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Voltaire

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Consiglio Europeo ed Immigrazione: quali le ricadute economiche per l’eurozona?

In questi giorni a Bruxelles i capi di Governo del Vecchio Continente affronteranno il tema della crisi migratoria, problema che da quasi un anno divide l'opinione pubblica e la stessa Unione. Fra le proposte spiccano un coinvolgimento importante della Turchia, regole per i visti ed il transito di immigrati, oltre alla creazione di zone umanitarie e l’aiuto alla Grecia per gestire l’emergenza e proteggere i confini. Comunque si decida di gestirla, questa sfida non si esaurirà in tempi brevi e cambierà profondamente l'Europa. Che impatto avrà dunque questo flusso migratorio sulle nostre economie? Action Institute prova a dare una risposta.

 

La storia insegna come gli effetti dell’immigrazione su un sistema sociale ed economico possano rivelarsi assai proficui. Quando gli Ugonotti erano considerati fuorilegge nella Francia di Luigi XIV, a cavallo tra ‘600 e ‘700, in migliaia fuggirono in altri paesi europei. Hornung nel 2014 ha esaminato l’impatto di tale migrazione di massa sulla produttività delle economie ospiti, evidenziando ad esempio come in Prussia ci fossero stati benefici per il settore manifatturiero tessile, ambito in cui i francesi immigrati avevano competenze specifiche. Un aumento di 1 punto percentuale della quota di Ugonotti presso la popolazione generò infatti un aumento di 1,4 punti nella produttività di tale comparto. Per arrivare a tempi più recenti, quando tra 1930 e 1944 più di 133.000 ebrei tedeschi trovavano rifugio negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni naziste, si stima che avessero determinato un incremento del 71% dei brevetti locali.

Tali esempi riguardano migrazioni di persone qualificate, ma uno studio condotto da Rachel Harris suggerisce come la capacità di innovazione delle economie ospitanti possa crescere anche in caso di immigrati non qualificati: quando nel 1980 avvenne l’Esodo di Mariel, un’ondata migratoria in Florida di cubani scarsamente qualificati e con un basso livello di inglese, vi fu un aumento di brevetti negli ambiti tecnologici con basse barriere all’entrata. Rachel Harris suggerisce che la ragione di ciò risiedesse nel fatto che singoli inventori avessero avuto accesso ad una grande quantità di lavoratori sì poco qualificati, ma in grado di svolgere lavori manuali e domestici e permettere quindi loro di dedicare più tempo alle innovazioni.

Nel 2015 l’afflusso di rifugiati extracomunitari in Europa è stato superiore ad un milione, cifra senza precedenti nella storia. Gli immigrati sono mediamente assai più giovani rispetto alle popolazioni nazionali, ad esempio quella tedesca, e ciò per un paese alle prese con problemi di invecchiamento demografico come la Germania è una buona notizia. Le autorità tedesche hanno stimato fino ad 800.000 richiedenti asilo nel 2015, un valore che potrebbe essere troppo alto ma che comunque rappresenterebbe circa l’1% della popolazione della Germania.

Secondo stime di RWI Essen, i rifugiati sono costati allo Stato tedesco circa 10 miliardi di euro nel 2015, ma il valore dovrebbe risultare ancora più alto nel 2016. Tali valutazioni appaiono simili a quelle effettuate dal governo tedesco, secondo cui un rifugiato costa mediamente 12.000 euro l’anno. Wolfgang Schauble, ministro delle Finanze tedesco, sostiene che i costi immediati di gestione dei profughi siano gestibili, inoltre la ricerca ha documentato che gli stranieri che vivono in Germania pagano di più allo Stato rispetto a quanto ricevono in termini di prestazioni sociali. Ciò non può che implicare benefici a lungo termine per le finanze pubbliche, ad esempio circa la sostenibilità delle pensioni. È evidente che però tali benefici dipendano anche dal livello di integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro europeo.

L’industria tedesca a questo proposito ha domandato modifiche legali per facilitare l’integrazione di lavoratori stranieri che portino competenze specifiche: una delle richieste concerne il loro diritto di occupare posizioni di apprendistato, in modo da affinare o aggiornare tali competenze. La Germania ha fama di essere restrittiva in materia di immigrati, ma l’apertura del mercato del lavoro fornirebbe una spinta alla sua economia: nuovi occupati implicherebbero nuovi investimenti ed anche nuove abitazioni, beneficiando il settore edile. Ciò, unito al tasso di risparmio più basso che evidenziano gli stranieri, farebbe aumentare la domanda e quindi la crescita economica, con conseguenze positive a catena anche nei paesi vicini.

(Cliccate per continuare la lettura su Action Institute.org)
 

Autore: Daniele Bucello

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Inserito il:17/03/2016 18:05:10
Ultimo aggiornamento:06/04/2016 10:15:47
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