Buick car Oil Painting
Commento all’articolo di W. Veltroni su M. Tchou
di Gian Carlo Vaccari
Il Corriere della Sera di domenica 12 gennaio ospita un articolo di Walter Veltroni sull’ingegner Mario Tchou, propiziato da un suo incontro con la signora Elisa Montessori, moglie dell’ingegnere italo cinese.
Sono stato per poco più di anno, fino alla sua morte, un giovane collaboratore di Tchou a Borgolombardo e l’articolo di Veltroni tratteggia molto bene il personaggio sia per gli aspetti professionali che per quelli umani.
Quando arriva alla descrizione dell’incidente automobilistico che ne provocò la prematura morte, viene ricordata ancora una volta (anche se smentita recisamente dalla Signora Tchou, né sostenuta da Veltroni) la tesi della morte provocata dalla CIA per eliminare un pericoloso concorrente dell’industria elettronica americana.
I complotti sono una passione particolarmente coltivata in questo paese: se ne vedono dappertutto, per un po’ si dimenticano ma riemergono carsicamente, specie se inesistenti, e per contro quelli veri non vengono quasi mai puniti.
Qui tuttavia non vorrei parlarne in generale ma cogliere l’occasione per dare una testimonianza diretta sugli episodi portati in questo caso a sostegno della tesi complottistica.
L’incidente
Tchou amava la velocità e ricordo il suo arrivo e il parcheggio al posto n.ro 1 dello stabilimento. Frinzi, il suo autista era anch’esso piuttosto veloce (e nell’incidente guidava lui). La Buick era una tipica macchina americana degli anni sessanta assai comoda e ben molleggiata ma fatta per le strade americane con velocità massime di 70 miglia. Infine la Milano - Torino dell’epoca era a doppia corsia alternata. Pensare che il sorpasso, che viene citato anche nell’articolo, sia stato organizzato dalla CIA….
La vendita della divisione elettronica alla General Electric
Fu una decisione del Gruppo di intervento che aveva la gestione della Olivetti nel 1964. Decisione sbagliata di chi non aveva una visione strategica e aveva anche molti interessi incompatibili con lo sviluppo della Società.
E poi il disinteresse della politica, che di visione ne aveva ancora meno. Qualcuno, in piena guerra fredda, politico o industriale, poteva avere anche l’occasione e l’interesse di acquisire meriti presso gli Stati Uniti
Tuttavia non credo che la G.E. aspettasse che qualcuno gli offrisse su un piatto d’argento la Divisione Elettronica.
Era già da anni nel settore, aveva sviluppato insieme al Dartmouth College il GE 200 e poi il GE400. Voleva estendersi in Europa e aveva comprato la maggioranza della Bull, presente con le sue macchine meccanografiche e i suoi elaboratori in tutta Europa. Qui però il governo francese (c’era De Gaulle) era entrato, seppure in minoranza e aveva posto precise condizioni. L’acquisto quindi della Divisione elettronica completava la presenza G.E. in Europa non solo geograficamente ma anche per l’elevato livello di complementarità dei prodotti.
La gestione G.E.
Indipendentemente da come la G.E. era arrivata alla proprietà della Divisione Elettronica credo sia giusto considerare cosa essa abbia rappresentato per l’informatica italiana
Gli Stati Uniti di allora non erano quelli di oggi e la G.E. si guardò bene dal fare uno sfruttamento di tipo colonialistico delle tecnologie e del Know How della Divisione Elettronica. Fece tutt’altro.
Iniettò in tutta la struttura le sue pratiche organizzative, allora riconosciute come le migliori al mondo.
Diede inizio ad un programma di formazione a tutti livelli nei vari settori: dal general management alla contabilità industriale, dal marketing alla produzione, ecc.
Cosa più importante, nell’ambito delle responsabilità dello sviluppo dei prodotti G.E. assegnò all’Italia lo sviluppo dei medio/piccoli elaboratori, la loro produzione e il supporto tecnico per tutto il mondo.
La morte di Adriano Olivetti e di Mario Tchou rimangono grandi perdite per l’Olivetti e per l’Italia. Ma accostarli ai complotti non faremmo loro un buon servizio. Piuttosto dobbiamo essere consapevoli che quello che è avvenuto dopo di loro, parte dalle loro intuizioni e dal lavoro dei team che avevano costituito. E valorizzare molto meglio di quanto si fa oggi, ciò che la Divisione Elettronica e le sue successive evoluzioni hanno rappresentato per l’Italia.