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Shale gas e shale oil (2) - Instabilità del fracking Usa e sicurezza energetica UE

di Vincenzo Rampolla

 

Quando è cominciata la produzione dello shale gas? In realtà lo shale gas si estrae fin dall’800, ma è stato all’inizio degli anni 2000 che è scoppiata una rivoluzione nella produzione: aumento del prezzo del gas e il successo produttivo del giacimento di Barnett Shale in Texas. Prima di allora il limite maggiore alla sua competitività era il costo, molto superiore al gas estratto in modo tradizionale. Il processo di fracking è noto e piuttosto semplice (frantumazione idraulica di un scisto (shale) roccia caratterizzata da una disposizione regolare dei componenti mineralogici, lamelle o fibre, in piani più o meno paralleli, facilmente sfaldabili). Si tratta di perforare un pozzo nella roccia scistosa, in una prima fase verticalmente, per una profondità tra 2.000-4.000 m, poi in una seconda fase orizzontalmente, iniettandovi una miscela di acqua (alcune tonnellate), sostanze chimiche (0,5%) e sabbia, ad altissima pressione, per frantumarla; la sabbia (in gergo proppant), si deposita nella roccia porosa, ne mantiene aperte le cavità in modo che il petrolio e il gas naturale possano fuoriuscire e essere raccolti dal pozzo.

Al di fuori degli Usa, lo sviluppo intensivo e diffuso di shale gas è tuttavia condizionato da alcuni fattori critici: l'impatto ambientale dei processi estrattivi, che richiedono la perforazione di numerosi pozzi; l'utilizzazione di notevoli quantitativi d'acqua; i rischi di inquinamento delle falde; l’interferenza con la sismicità locale (fattori di particolare rilievo nelle aree ad alta densità di popolazione, come in Europa); la maggiore incertezza rispetto alla durata del progetto minerario: le portate di gas da singolo pozzo diminuiscono dell'80% dopo 2 anni, sono relativamente basse a regime e lo sviluppo del giacimento richiede una continua attività di perforazione.

Dal 2009 ad oggi, il processo di fracking ha trasformato gli Usa nel più grande produttore di petrolio e gas naturale al mondo, rendendo il Paese ben agguerrito di fronte ai tipici isterismi dei mercati dell’energia. Secondo la EIA (Energy Information Administration), nel 2023 gli Usa hanno prodotto 12.9M b/g (milioni di barili al giorno), +5% rispetto al precedente massimo di 12.3 Mb/g registrato nel 2019, mentre la produzione di gas naturale è stata di circa 1.249 Gm³ annui, +4% nei confronti del precedente record toccato nel 2022. Più precisamente, in base ai dati EIA, la produzione di greggio Usa a ottobre 2008 è passata da un minimo di 4.7 Mb/g, a 11Mb/g a luglio 2020, fino al massimo di 13.3 Mb/g a dicembre 2023 (circa +1M b/g rispetto a dicembre 2022), favorita da lunghi periodi di prezzi elevati del barile, dall’aumento costante della domanda globale nonché dai continui miglioramenti tecnologici apportati dai frackers. Oggi il primo produttore di shale nel mondo sono gli Usa con 740 Mld m³ nel 2020 (fonte EIA) e lo shale rappresenta 85 % della produzione di gas naturale negli Usa. Tale ruolo dominante ha indotto gli Usa ad ampliare notevolmente la propria capacità di liquefazione, che è passata in breve tempo, dal 2015 al 2018, da un valore di meno di 5 M t/anno ad oltre 20 M. Nel 2020 tale capacità ha raggiunto i 60 Mt/anno.

