Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Caro Jost ( Munich, 1965 - New York) – Invoice painting (2016) – Stampa digitale su tela

 

Fatturazione elettronica: opportunità o minaccia?

di Ruggero Cerizza

 

Quest’anno ho dovuto impiegare una significativa parte del mio tempo e quello dei miei più stretti collaboratori, rubandolo alle operazioni attive, quelle, cioè, destinate allo sviluppo dell’azienda, per:

  • adeguarmi al “nuovo spesometro light” (sic!) testè introdotto,
  • per adeguarmi alla nuova normativa GDPR sulla privacy (sebbene a me, piccolo imprenditore “old style”, non è mai venuto neppure in mente di usare i dati dei miei Clienti, Fornitori e Dipendenti per fini diversi dalla gestione amministrativa dei correnti rapporti contrattuali) ,
  • per adeguare il sistema di qualità alla nuova norma ISO 9000 2015 (altrimenti mi tolgono la corrente certificazione, ma chi l’ha stabilito?),
  • per analizzare il decreto 231 sul codice etico (richiesto dai miei Grandi Clienti che già ce l’hanno e sistematicamente lo disattendono, come si legge quotidianamente sui giornali),

oltre ovviamente a gestire tutte le innumerevoli incombenze burocratico-fiscali giornaliere e confrontarmi con una “congiuntura economica” certo non favorevole.

Dopo tutto ciò, da tre mesi mi “sto triturando gli zebedei” (perdonate la trivialità, ma ogni altra locuzione sarebbe stata peggiore…) sul tema “fatturazione elettronica”.

Mi perdonerete se il mio intervento su questo tema non è particolarmente strutturato, ma ho sentito il bisogno di farvi parte delle elementari considerazioni di un imprenditore in trincea:

  1. perché se un soggetto economico è oggi uso a non emetter fattura cartacea dovrebbe da domani cominciare ad emettere quella elettronica? Non mi si venga a dire che in questo modo avremo la possibilità di detrarre “tutte le fatture”, perché dato il livello di incidenza delle imposte dirette ed indirette, una fornitura o una prestazione “in nero” costa meno della metà, ed è questo il vero stimolo all’evasione fiscale che andrebbe rimosso!

Una chiosa: le aziende che operano in un mercato B2B regolare non possono esimersi da emettere regolare fattura, altrimenti non incasserebbero il corrispettivo. Come al solito poiché lo Stato non è capace di scovare quelli che evadono (o non vuole), si diletta nel vessare tutti gli altri!

  1. ho provato ad utilizzare la modalità gratuita fornita dallo Stato nella sua emanazione di Agenzia delle Entrate e Riscossione, sfido qualsiasi medio imprenditore a districarsi nella “buromatica” ( la telematica interpretata dalla burocrazia “ideologicizzata”), per la mia piccola esperienza : è impossibile!

Quindi sono stato costretto a rivolgermi ad una azienda privata specialistica, la quale mi addebiterà dai 30 ai 50 centesimi a fattura, sia essa attiva che passiva ( quindi si fanno pagare sia dall’emittente che dal destinatario ) in funzione del numero di operazioni effettuate. Morale della favola: una bella tassa indiretta aggiuntiva sulla fatturazione! Ah, dimenticavo, ho dovuto, naturalmente, adeguare i miei applicativi gestionali: alè! altra tassa patrimoniale sull’attività di impresa!

  1. a differenza dello spesometro, la fatturazione elettronica richiede che oltre alla partita IVA del Cliente, al numero di fattura, alla data di emissione, all’imponibile e all’IVA addebitata, debba essere comunicato anche il “corpo della fattura”, nel quale sono indicati le quantità e gli importi unitari dei beni/servizi forniti: bene! se qualche impiegato infedele o qualche hacker appena, appena smaliziato, (hanno appena craccato la PEC) avesse accesso ai dati e decidesse di comunicarli ad un concorrente mio o del mio Cliente o del mio Fornitore, a chi chiederebbero il risarcimento del danno?

Ovviamente i dipendenti dello Stato Etico sono etici per osmosi e quindi non farebbero mai un uso fraudolento dei dati aggregati in loro possesso, o no?

  1. sono stato costretto ad introdurre la nuova normativa sulla privacy: dovrò chiedere ai miei Clienti e Fornitori un’autorizzazione preventiva ai sensi del GDPR? E se non dovessero essere d’accordo sull’”intermediario” che ho scelto? Devo rivolgermi ad un avvocato per tutelarmi sul fatto che l’”intermediario” non faccia uso illecito dei dati che sono “obbligato” a fornirgli? E se dovessi chiedere un adeguamento delle condizioni di fornitura del servizio, riuscirei da ottenerlo o tutti gli “intermediari” si sono già messi d’accordo per rimbalzarmi?

In conclusione, da “piccolo imprenditore in trincea”, mi domando spesso se la strategia dello Stato è quella di farmi desistere dall’attività di impresa, perché se fosse così ci stanno riuscendo!.

 

Inserito il:26/11/2018 17:32:34
Ultimo aggiornamento:26/11/2018 17:45:27
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