società.
Siamo gli ultimi in Europa nel numero dei laureati e dei diplomati, nelle prime 50 università del mondo ce ne è solo una italiana, il Politecnico di Milano, i migliori laureati cercano all’estero opportunità, non ci sono politiche per favorire gli studi ed il merito come in quasi tutti gli altri paesi europei e non solo. Insomma, non si fa niente per favorire la conoscenza e di conseguenza il lavoro, non rispettando nemmeno il dettato della nostra Costituzione in merito.
È incredibile come le forze politiche, i sindacati, magari sotto la spinta di gruppi economici e di intellettuali non riescano a capire questo problema e continuino a non affrontarlo. Non riescano a capire che questo è il futuro del paese.