In un primo momento, il fracking è stato utilizzato per l’estrazione del gas naturale, shale gas e solo in un secondo momento per quella del petrolio, shale oil, nonostante il primo venga tutt’ora considerato sottoprodotto del secondo, nella misura in cui la sua produzione in larga parte dipende, economicamente e in parte tecnicamente, da quella del petrolio. Ad oggi, il fracking contribuisce alla maggior parte dell’estrazione totale di petrolio (70%, circa) e gas naturale (80% circa) degli Usa, mantenendola negli Anni Settanta superiore ad ogni aspettativa, finché la produzione non ha iniziato a calare vistosamente fino al 2010.

Effetti di breve periodo. Al momento, qualsiasi cosa accada in Medio Oriente ha un effetto limitato sui prezzi del barile, perché gli operatori di mercato, oltre a ritenere meno probabile l’escalation militare nell’area, sono fiduciosi per la stabilità dell’offerta globale, in buona parte dovuta alla forte crescita registrata dalla produzione di shale oil Usa nel 2023. Tuttavia, poiché quest’ultima sta rallentando, la percezione della sufficienza dell’offerta globale è destinata a cambiare nel tempo e, con essa, i prezzi del barile.

Secondo quanto riportato da Oilprice ad aprile 2024: Il mese scorso, la produzione di petrolio nella zona di scisto potrebbe essere vicina al suo picco con la conseguente accelerazione dei cicli di declino dei pozzi di scisto e la sfilza di acquisizioni nel settore petrolifero. Le aziende si sono affrettate ad assicurarsi le scorte. In particolare, si prevede che, entro la fine del 2024, la produzione di greggio Usa sarà inferiore di 300.000 b/g rispetto al picco pre-pandemico, a causa del forte calo del numero degli impianti attivi registrato da inizio 2023 (-20%, poi stabilizzatosi negli ultimi 6 mesi). La stessa EIA, i cui dati hanno già registrato un primo temporaneo calo della produzione di greggio Usa, da 13.3 Mb/g a dicembre 2023, a 12.5 Mb/g a gennaio 2024, stima che la diminuzione della produzione Usa proseguirà nel II e III trimestre 2024, prima di entrare in un nuovo ciclo nel 2025. In base alle proiezioni divulgate a maggio 2024, le 605 trivelle attualmente attive negli Usa, di cui 499 (82,4%) petrolifere, 102 gasiere (16,7%), 4 miste (0,7%), risultano essere inferiori rispetto a quelle rilevate a marzo 2024, in calo di 143 unità rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.

Lo shale ha ridisegnato la mappa del petrolio mondiale in un modo che ha disturbato e penalizzato la maggior parte delle persone, ha dichiarato S&P Global al Financial Times a aprile, ha cambiato non solo l’equilibrio tra domanda e offerta, ma anche l’equilibrio geopolitico e quello psicologico. Il fatto che il barile venga attualmente scambiato tra gli 80-90 $/b, pesa sulla bolletta energetica dell’UE che, seppur in forte calo nel 2023 (anno su anno), sconta miseri tassi di crescita in tutte le economie dell’area. Secondo l’Energy Institute of Statistical Review di luglio 2023, nel 2022, il petrolio ha rappresentato la principale fonte utilizzata nel paniere energetico dell’UE, pari al 38% e dell’Italia (41%).

Effetti di lungo periodo. Negli ultimi 15 anni, con il fracking gli Usa hanno gradualmente azzerato la propria dipendenza energetica dall’estero, precedentemente oltre il 20%, sino a trasformare il Paese in esportatore netto di energia e soprattutto di prodotti raffinati. Va precisato che gli Usa importano anche – e in forte aumento dal 2020 – greggio di qualità differente dal proprio shale oil (tipicamente leggero in termini tecnici, legato al sistema di raffinazione statunitense con circa la metà dell’import proveniente dal Canada).

L’UE in particolare, dopo l’intervento militare della Federazione Russa in Ucraina (24 febbraio 2022), si è rifornita costantemente di flussi di gas naturale e petrolio Usa, la maggior parte dei quali estratti dalle formazioni di scisto che invece i Paesi europei avevano precedentemente bandito sul proprio territorio (a partire da Francia, Olanda, Danimarca e Bulgaria), non senza evidenti ragioni a partire dall’incremento dei fenomeni sismici sino alle forti emissioni nocive al clima.

