Hieronymus Bosch (Hertogenbosch, Olanda, 1450 ca – 1516) – La Nave dei Folli
Davvero possiamo prendere per i fondelli gli americani?
di Tito Giraudo
Ho letto divertito la saga: zio Donald e nonno Joe su “Nel Futuro”, a cui sono seguiti commenti un tantino piccati. Personalmente non mi sono sognato di commentare dei pezzi chiaramente comici e quindi, nemmeno sottolineare che zio e nonno, nella realtà sono praticamente coetanei dal momento che tra loro esistono 4 anni di differenza. Per cui, penso che Torrielli si riferisca più al carattere dei due: il primo lo zio casinista, il secondo il nonno pensionato, magari statale.
Lo sberleffo, è il legittimo mestiere dei comici e quindi mi guardo bene dal fare una critica politica alla vena comica che è in tutti noi, e che fortunatamente ci induce a trasformare in farsa le quasi tragedie, evitandoci pericolose depressioni.
La tragicommedia delle elezioni americane, al di là dei giudizi superficiali, mi ha fatto riflettere sul come, ciclicamente, diventi possibile che la politica esprima semplificazioni e slogan, buoni per i comizi elettorali, cosa del tutto normale se confinati in quell’ambito, alquanto pernicioso se si protraggono nel tempo.
Il momentaneo proliferare di politici tragicomici non è certamente monopolio americano e quindi, noi europei, ma soprattutto noi italiani, è consigliabile ci asteniamo dal giudicare: gli americani, i turchi, magari i coreani del nord, dal momento che questa fase vanta altrettanti “cacciapalle”, i quali fanno forse meno danni soltanto perché giocano solo in casa.
Prendere per i fondelli gli americani, funziona solo se contemporaneamente ci sottoponiamo a uno storico strizza cervelli che ci aiuti a ricordare quante volte non abbiamo voluto vedere il ridicolo, anche se era chiaramente palese.
Per avvalorare quanto sostengo, cercherò di inquadrare quelle che ritengo le congiunture politiche di tipo “schizzo frenico” che si sono ripetute tra la seconda metà del novecento e il primo ventennio del nuovo millennio.
Il dopoguerra del primo conflitto mondiale forse non ebbe rivali, soprattutto per le conseguenze.
Si era usciti da una guerra pseudo vittoriosa che aveva generato contrasti insanabili a sinistra, impedendo analisi e giudizi obiettivi scatenando le tifoserie italiche e protraendosi nell’immediato dopo guerra dove, ancor più schizofrenici, furono i socialisti, che ottenuto il loro più grande successo elettorale, rifiutarono il gioco democratico, per rincorrere i miti rivoluzionari sull’onda del bolscevismo.
Contemporaneamente, la sinistra interventista che proveniva dal più spinto massimalismo, dagli anarchici e dal sindacalismo rivoluzionario, guidati da un capo popolo che nel ‘19 aveva le idee alquanto confuse, diedero vita ad un Movimento (ancora parzialmente di sinistra) che, partendo dalla rivoluzione proletaria sposò quella dei produttori.
Anche il secondo dopo guerra non fu da meno con il formarsi di due blocchi che, più che divisi sulle problematiche casalinghe, lo erano sui rapporti internazionali riproponendo: una parte, il mito della dittatura rivoluzionaria e di fatto impedendo, al di la delle genericità da comizio, una normale dialettica sullo sviluppo economico e democratico del Paese. Dall’altra, l’anima moderata del Paese riciclando fascisti pentiti e clericali anche un tantino pre risorgimentali.
Causa di ciò, la politica e i Governi furono imbalsamati fino all’avvento del Centro Sinistra a cui seguì il 68 che in fatto di schizofrenia non ebbe rivali.
Di rivoluzionari in Italia ce ne furono parecchi e quasi tutti a chiacchiere, perché agli italiani in fatto di rivoluzioni è sempre mancato “il quid”.
