Aggiornato al 22/02/2025

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

 

Pubblichiamo profondamente addolorati questo ricordo del prof. Butera cui partecipa l’intera Associazione Culturale Nel Futuro che aveva l’onore di annoverarlo tra i propri Soci.

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In ricordo di Federico Butera

di Bruno Lamborghini

 

Il 10 febbraio è mancato a Milano Federico Butera, un grande sociologo italiano, un esperto dell’organizzazione d’impresa, un professore emerito della Università Bicocca di Milano, ma in questa sede lo dobbiamo ricordare anche come amico e contributore di Nel Futuro, oltreché come carissimo amico sin dagli anni trascorsi assieme in Olivetti.

Federico, di famiglia palermitana, entra in Olivetti nel 1962 e vi resta per 13 anni svolgendo prima attività nell’ambito della Direzione del personale negli stabilimenti di Agliè e Scarmagno con la guida di Paolo Volponi e successivamente nel 1969, in virtù del suo grande impegno nello studio delle organizzazioni, viene nominato a 29 anni direttore del Centro di ricerche sociologiche e delle organizzazioni, sostituendo Luciano Gallino passato all’insegnamento universitario.

Questa nomina influirà in modo determinante sull’impegno di Butera in campo sociologico per tutta la vita. In quegli anni in Olivetti Federico ha la possibilità di seguire il cambiamento determinato dal passaggio della produzione dalla meccanica all’elettronica ed in particolare partecipa alla trasformazione dell’assemblaggio delle macchine dalla tradizionale catena di montaggio verso le “isole di montaggio integrato”, le UMI, in cui non si tratta più di lavoro individuale ripetitivo, ma di attività di un gruppo di una ventina di persone responsabili dell’intero processo sino al completamento del prodotto finale incluso il controllo di qualità.

La Olivetti è stata la prima azienda italiana, e forse in Europa, a introdurre il nuovo modello produttivo e per Federico questa esperienza sarà sempre al centro della sua vita di studioso e uomo pratico delle organizzazioni da cui poi verranno tratte le sue considerazioni sul tema del change management.

Ne trarrà spunto per scrivere nel 1969 un libro “I frammenti ricomposti” che analizza le esperienze delle “isole” e sarà tradotto in diverse lingue. Negli stessi anni olivettiani verrà inviato a seguire corsi di management ad Harvard ed al MIT a Boston e questo contribuirà ad estendere la sua conoscenza e critica dei sistemi organizzativi americani.

Nel 1973, non condividendo alcune scelte aziendali, decide di lasciare la Olivetti e fonda con amici a Milano l’IRSO, Istituto per la ricerca sociale e organizzativa che diverrà il maggiore centro italiano di studi e consulenza in campo sociale e organizzativo, divenuto poi negli anni più recenti una Fondazione. Ricordo gli incontri e discussioni che facevamo nella sede di Via Sassi vicino alla Basilica di Santa Maria delle Grazie e poi in Piazza Virgilio.

Contemporaneamente, Federico insegna in università e nel 1988 diviene professore ordinario alla Sapienza di Roma e successivamente ha la cattedra di sociologia alla Bicocca di Milano.

La sua attenzione ed impegno di studioso è sempre rivolta ad obiettivi molto concreti ed operativi, seguendo le continue trasformazioni sociali e tecnologiche. La sua costante preoccupazione è di cercare di aiutare a sviluppare i processi di cambiamento necessari, contrastando il persistere di organizzazioni fordiste, inefficienti e burocratiche, sia a livello delle imprese che delle amministrazioni pubbliche, in cui in particolare è stato chiamato più volte per ridisegnare e riprogettare i processi organizzativi. Ricordo quanto ha fatto per il miglioramento dell’attività giudiziaria per il tribunale di Milano.

Nella sua opera omnia, un volume di 450 pagine intitolato “Organizzazione e società” pubblicato da Marsilio nel 2020 in cui già il sottotitolo esprime la sua tenace volontà di cambiamento con le parole “Innovare le organizzazioni dell’Italia che vogliamo”, quindi un testo scientifico, una summa di idee non teoriche, ma rivolte all’attività concreta delle imprese ed anche con forza alla politica italiana.

