Nicholas Roerich (Saint Petersburg, Russia, 1874 - Naggar, India, 1947) - Agni Yoga
Il tempo al tempo del coronavirus
di Nazzareno Lasagno
Dharmarama, maestro di yoga indiano, durante le sue lezioni usava spesso un’espressione che mi è tornata in mente in questi giorni di clausura forzata e di limitazione dei movimenti: “questo è l’unico mondo possibile”. Una frase che allora non capivo bene e non mi convinceva perché mi ricordava l’ottimismo a oltranza del Dottor Pangloss, precettore di Candido, il quale affermava che viviamo “nel migliore dei modi nel migliore dei mondi possibili”.
Voltaire nel suo romanzo filosofico Candide ou l’optimisme faceva del sarcasmo feroce su quegli ottimisti acritici che, in un mondo percorso da ingiustizie, violenze e sciagure di ogni genere, giustificano tutto e tutti.
Ovviamente il suo intento era quello di smascherare le contraddizioni, diremmo oggi del “sistema”, sbeffeggiandone i suoi sostenitori attraverso il libero esercizio della ragione.
Il mio Maestro di yoga non era né un Pangloss qualsiasi né un fanatico santone divulgatore di filosofie esotiche. Era un anziano signore – a quel tempo i suoi settant’anni mi sembravano un’età veneranda (che io ho ormai superato da qualche anno) – laureato in biologia, spirito laico e con un certo senso dello humor, quasi inglese.
Seguendo le sue lezioni ho cominciato ad avere, poco a poco, non solo un benessere fisico e un’attenuazione dello stress, ma soprattutto a vedere le cose in modo diverso, acquisendo una nuova consapevolezza.
Così ho anche compreso che quando il Maestro affermava «questo è l’unico mondo possibile», intendeva dire che il mondo in cui viviamo non è certo perfetto o immodificabile, ma è l’unico che abbiamo a disposizione al momento e con questo, nel bene e nel male, dobbiamo convivere. Concetto che adesso mi risulta ancor più chiaro.
La situazione attuale, oltre a distruggere vite umane e attività economiche, abbatte anche tanti alibi che ci siamo costruiti. Perché adesso non possiamo attribuire il nostro malessere al governo, al lavoro o al vicino di casa.
Ci troviamo in una circostanza imprevista e non possiamo fare nulla per mutare il corso degli eventi esterni, ma una cosa possiamo fare: convincerci che prima di cambiare il mondo dobbiamo cominciare a cambiare noi stessi.
Purtroppo il cambiamento per noi esseri umani è una delle condizioni più difficili da attuare, e in condizioni di vita normale si tende sempre a rinviarne l’inizio: smetterò di fumare la prossima settimana, comincio la dieta dopo le feste, devo trovare più tempo per la famiglia ecc.
La scusa più frequente è “non ho tempo”, una frase che mi ricorda altre sagge parole di Dharmarama che soleva dire “chi non ha tempo per se stesso è un disgraziato”.
Adesso viviamo in un tempo sospeso, non possiamo correre e affannarci per arrivare “in tempo”. Di tempo ne abbiamo tanto. E allora perché non utilizzarlo per occuparci un po’ di noi stessi? Perché non provare a fare qualcosa che abbiamo trascurato perché non avevamo tempo?
Per esempio, riprendere la chitarra abbandonata in uno sgabuzzino, ridipingere le pareti di casa, scrivere, leggere, telefonare a un vecchio amico, cucinare, fare ginnastica, studiare una lingua. La rete ci offre possibilità illimitate di conoscenza, attraverso YouTube possiamo sentire musica di ogni genere, sperimentare nuove ricette, seguire corsi di yoga.
Inoltre questa reclusione forzata, che non sappiamo quando avrà termine, non ci permette di fare programmi per il futuro e ci costringe a vivere nel presente, nel “qui e ora”, come forse non abbiamo mai fatto.
Ci sono fasi della vita in cui occorre fare di necessità virtù. Tuttavia anche situazioni difficili come l’attuale, se prese nel verso giusto, possono aiutarci a crescere facendoci acquisire un livello di coscienza superiore. E, come insegna il monaco zen Thich Nhat Hanh nel suo libro Il miracolo della presenza mentale, possono aiutarci a “trasformare ogni atto della vita quotidiana, dal lavare i piatti al bere una tazza di tè, in un’esperienza gioiosa, totale e illuminante”.