Bandiera dell’Europa
Dopo quello di Bruno Lamborghini pubblichiamo questo articolo di Achille De Tommaso sempre propedeutico all' Incontro a tema di Nel Futuro "Il Rapporto Draghi sulla competitività europea e le prospettive dell’UE" che avrà luogo sulla piattaforma Zoom giovedì 10 ottobre alle ore 17:00.
Oltre che ai Soci dell'Associazione Culturale Nel Futuro, l'invito a partecipare alla presentazione ed al dibattito viene in questa occasione esteso a tutti i lettori interessati a questo argomento di estrema importanza e attualità. Richiedere le credenziali per l'accesso alla sessione Zoom a: convegni@nelfuturo.com oppure a redazione@nelfuturo.com.
Mie critiche al documento “The future of European competitiveness”
di Achille De Tommaso
Il documento a me appare, in alcuni lati, superficiale. E comunque “timido”; nel senso che non c’è in esso abbastanza coraggio nel condannare e far porre rimedio a quella che è da sempre la piaga della UE: la burocrazia e l’eccesso di regolamentazione. Che hanno ucciso molte delle industrie in cui l’Europa è stata storicamente leader. Il rapporto Draghi solleva tuttavia preoccupazioni sul fatto che il quadro di reporting sulla sostenibilità e di due diligence dell'UE sia una fonte importante di oneri normativi, amplificati dalla mancanza di linee guida e dalla mancanza di chiarezza in merito alla sua interazione con altri atti legislativi.
Tratterò di seguito per lo più la parte del documento PART A, relativo all'innovazione, (“closing the innovation gap” pagg. 17-22). Ho comunque letto la Part B.
Esso offre uno studio che si presta ad alcune considerazioni critiche: innanzitutto, la profondità dell’analisi. Il documento è infatti molto attento a verificare la concorrenzialità EU/USA, ma spesso non sono indicate le cause e le possibili soluzioni dei problemi: in gran parte appare più come un documento fatto più per informare, che per agire; con informazioni, per altro, facilmente disponibili sui rapporti delle aziende di consulenza. Il documento ci indica una direzione, ma spesso non riesce a esplorare a fondo come possiamo plausibilmente arrivarci, così come a delineare un piano B tangibile nel caso in cui dovessimo incontrare ostacoli lungo il cammino.
"When I want to talk to Europe, who do I call?"
Henry Kissinger
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Di seguito riporto i punti a mio parere carenti.
Regolamentazione eccessiva
Uno dei temi, forse il più importante, che meriterebbe maggior enfasi, è l'impatto negativo dell'eccessiva regolamentazione sull'innovazione in Europa. Il documento accenna a queste problematiche, ma non le esplora a fondo. L’Unione Europea ha spesso adottato un approccio precauzionale nella regolamentazione delle nuove tecnologie, e nell’evitare monopoli, introducendo normative stringenti ex ante per prevenire potenziali rischi. Questo ha avuto l'effetto di soffocare l'innovazione, e uccidere le startup, specialmente nel settore tecnologico, dove la rapidità d'azione è essenziale per mantenere la competitività. Un esempio recente e concreto è l'AI Act, che impone limiti stringenti sui modelli di intelligenza artificiale di grande scala, creando potenziali ostacoli allo sviluppo di tecnologie avanzate nel continente (ricordiamo lo stop, avvenuto solo in Italia, di ChatGPT). Altro argomento sono le lungaggini relative alle fusioni di aziende e al consolidamento di settori, si veda come esempio quello delle telecomunicazioni e al blocco di attività industriali per allinearci al “green deal” (es. “fracking”, agricoltura e industria chimica)
Mancanza di progetti europei di ampio respiro
Il documento mette in evidenza la mancanza di dinamismo industriale in Europa, ma trascura un punto cruciale: l'assenza di progetti europei di grande scala, ad esempio sull’IA, in grado di competere con le iniziative statunitensi e cinesi. Il testo menziona l'importanza di migliorare il coordinamento (lo chiama “armonizzazione”) tra gli Stati membri, ma non mi pare fornisca proposte concrete su come l'UE possa lanciare progetti paneuropei in settori chiave come l'intelligenza artificiale, il cloud computing e la transizione energetica.
