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Shale gas e shale oil (5) - L’hub europeo del gas, una partita aperta
di Vincenzo Rampolla
Poche settimane fa, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha fatto un gran tour in nord Africa, accompagnata dall’AD di Eni. L’intento manifestato al popolo italiano era rilanciare il tema dell’indipendenza energetica dalla Russia. In effetti Italia e Europa, con l’attuale guerra economica contro la Russia, hanno l’opportunità di valorizzare antiche relazioni con Stati democratici i cui leader politici rispettano i diritti umani: Algeria, Marocco, Libia, Egitto e Qatar.
Un passo indietro. Il 22 febbraio 2022 la Russia era il principale fornitore energetico dell’UE, con un costo del gas molto economico, se paragonato ai prezzi attuali. Erano 3 le basi e le condutture che portavano il metano in UE: l’Ucraina (una delle ragioni scatenanti della crisi), la Bielorussia alleata di Putin e il gasdotto Nord Stream 1, ora disattivo dopo un sabotaggio d’ignoti.
Passati i primi mesi di shock energetico, cagionato in buona parte dalla selvaggia speculazione finanziaria occidentale-olandese, oggi differenti Paesi europei e mediterranei ambiscono e sgomitano per divenire hub del gas per l’UE.
Il prezzo elevato del gas ha reso più abbordabile sia il shale gas americano che il trasporto di gas liquefatto tramite navi da Qatar e altri navigatori accodati.
Vera è l’ambizione UE di divenire sostenibile entro il 2050, ma il metano resterà per decenni nella bilancia energetica di aziende, Stati e privati.
Sono 4 le Nazioni che si candidano a divenire hub del gas: Italia, Polonia, Turchia, Germania. Storia, relazioni internazionali, atavici rancori e nuove ambizioni extra nazionali connotano queste nazioni e le loro smanie geopolitiche.
Nel mediterraneo sono 2: Italia e Turchia.
La Turchia. La Nazione di oggi è un brandello dell’antico impero ottomano ma, il suo leader democratico non fa segreto di voler ricostruire l’area d’influenza ottomana. Le nuove armi sono l’economia e il Corano: ai giorni d’oggi pensare di invadere uno o più paesi islamici rendendoli governatori è sconsigliabile, Cipro ’74 docet. Negli ultimi anni la Turchia è stato un Paese sempre in bilico: membro della Nato di cui ha bombardato gli alleati (i curdi), durante la guerra civile siriana (Isis, Al-Qaeda etc). I suoi cittadini hanno contrabbandato petrolio con i terroristi dell’Isis. Pur essendo nella Nato ha sviluppato relazioni energetiche con la Russia.
Nell’ultimo anno il Paese si è autocandidato più volte come mediatore di pace;
il destino e Putin, sembrano voler premiare Ankara con un nuovo gasdotto. Il progetto per un hub del gas, come dichiarato dal ministro dell’energia turco Dönmez, è allo studio e sarà annunciato quest’anno. Sulla carta tutto bene, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, mare nostrum per la Meloni. Letteralmente.
Un hub turco che dosi e smisti gas che sa di caviale suonerebbe come un riciclo di energie fossili russe. Passatempo antico che impone scarso livello di pudore e elevato di creatività, giochino tipico di UK che compra derivati fossili russi via India. L’immacolata Turchia però non ci prova e, membro Nato si è detto, corrono voci di intrighi o baratti per il via alla nascita di questo Hub.
Germania e Polonia in corsa.
Oggi nel mare del Nord si fronteggiano economicamente, due nazioni: la grande Germania e l’emergente Polonia. Entrambe ambiscono divenire hub del gas.
La Germania deve riposizionarsi e punta al gas liquefatto (LNG), orfana del Nord Stream 1 e del NS2 abortito.
Dopo la sfortunata esplosione dei gasdotti, oggi la Germania è un gigante dai piedi di argilla e non è pronta a cedere il passo. Dopo essersi forgiata come nazione industriale votata all’export, ora deve creare un nuovo equilibrio energetico a suo vantaggio. Il gas liquefatto, data la sua mobilità via nave permette di avere un mercato più fluido e una sorta di contratti basata sia su tempi lunghi che spot. Resta da comprendere se l’ LNG potrà fluire in Germania. L’epoca del gas economico è tramontata, tempo in cui la Germania ha fondato la sua prosperità post unificazione. Resta da comprendere se la visione della Pax Americana includa una Germania ora disgiunta dalla Russia. La necessità di tenere Germania e Russia lontane è già stato discusso in passato ma, ancora oggi, gli Usa temono la capacità industriale della Germania.
