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Elezioni USA - “Riflessioni personali” in pillole
di Ruggero Cerizza
Il fatto che nel distretto di Washington la sinistra americana (detesto l’appropriazione indebita dell’aggettivo “democratico” per caratterizzare un partito politico) abbia ottenuto quasi il 95% dei voti la dice lunga sulla deriva elitaria del cosiddetto “stato profondo” americano: gli amministratori federali se la suonano e se la cantano tra di loro.
Guardando la mappa rosso-blu dei risultati mi sorge una domanda: sarà l’aria di mare a polarizzare a sinistra il voto degli stati costieri?
Non so quale saranno nei fatti le politiche estere che l’amministrazione Trump porrà in essere, personalmente ho però tirato un sospirone di sollievo per avere scansato il rischio di vedere ancora per quattro anni la sinistra americana portare avanti nel mondo la sua idea di mondo.
Mi sono diventati profondamente insopportabili tutti i cavalli di battaglia della sinistra americana: il politicamente corretto, la schwa, la teoria gender, i gay-pride, i no-confini, l’atteggiamento woke, il me-too, il BLM, la cultura della cancellazione, l’approccio DEI (Diversità, Equità, Inclusione), il cosmopolitismo, la società multietnica, e su tutti la presunta superiorità morale per cui tutto ciò che non è di sinistra è farina del diavolo. Spero che il cambio al timone americano mandi in soffitta tutte queste “passioni” così la sinistra europea sarà meno propensa a “propinarle quotidianamente anche a noi”.
Il mantra che l’elezione della destra sia una minaccia per la democrazia ha davvero stufato quasi tutti, anche in America.
Da elettore non capisco perché dovrei riconoscere una superiorità intellettuale o morale alle posizioni politiche espresse dai divi del cinema o della televisione, dagli artisti in genere, dagli atleti di qualsiasi sport, dai giornalisti ed anchorman apertamente schierati, dai cantanti e dagli uomini di spettacolo di ogni genere e grado. Limitiamoli a fare i testimonial del caffè o dei profumi, almeno fanno meno danni.
Le elezioni americane mi sono sembrate un costosissimo spettacolo più simile al circo Barnum che non ad una cosa seria, e questo non credo faccia bene alla democrazia, specialmente se anche da noi continuiamo a scimmiottarle.
Un aspetto che mi ha davvero impressionato è il livello di partecipazione fanatica ed esaltata agli eventi che hanno costellato i lunghissimi mesi di campagna elettorale, come se fossero un immenso stadio diviso in due.
Vista la munificenza degli oligarchi americani nel finanziare, in maniera più o meno trasparente, le due campagne elettorali, sarebbe più “onesto”, e forse democratico, dividere equamente i contributi tra i contendenti, così da fugare il dubbio che in realtà non siano altro che cambiali mascherate da mettere successivamente all’incasso.
Probabilmente Jeff Bezos ed Elon Musk hanno avuto a disposizione sondaggi meno “truccati”, anche gli allibratori sono risultati più attendibili. I nostri media “allineati e coperti” se ne saranno accorti?
Durante questa campagna elettorale l’attacco sul piano personale e non su quello delle tesi ha raggiunto un livello davvero inaccettabile, ed anche questo non fa bene né alla democrazia né al sentire sociale.
Le primarie del partito della sinistra americana mi sono apparse un po’ raccogliticce e turbolente, talvolta la presunzione può giocare brutti scherzi.
Drammatico l’attentato subito da Trump, ma geniale il suo commento “Dio mi ha risparmiato per una ragione”, oltre che Dio avrà ringraziato anche il suo attentatore?
Le elezioni del 2020 furono effettivamente falsate dal voto per posta o stavolta gli americani hanno effettivamente modificato le loro preferenze?
Se non fosse stato destinatario degli attacchi scomposti della magistratura e della nomenclatura americane, Trump avrebbe vinto lo stesso?
Non so come si comporterà nei prossimi quattro anni, certo è che la parabola di Trump ha davvero dell’incredibile!
Tra un candidato “imprevedibile” ed una candidata “inconsistente” per gli americani e per il mondo le ultime elezioni statunitensi sono state davvero una scommessa al buio.
O forse la definitiva conferma che in America la democrazia sia in realtà un sistema oligarchico o plutocratico con un monarca a scadenza.