Brandon Hebb (Contemporaneo – North Carolina) - Washington DC Under Moonlight - 2012
Perché mai nel 2016 Mosca avrebbe spinto l’elezione di Trump?
di Vincenzo Rampolla
È chiaro: sputtanare la democrazia americana e seminare il caos. Metterla in ginocchio non militarmente o economicamente, moralmente. Per questo mi chiedo se Donald debba essere cacciato di brutto per complicità in un tentativo di insurrezione o per follia. Eppure non è più sconsiderato né più pazzo di quello che era all’inizio, quando licenziò il direttore dell'FBI. Lui è sempre lo stesso: anche quando vince, dice che sotto c'è una frode. Totalmente inadatto al ruolo, Donald non era idoneo e per questo ha mandato in brodo di giuggiole Vladimir: incompetenza folgorante, ignoranza devastante, temperamento impetuoso, bellicoso e violento. Maniaco soprattutto, vendicativo e bugiardo. Per questo il 6 gennaio mercoledì gli Usa si sono coperti di vergogna davanti al mondo intero, non è stato un teatrino divertente agli occhi degli spettatori del cosiddetto mondo libero.
Ogni debolezza del corpo americano va a favore degli altri, i concorrenti, le dittature che pullulano nel mondo. America, kaput.
Giornata nera americana, con presagi ancora più neri, godimento di Vladimir e di Xi Jinping, ammaestrato quest’ultimo alla scuola di Kruscev: Non con le armi domineremo il mondo, ma senza ferire un solo colpo.
Molto prima che la folla invadesse il Campidoglio, la democrazia americana stava già affondando, spaccandosi e annebbiandosi nel doppio gioco. I politici eletti avevano inscenato la farsa e inventato il teatrino di non riconoscere il risultato delle elezioni presidenziali. Anche parte dei repubblicani fedifraghi ha sostenuto il progetto. I senatori, con in testa il bucaniere Ted Cruz, hanno buttato lì che la cosa si poteva fare, addirittura era legittima: montiamo in fretta una commissione d'inchiesta, così si incomincia a vedere chiaro: tanti insieme che pensano che ci sia stata una frode! E viene il bello…
Donald ha preso la parola alle 11.08 (ora locale) davanti a migliaia di persone, una folla del Rally Save America radunata sul prato del National Mall, nei 2 km tra il monumento a George Washington e la Casa Bianca.
Con micidiale precisione inizia la snocciolata delle frodi, soprattutto negli stati di Georgia, Michigan, Arizona, Pennsylvania e Nevada con numero di schede superiori al numero degli elettori, voti di cittadini senza essere iscritti, voti di cittadini defunti, voti doppi di cittadini di altri Stati, lettori di schede non funzionanti, schede di voto per posta senza controllo delle firme, schede consegnate ai seggi in orari di chiusura dei seggi e inserite senza controllo, manipolazione dei voti con spostamento di numeri da un candidato all’altro e centinaia di faldoni con migliaia di testimonianze giurate di cittadini.
Cifre, numeri e date a non finire.
Tutti i tribunali hanno respinto le accuse di frode elettorale quasi senza dibattito, per mancanza di prove e con mille scuse. Più di 90 giudici, tra cui molti nominati dallo stesso Donald. Anche in questo modo, le persone elette con lo stesso identico sistema elettorale hanno balbettato che... forse il sistema ha davvero bidonato Donald. E anche il leader repubblicano del Senato, l'onnipotente Mitch McConnell, che per 4 anni ha bevuto dal calice di Trump, ha detto che un torbido affare rischia di danneggiare la repubblica per sempre. Ecco l’assurdo spettacolo che viene alla luce. Incredibile.
Di fronte al mondo i politici di un sistema corrotto confessano il loro crimine. Quale migliore regalo ai Paesi avversari?
Dopo più di un’ora, alla fine del suo discorso, in cui si rifiutava di concedere la vittoria elettorale, ha invitato i suoi sostenitori a marciare a Capitol Hill per opporsi al Congresso. Alle 13.00 iniziava la lettura dei voti e la certificazione da parte di M.Pence con la discussione delle contestazioni presentate dagli Elettori.
Donald ha detto alla folla che non avrebbe mai ammesso la sconfitta, l’ha esortata ad andare a Capitol Hill già presa d’assalto dai manifestanti, fino a quel momento composti e ordinati, intenti a sventolare bandiere e cartelli. E lì, a decine, a gruppetti in sordina, sono semplicemente passati attraverso i cancelli di sicurezza aperti da agenti.
Un video li inquadra. Sì. Salgono al piano superiore diretti all’ala occupata dai Deputati e dai Senatori. Girovagano nei corridoi e nelle sale con le loro bandiere e quelle confederate. Nel video spicca un uomo sulla poltrona del Presidente del Senato, stravaccato con i piedi sulla scrivania e una ragazza nell’ufficio di Nancy Pelosi a frugare alla tastiera del suo computer. Scrivanie devastate, documenti all’aria, pavimenti coperti di carte e cestini dei rifiuti svuotati, oggetti e documenti buttati negli ascensori, vetri rotti.