Di recente è stato annunciato dal Ministro dell’economia tedesco che entro il 2026 verranno installati soluzioni di valorizzazione di LNG per un totale di 56 Mld m³. Entro il 2030 la capacità sarà ulteriormente aumentata a 77. Tuttavia lo stesso Ministero ha ammesso che ci vorranno anni prima che la Germania possa affrancarsi dal gas russo.
La Polonia è una delle nazioni più popolose d’Europa. Per anni utilizzata come bacino di manodopera a basso costo, ora vuole guadagnarsi un posto di pari, tra le grandi economie europee manufatturiere. Al pari della Germania ha ricchi giacimenti di nero carbone. L’ambizione del governo polacco è di vendicarsi della Russia: dal patto Molotov–Ribbentrop sino ai vecchi conti da regolare, è la più impaziente. La logistica del porto di Gdansk è in continua evoluzione e potrebbe divenire il centro nevralgico dell’LNG di importazione e scommette sul nuovo gasdotto Baltic Pipe con LNG da Usa e altre fonti.
La longa manus dell’Italia. Candidata virtuale, è uno snodo commerciale e logistico naturale. Sono 3 le condutture sottomarine di gas che raggiungono il sud Italia con il metano proveniente da Azerbaijan, Libia e Algeria. La costruzione di impianti di rigassificazione potrebbe ulteriormente aumentare la capacità di gestione italiana, con fornitori quali Egitto, Qatar e Israele. Basterebbe decidere e agire tempestivamente. Ora, prima che sia troppo tardi, prima di essere presi in contropiede dagli altri e impedendo agli ambientalisti di affondare i gassificatori.
Il 2022 è stato un continuo via vai con leader di altrettanti Paesi democratici e rispettosi dei diritti civili: Qatar, Mozambico e Algeria di recente e dal nord Africa, si prevede di aumentare via TransMed il volume di gas sino a 30 Mldm³. Sogni e speranze.
Una strategia italiana: dall’Italia al Nord Europa. Il gas per il nord Europa potrebbe arrivare con l’hub italico, immagazzinato nei depositi della Val Padana e poi smistato ai clienti europei. Una maggior attività e acquisti di gas dalla Libia potrebbe anche gratificare questa Nazione, un tempo alleato dell’Italia, pur oggetto di contesa tra Francia e Italia. Il piano Mattei è un progetto perfetto sulla carta. Si aggiunga che, in Algeria, rispolverando le mire di Mattei, il Primo Ministro sembra essersi assicurata anche nuovi contratti per forniture di armamenti italiani. C’è da considerare, l’incognita della stabilità politica delle nazioni nord africane e medio orientali. Stati democratici e alleati… sì, ma i recenti fatti del Qatar Gate (caso Marocco - Qatar), e le rimostranze-minacce del Qatar di tagliarci il gas, gettano ombre sulla loro affidabilità.
L’ombra della Cina. Chi vincerà la gara per l’insalatiera dell’ hub del gas europeo? Il gioco si basa su un assunto ancora poco discusso: che il gas americano (ribattezzato freedom gas da Trump) continui a fluire prima di tutto in Usa e poi in Europa. Pare invece assiomatico che abbia le ore contate. Giorni fa, gli oracoli del Financial Times hanno sentenziato: Cosa significa veramente per il mondo la fine dell’era della rivoluzione dello shale gas americano? Sepolta l’era di Obama (il grande Presidente ecologista e miglior alleato dell’inquinante pratica del fracking di gas e petrolio di scisto) viene ricordata per la quasi totale indipendenza energetica dell’America. Una posizione che ha permesso agli Usa di gestire la loro politica estera in modo più distaccato, senza dovere cercare fuori casa il petrolio e il gas.
Ora la nube del miracolo shale gas e shale oil, sta lentamente dissipandosi. Il gas oggi è costoso ma se gli Usa dovessero importarlo per supportare la propria economia, scatta il rischio che i prezzi del gas tornino a guizzare. A questo si aggiunga che la Cina, sempre alla porta, grazie all’assedio economico alla Russia, può beneficiare di un costo-gas piuttosto ridotto, a beneficio della sua industria che, sempre di più, vuole orientarsi ad una produzione di qualità, per fornire merci a tutti i Paesi del sud del mondo. Conquistare l’hub del mercato del gas europeo vale più di un poker d’assi, Può cambiare radicalmente l’equilibrio del potere in Europa… Che aspettare? Un colpo di mano da professionisti, da artisti oppure la rivolta dei neo no-shale, tipo no-nucleare o no-Vax, o il rischio di fare la fine di Mattei?