A Vanvera (37)
di Massimo Biondi
C’è chi sa
C’è un magistrato che replica Pasolini.
Io so, scrisse Pasolini nel 1974, i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe"; dei mandanti delle stragi; del "vertice" che ha manovrato. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò di cui si scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace.
Fin qui Pasolini, molto in sintesi, per il quale sparate di questo tipo erano connaturate al ruolo e al quale erano consentite, con più o meno fastidio, proprio in quanto osservatore estraneo alle istituzioni e privo di canali informativi privilegiati.
Ma se è un magistrato inquirente che diffonde tramite stampa le sue supposizioni pur ammettendo di non avere prove? Questo magistrato sostiene di sapere che alcune ONG potrebbero essere finanziate dai trafficanti di umani, gli scafisti, però non ha prove. E’ del tutto probabile che i suoi sospetti abbiano un fondamento, ma perché comunicarli alla stampa? Questa loquacità è compatibile con il ruolo? Dove sono collocati i limiti alla libertà individuale di chi svolge ruoli finora regolati da una ben definita deontologia professionale?
Però c’è il TAR
Sospeso l’obbligo per i dirigenti pubblici di pubblicare online i loro stipendi, redditi e patrimoni.
Ci sono ricorsi pendenti al TAR e pertanto è meglio che la disposizione, che rientra nella vaporosa riforma della pubblica amministrazione, non abbia applicazione. Per ora. Poi si vedrà. Che è un po’ la caratteristica di gran parte della riforma: poi si vedrà.
In questo caso tuttavia la sospensione non mi dispiace. Quella forma di “trasparenza” mi sembra una ulteriore concessione alle pance e alla credenza popolare che “sono tutti ladri”. Mi pare che così ci facciamo del male.
Quelli che l’Alitalia
L’Alitalia ha subito un management non all’altezza. Vero.
L’Alitalia è stata appesantita dai privilegi concessi negli anni buoni (ma anche grami) ai suoi dipendenti. Vero.
L’Alitalia è stata uccisa da Berlusconi quando, per ragioni tutte politiche, ha impedito la fusione con AirFrance-KLM per consegnarla, ripulita delle perdite affibbiate ai contribuenti e assegnataria del monopolio sulla tratta Fiumicino-Linate, a un gruppetto di imprenditori né tanto generosi né tanto abili ma italiani. Vero anche questo.
E però io vorrei sapere anche che cosa pensano adesso quelli che hanno voluto a tutti i costi un secondo hub italiano. Nessun esperto all’epoca fu in grado di trovare giustificazioni industriali alla scriteriata operazione Malpensa: solo, anche in quel caso, motivazioni puramente politiche.
E cosa hanno da dire quelli che hanno spinto per realizzare aeroportucoli nel bacino elettorale di proprio interesse? Oggi in Italia ci sono 112 aeroporti operativi; in Germania sono 53, in Francia 46.
Una conseguenza della proliferazione è che per generare traffico le società di gestione degli aeroportucoli incentivano le compagnie internazionali a servirsene anche offrendo un contributo per ogni atterraggio e decollo. Denaro pubblico che va ai concorrenti della “compagnia di bandiera”.
Questo, i tanti aeroporti e gli incentivi, ha rappresentato per le compagnie straniere, in particolare low cost, un vantaggio competitivo che ha consentito loro di conquistare in Italia le quote di mercato più elevate dell’Europa continentale. Ovviamente a danno di Alitalia.
Ebbene, non uno dei politici che hanno sostenuto e avallato quelle decisioni scellerate – quasi tutti ancora sulla breccia - oggi si fa a avanti ammettendo di avere sbagliato.
Leggete la Gazzetta Ufficiale
E’ legge il provvedimento sulla sicurezza urbana voluto dal ministro dell’Interno Minniti. La legge prevede tra l’altro maggiori poteri ai sindaci, anche riferiti alla tutela del decoro urbano e alla riqualificazione urbana; l’arresto in “flagranza differita” per i reati commessi durante le manifestazioni; ordinanze di allontanamento per l’occupazione delle strutture pubbliche; eccetera.
Un provvedimento di un certo peso, che accoglie istanze espresse da tempo e da più parti.
Se ne è parlato poco. Se non era per il solito intervento del solito onnisciente Saviano (critico) se ne sarebbe parlato ancora meno.
Stessa sorte d’altra parte di altre leggi che riguardano tanto la società e poco la politica.
Paginate invece sulle opinioni di questo o quel politico, forse referenti di giornalistucoli e portamicrofoni, sulle polemiche da comari, su ipotesi prive di fondamento e riscontro.
Perché i giornalisti parlamentari, a mio avviso, sono peggio dei parlamentari stessi, che pure sono tanto invisi alla popolazione.
C’è stile, talvolta
Un’altra cosa positiva che ha a che fare, molto indirettamente, con il ministro Minniti. Il suo capo della segreteria, marito di Valeria Fedeli, si è dimesso quando sua moglie è diventata ministro. Senza clamore. Una lezione di stile che consola chi ha rispetto delle istituzioni. Anche questa passata senza l’attenzione della stampa, che preferisce la polemica, la critica, e si astiene dal mettere in evidenza che anche in Italia ci sono persone corrette e accadono fatti positivi.