Il suo obiettivo costante focalizzato sulla riorganizzazione continua delle imprese, un tema certamente ereditato dalla sua esperienza olivettiana, viene tradotto in modo netto quando propone di costruire “l’impresa integrale che ha un anima e una responsabilità sociale”. Il suo concetto di “impresa integrale” viene tante volte ripreso, entrando nel concetto di integralità nelle sue diverse modalità di vita dell’impresa, non solo sul piano dell’efficienza organizzativa e produttiva, ma nei suoi rapporti con tutti gli stakeholders, in primis i collaboratori in una organizzazione del lavoro partecipato e collaborativo, ma anche nei rapporti con l’ambiente esterno.

Questi temi erano già stati espressi nel 2011 nel libro di Butera scritto assieme a Giorgio De Michelis “L’Italia che compete” con il sottotitolo “Italian way of doing industry” (editore Franco Angeli), una raccolta di contributi a cui avevo partecipato anch’io e che era divenuto un riferimento di tanti dibattiti sulla necessità di strumenti di rilancio della competitività dell’industria italiana.

Nell’ultimo triennio l’impegno di Butera per una politica italiana di rilancio non solo economico, ma soprattutto di innovazione e di qualità si è tradotto in intensi e numerosi dibattiti in tutta Italia partendo dalla presentazione del suo libro “Disegnare l’Italia. Progetti e politiche per organizzare lavoro di qualità” (EGEA, 2023). Un impegno costante per contrastare la debolezza del sistema economico e politico italiano, per cambiare le organizzazioni ineguali, inefficienti e inefficaci prodotte dalla mancanza di un approccio metodologico serio e di una cultura organizzativa innovativa che ricerca competenze e lavori di qualità, sviluppando ecosistemi e reti operative, con efficaci integrazioni con le trasformazioni green e digitali.

In Federico vi era un crescente interesse sul ruolo delle tecnologie digitali nelle trasformazioni organizzative e del lavoro, operando assieme a Giorgio De Michelis, con l’apporto della sua grande conoscenza del mondo informatico. Ne è derivato un altro libro scritto assieme a Giorgio “Intelligenza artificiale e lavoro, una rivoluzione governabile” (Marsilio,2023), in cui si afferma che l’intelligenza artificiale per il lavoro può avere due alternative, una buona ed una cattiva, quella buona va governata attraverso “cantieri partecipati” nelle imprese e nella pubblica amministrazione, ma soprattutto con politiche pubbliche e “patti” centrati sul lavoro, anche facendo riferimento al positivo risultato dei “patti per il lavoro” sviluppati dalla Regione Emilia Romagna sotto la guida dell’assessore Patrizio Bianchi ed a cui ha collaborato Federico  Butera.

Per ultimo, desidero ricordare un testo che abbiamo prodotto assieme molto recentemente intitolato “Il lavoro secondo Adriano Olivetti. Non capitale umano ma persone”, pubblicato in un’ampia raccolta dedicata al lavoro “Idee di lavoro e di ozio per la nostra civiltà” (Firenze University Press, 2024), in cui assieme abbiamo cercato di raccogliere e trasmettere il significato del lavoro in base alla nostra comune esperienza dell’impresa creata da Adriano Olivetti.

Il messaggio di Butera rivolto verso un efficace cambiamento delle organizzazioni pubbliche e private con riferimento al lavoro in condizioni di profonde trasformazioni indotte dalla tecnologia assieme ai cambiamenti sociali e geopolitici, diviene sempre più attuale e deve potersi realizzare, pena un inarrestabile declino industriale e sociale del nostro paese.

E’ l’eredità da non perdere lasciata da Federico Butera, un “architetto di organizzazioni complesse”, come amava essere definito.

 

Inserito il:11/02/2025 14:34:53
Ultimo aggiornamento:11/02/2025 15:08:32
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