Frammentazione di normative e innovazione
Sebbene il documento riconosca i problemi derivanti dalla frammentazione del mercato europeo, manca una critica diretta alla sovrapposizione di normative tra i vari Stati membri, che rappresenta un ulteriore ostacolo per le aziende innovative. La complessità normativa e la molteplicità di regolamenti nazionali creano costi di conformità elevati per le aziende, soprattutto per quelle che operano, a livello internazionale, in settori ad alta tecnologia come l'IA, il cloud e la robotica. Il documento suggerisce la necessità di semplificare il quadro normativo, ma non propone soluzioni specifiche per superare queste barriere.
Coordinamento e governance
Il tema del coordinamento tra Stati membri è trattato, ma non viene affrontato, a mio parere, in modo incisivo. L'assenza di una vera e propria "Unione per l'Innovazione Europea", che sappia coordinare le risorse di ricerca e sviluppo, è una delle principali cause del ritardo tecnologico europeo rispetto agli Stati Uniti e alla Cina. Iniziative come Horizon Europe, pur rilevanti, soffrono di una frammentazione burocratica e di una scarsa focalizzazione sui progetti dirompenti. Il documento potrebbe suggerire la creazione di un'agenzia europea indipendente, simile alla DARPA americana, che promuova innovazioni radicali con un focus specifico su settori strategici come l'IA e la digitalizzazione, l'energia e la sanità.
Inquadramento storico e prospettive
L'analisi storica sulla crescita europea nel dopoguerra è interessante, ma necessita di un’analisi più approfondita sui fattori che hanno contribuito al rallentamento dell'innovazione europea negli ultimi decenni, inclusa l'inerzia burocratica e la mancanza di investimenti strutturali. Manca una analisi sul perché (forse politicamente difficile da connotare con sincerità) alcune industrie in cui l’Europa era leader, siano scomparse o stiamo languendo: es. telecomunicazioni, ottica di precisione, elettrodomestici, chimica, acciaio. Inoltre, sarebbe utile vedere maggiori dettagli su come l'Europa può recuperare terreno rispetto agli Stati Uniti, non solo attraverso maggiori investimenti, ma anche con riforme strutturali che incentivino la nascita di nuovi poli tecnologici.
Le conclusioni e un appello all'azione
Le conclusioni, pur proponendo alcune soluzioni valide, non sono sufficientemente incisive. Il documento potrebbe chiudersi con un appello all’azione, sottolineando l’urgenza di riformare il sistema normativo e incentivare progetti innovativi di vasta scala. La creazione di un ambiente normativo più favorevole, combinata con iniziative europee integrate, è essenziale per evitare che l'Europa perda ulteriormente terreno nei settori tecnologici del futuro. Draghi dice che “alcuni sono persi”. Quali?
Cosa manca? A mio parere nel documento manca un’analisi di quanto segue:
Una Politica Industriale Europea Coordinata
L'Europa ha ancora bisogno di una politica industriale coordinata che promuova le sinergie tra paesi membri, supporti i settori strategici e faciliti l'accesso ai mercati globali; con, ad esempio, una maggiore integrazione delle catene di approvvigionamento,
Politica Fiscale Comune
Un tema molto conosciuto, ma mai affrontato, nel dibattito sulla competitività europea è l'assenza di una vera armonizzazione fiscale tra i paesi membri. Questa mancanza crea distorsioni nel mercato interno, ostacola gli investimenti transfrontalieri e crea concorrenzialità all’interno dell’Europa stessa.
Concorrenza con la Cina e i Paesi Emergenti
Il gap USA-UE è importante, ma l'UE deve anche confrontarsi con le economie emergenti, in particolare la Cina, che è una forza dominante nell'industria tecnologica e nelle energie rinnovabili. Una migliore analisi su come l'Europa può competere con la Cina sul fronte tecnologico e industriale, bilanciando cooperazione e concorrenza, sarebbe di grande rilevanza strategica.
Investimenti
Qui, il rapporto di Draghi costruisce un castello che poggia su fondamenta piuttosto traballanti. La visione proposta si basa in modo cruciale sul presupposto che l'UE continuerà l'esperienza di NextGenerationEU (NGEU) e riuscirà a fare leva su altri 750-800 miliardi di euro all'anno, da utilizzare per investimenti produttivi. Un simile scenario è già stato respinto da Christian Lindner, il ministro delle finanze tedesco. E tuttavia non c'è alcun "Piano B" nel rapporto di Draghi che potrebbe essere implementato senza un massiccio afflusso di denaro pubblico, o quello che potrebbe essere definito come un "Piano Marshall sotto steroidi" - è piuttosto una proposta "prendere o lasciare".