Sull’onda della protesta giovanile, prima americana e poi europea, anche i nostri rampolli si diedero da fare. Tuttavia, mentre gli americani da quei materialoni che sono, andarono sul concreto: Il Vietnam, la discriminazione razziale e, sul piano filosofico ispirandosi a quell’Herbert Marcuse che però a ben vedere, influenzerà soprattutto il pensiero studentesco francese e tedesco.
I sessantottini italiani, quasi tutti di estrazione alto e medio borghese (quest’ultima soprattutto intellettuale), risposero al motto marcusiano della“fantasia al potere”, con una sorta di fantasie storiche, nel breve “la Resistenza tradita” e nel lungo, le teorie Ordinoviste, proprio quelle che furono propedeutiche alla controrivoluzione fascista (che a ben guardare fu una delle tante rivoluzioni borghesi, come ben ha scritto Renzo de Felice).
Ragazzotti che la fabbrica non l’aveva vista nemmeno al cinematografo (la classe operaia va in paradiso, il film di Elio Petri, è del 71), non sforzarono molto l’intelletto, servendo una pietanza che era stata confezionata cinquant’anni prima con esiti disastrosi, anche se va detto che la condizione operaia dell’epoca era ben lungi da quella degli anni 60.
Nessuno nega al 68 il contributo al costume (soprattutto sessuale) ma l’essersi allontanati dalle tematiche scolastiche per una scelta vetero politica, provocò i danni che tutti sappiamo.
I sessantottini, quasi tutti provenienti dalle facoltà umanistiche (al massimo si espansero ad architettura), persero una battaglia che non potevano vincere con quei presupposti, tuttavia occuperanno le “cadreghe” giornalistiche, le aziende e gli studi paterni. In politica, ma soprattutto nella magistratura che nel 64 aveva partorito “magistratura democratica”, espressione delle toghe di sinistra e ben presto egemonizzata dal PCI, prassi seguita dal dopo guerra per infiltrarsi in tutti gli organismi democratici in circolazione sul mercato.
L’altro momento di follia direttamente legato alla magistratura, fu “mani pulite”, nato a mio parere come la resa dei conti del PCI e della DC nei confronti del craxismo, poi reinterpretato dalla magistratura militante milanese per far fuori l’intero arco costituzionale, graziando naturalmente i comunisti e, nel contempo, condizionandoli non poco.
La sparizione completa dei Partiti dell’arco costituzionale, avvenuta quando il PCI decise di abiurare pure la sigla, rimescolò le carte favorendo l’outsider Berlusconi, il quale fu combattuto al di là del buon senso, non solo dalla magistratura e dai media di sinistra ma anche dalla cosiddetta stampa indipendente e quindi, pure da una parte del mondo economico, tutto ciò non servì alla sparizione del Cavaliere ma fu propedeutico al Grillismo, l’ultima follia italica.
Beppe Grillo, era un comico ideologicamente confuso, di sinistra ma con venature che andavano dal cattolicesimo utopico, all’ambientalismo anti progressista, il tutto venato dal complottismo.
Se lo facesse per ragioni di cassetta teatrale, o per vera ideologia, non è dato a sapersi, anche se i riposizionamenti di questi mesi sono abbastanza indicativi. Sta di fatto che grazie agli “antiberluscones viscerali” giornalisti e intellettuali ex cortigiani orfani del glorioso, nacquero turbe di tifosi che nemmeno le curve degli stadi possono vantare.
La simbiosi Grillo Casaleggio, portò il comico a rimangiarsi la demonizzazione e relativa distruzione dei PC, per abbracciare la religione della rete, di lì alla creazione del Movimento il passo fu breve. Gran parte del pubblico che lo seguiva nelle piazze d’Italia, si fece convincere che la democrazia rappresentativa era la causa di tutti i mali e al grido di onestà, onestà, approfittarono dell’insipienza generale che dominava tra i Partiti, soprattutto del qualunquismo italico.
Insomma, dalla fantasia al potere, all’ignoranza al Governo, tra l’altro senza nemmeno conservare i principi fondanti.
Davvero possiamo prendere per i fondelli: Trump e Biden?
Ma fatemi il piacere!