Nello specifico, nel 2023, gli Usa hanno esportato circa 118,9 Gm³ di LNG (Liquefied Natural Gas) (+14,7% anno su anno), diventando il principale esportatore a livello globale (seguono Australia e Qatar). Contemporaneamente l’UE (con la Turchia) ha rappresentato la principale destinazione dell’export Usa (66%, pari a circa 81,2 Gm³, seguono l’Asia con il 26%, America Latina e Medio Oriente insieme con 8% ).

Secondo l’analisi di Oil & gas uzbeko: Il problema dell’affidabilità delle forniture di LNG dagli Usa risiede principalmente nella dissonanza cognitiva, tipica delle politiche energetiche americane. Alla vigilia delle elezioni, il presidente USA, Joe Biden, si è infatti trovato di fronte a un dilemma. Da un lato, gli Usa si sono impegnati a garantire all’Europa un approvvigionamento affidabile di LNG per molti anni a venire. D’altro canto, l’Amministrazione si è espressa favorevolmente rispetto alla limitazione degli investimenti nella produzione di gas naturale ed è a capo di un gruppo di Paesi che, alla conferenza sul clima COP28 di dicembre hanno fatto pressioni per promuovere una risoluzione sulla transizione graduale ai combustibili fossili.

Risultato: sospensione a tempo indeterminato del rilascio di nuove licenze per l’esportazione di LNG dagli Usa insieme alla vittoria dei Repubblicani alle elezioni presidenziali Usa di novembre, fatti che porteranno quasi certamente alla revoca della sospensione.

L’instabilità del fracking e la scarsa affidabilità delle forniture di LNG Usa sono ora un problema.

E non finisce qui. La produzione di shale gas ha infatti raggiunto il suo picco, dal momento che la produzione dei 3 maggiori giacimenti Usa ha smesso di crescere, nonostante ogni mese vengano trivellati molti nuovi pozzi. Ciò non esclude che porti in futuro all’introduzione di severe restrizioni sulle esportazioni di gas naturale americano. Di conseguenza, non sarà sufficiente per una terza ondata produttiva per gli Usa. Risultato: i frackers Nord-americani, a partire da quelli di dimensioni minori, non riuscirebbero più ad invertire il tendenziale calo della produttività dei pozzi scistosi a causa dei costi crescenti mentre esploderebbe l’inversione di tendenza e delle richieste, dando priorità al mercato interno in forte crescita e alle esportazioni, con potenziali gravi conseguenze per la sicurezza energetica dell’UE, la cui dipendenza energetica dall’estero si è situata attorno al 61% nel 2022 (79% circa per l’Italia).

Nonostante l'impatto ambientale negativo per estrarre il petrolio, il gas naturale vince quando si tratta di una rivendicazione ecologica. Essendo il combustibile fossile più pulito, la combustione del gas naturale emette livelli molto più bassi di anidride carbonica, ossidi di azoto e anidride solforosa rispetto al carbone o al petrolio. Se utilizzato in efficienti centrali elettriche a ciclo combinato, le emissioni di carbonio del gas naturale sono la metà di quelle del petrolio.

Che si tratti dei prezzi del petrolio e/o delle forniture di gas naturale, la chiusura delle forniture dalla Federazione Russa, ha di fatto aumentato la vulnerabilità della sicurezza energetica dell’UE, che si ritrova ostaggio di fattori che sfuggono completamente al suo controllo. A febbraio 2024, le importazioni di greggio degli Usa sono state 6.537 Mb/g, in calo rispetto a gennaio.

 

 

Inserito il:07/12/2024 14:51:53
Ultimo aggiornamento:07/12/2024 16:11:48
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