He Kun (Pu’er, Yunnan Province, China, 1962 - ) - Under the mask of us - You, They
Via la mascherina!
di Davide Torrielli
Assistiamo attoniti al dover tirare sul viso una copertura, volgarmente indicata come “mascherina”.
Forse, la necessità di una Maschera non viene solo dalla evidente richiesta di limitare le nostre emissioni di droplet per non diffondere i nostri virus ma, non sarebbe male riflettere su di una differente accezione filosofica della costrizione alla maschera sul viso.
Il termine, infatti pare essere non proprio univoco , ma con origini certamente sud europee, con tutta probabilità molto antiche, forse addirittura nel 200; termine occitano consumato poi nel latino primordiale, che sa di cenere, di fumo, di fastidioso, pericoloso, di spiriti e fantasmi, non solo concreti. Di terrore, paura, oblio e timori umani. Un termine quanto mai attuale: l’etimologia offre quasi sempre interpretazioni così attinenti dall’essere incredibili.
Tempi bui, scuri, che richiamano il doversi nascondere, celare al pericolo, agli spiriti malvagi di un tempo, fatti oggi a forma di contenitori di pezzi di acidi ribonucleici pronti ad agganciarsi a treni buoni, al treno della vita, facendolo sbandare, deragliare, con le sue ruote sgangherate, storte …
Da sempre l’uomo vede comparire sulla sua strada dei segnali che indicano pericoli, prescrizioni quanto indicazioni che devono essere osservate e tenute in considerazione, non ignorate. Allo stop ci si ferma, al dare precedenza si pone attenzione e la velocità va limitata a quanto il … segnale … indica. La strada della vita, del nostro essere esseri umani è lastricata di segnali che ci indicano in anticipo cosa e come fare per non farci e fare del male a noi ed ai nostri fratelli e sorelle.
7 miliardi di veicoli che sbandano, senza grande attenzione al traffico della vita.
La maschera che ci viene oggi imposta, deve essere interpretata bene, non tutto viene per caso, anzi, nulla, anche nella madre scienza Fisica, sempre c’è una causa che genera un effetto e l’uomo in quanto tale, deve essere umile nel riconoscere che certamente i segnali hanno una sua causalità e non vanno ignorati.
Una malattia, che ci obbliga all’essere mascherati, a palesare l’essere finti, quello che siamo ormai da qualche anno in qua … certi che la vera maschera non fosse già sui nostri volti anche prima di questa pandemia? Fratellanza, solidarietà erano già nei nostri sorrisi trasmessi attraverso i nostri cuori ed ancora i nostri visi? Siamo certi che invece, la maschera che ora dobbiamo portare non sia la manifestazione fisica di un essere distanti, ad un metro uno dall’altro, lontani nello spazio come anche tra i cuori?
Interpretare non deve essere un qualcosa di difficile, un argomento lasciato a filosofi e studiosi, ma forse possiamo provarci tutti: leggere una lingua diversa si può e si deve se vogliamo far progredire il nostro genere e non lasciarlo preda di obiettivi che non tengono in considerazione l’altro, il vicino, quello che ci guarda perplesso e che ha bisogno di noi per vivere.
Metti quindi su la maschera che sa di nero, di fantasmi e spiriti, stai lontano dal tuo simile, ti accorgi che lo eri già? Ti rendi conto che l’essere distanti anche fisicamente è fastidioso e non agevola l’evoluzione dell’essere animali sociali?
Eravamo già così prima? Forse sì ma ora lo capiamo meglio, stupido uomo che necessiti sempre di prove fisiche per capire. A cosa serve l’intelligenza che ti ho dato se non a proiettare, a prospettare nel futuro quanto rilevi in te e nei tuoi simili per immaginare, sì per immaginare, cosa sarà e non solo guardare cos’è.
L’essere umano si distingue dai colleghi animali per essere in grado di buttare nel futuro il proprio progetto, far tesoro di cosa si ha nelle mani per proiettare nel domani la propria interpretazione di come potrà essere e non solo la banale constatazione di cos’è ora. Troppo facile.
Ed invece, il disprezzo di questa capacità essenziale cardine dell’uomo, genera una miope andatura della vita fatta solo di cose futili, di tanta plastica nei mari, di consumo, una gara a chi ce l’ha più lungo e chi ne ha di più.
Sappiamo leggere? Abbiamo davanti uno scritto, solo che non lo vediamo. Capiamo che questa maschera non è solo un pezzo di stoffa ma un chiaro avviso di necessità di svoltare, di cambiare? … di diventare uomini e non macchine avide di amici inutili, di like falsi come le riproduzioni della Gioconda nelle anticamere dei medici. False vite sui social networks dove portiamo la maschera da tempo, senza accorgersene … ce l’avevamo già e non lo sapevamo!
Eravamo già a un metro uno dall’altro e non lo vedevamo.
Eravamo già infetti, malati, senz’aria soffocati dal volere di più, dal dover calpestare l’altro il nostro simile e togliergli l’aria.
Non è cambiato nulla, solo che quanto facevamo senza saperlo, ora si manifesta, si concretizza, lo tocchiamo e lo vediamo solo perché diventa fisico, diventa obbligo.
Uomo stupido, ignorante perché ignori e non sai leggere. Hai le istruzioni della vita e le hai buttate via con il cartone di Amazon di cui riempi le nostre vite ed i nostri fiumi, con i contenitori di un cibo ordinato a distanza e mangiato da solo al buio e con la maschera.
Via la maschera, uomo, non quella fisica, quella che hai sotto, che puzza e male odora di cattivo, di stupido di brutto. Guarda i tuoi piedi non come fare a portarli su pianeti lontani, deserti inutili, aridi, inospitali senza aria da respirare, acqua da bere, mari da guardare, montagne innevate da scalare.
Stupido uomo, pisci sulle tue scarpe mentre guardi altrove, sporchi la tua casa, mentre ne disegni un’altra, orna la tua, curala, trattala bene perché a volte il bello, il più bello, è già nelle tue mani e non lo sai.
Via la maschera, stiamo vicini con il cuore e con il cervello.
Te curas.