Alle 14,31 il sindaco di Washington ordina il coprifuoco a partire dalle 18 fino alle 6 del giorno dopo. Il Segretario alla Difesa ordina la mobilitazione di 1.100 effettivi della Guardia Nazionale. Alle 15.45 i lavori in corso all’Assemblea e al Senato vengono sospesi e alle 16.30 tutti i membri del Congresso vengono evacuati all’esterno nella vicina base militare di Fort McNair. Anche in Georgia il Segretario di Stato e altri dirigenti vengono evacuati dalle loro sedi per timore di rappresaglie locali.
Alle 15.13 Donald scrive su twitter I am asking for everyone at the U.S. Capitol to remain peaceful. No violence! Remember, WE are the Party of Law & Order – respect the Law and our great men and women in Blue. Thank you. Facebook, Youtube e Twitter decidono congiuntamente di bloccare i messaggi di Donald.
Folla allo sbaraglio lasciata libera di invadere il Congresso, sacrario della democrazia del Paese più indebitato e più sicuro del mondo. Tutto vero, con i miei occhi. Senza colpo ferire, in punta di piedi, senza un poliziotto. Polizia fantasma, perfetta regia ben programmata… Donald, ovviamente, interamente responsabile di questa tragica insurrezione, che rimarrà a lungo nella memoria della gente.
Non solo perché ha detto ai manifestanti di marciare su Capitol Hill, ma soprattutto per il suo attacco proprio sulla base delle elezioni, la sua rabbia, le sue storie, le sue accuse di tradimento contro tutti. Perché, è vero, il popolo avrebbe ragione a ribellarsi se una frode elettorale mandasse Joe al potere. Cosa si può immaginare di più orribile, di più antiamericano? Gli stessi Stati Uniti si fondano sul diritto di ribellarsi alla tirannia.
Errore urlare al colpo di stato militare: dovere patriottico sposato dai sostenitori di Donald. La gente non ha alcun obbligo di obbedire agli usurpatori della volontà popolare, sta scritto da qualche parte in un Saggio sull’intelletto umano del 1700.
Per due mesi Trump ha cotto la sua base a fuoco lento e attacca selvaggiamente i funzionari pubblici, i politici eletti, di solito gli stessi repubblicani, semplicemente perché si sono messi a… contare i voti. I funzionari elettorali sono ora sotto costante sorveglianza della polizia, mitragliati da minacce. Ma tutto questo non sarebbe possibile o sarebbe molto meno grave, se diversi repubblicani eletti non si fossero invischiati nella sua teoria del complotto per frode elettorale.
Alcuni lo lasciano fare, senza commenti, dicono: vediamo cosa diranno i giudici... sanno benissimo quale sarà il risultato. Altri hanno scelto la tenace difesa delle sue tesi.
Queste sono le stesse persone che hanno dovuto chiudersi nel loro ufficio, tremanti di paura, e sono state evacuate o si sono nascoste sotto le scrivanie.
Alle 20.30 riprendono i lavori al Congresso e la contestazione presentata sull’Arizona viene respinta con 303 voti contro 121 alla Camera e con 93 voti contro 6 al Senato.
Una successiva contestazione sulla Pennsylvania è rigettata a maggioranza in entrambe le Camere.
Alle 24.19, riuniti durante il coprifuoco, hanno ufficializzato con Pence la vittoria di Biden per 306 voti di Grandi Elettori contro 232 voti a Trump. Pence ha tradito Donald, non l’ha assecondato.
Quello che è successo oggi non siamo noi. L’hanno ripetuto tutti. Ma sì, anche questo è tutto. Questo è tutto, e sempre di più il volto oscuro degli Stati Uniti. Viene dall’alto. È venuto dall’alto. E per mantenere il potere, l’hanno lasciato fare. Carta bianca per 4 anni.
Ora basta, è tempo di sbatterlo fuori. Non sono gli stravaganti cospiratori, il problema è ciò che dà loro ossigeno. È il principale sabotatore. E tutti i suoi complici, che ora vengono a esprimere il loro stupore, inneggiano alla democrazia.
Addio partito repubblicano Gop, Gret Old Party. La folla dei voltafaccia, ora in gran parte convertiti in schiere di Giuda, di fronte al novello Pence-Ponzio Pilato… guidati tutti dall’effervescente Joe, col pannolone a stelle e strisce. Lo hanno portato a battesimo e succhieranno il suo umore, fino alla estinzione di una razza politica in gran parte da mandare al rogo. Pence, Pelosi e Kamala Harris, la Vicepresidente afroamericana, i tre re magi venuti dall’occidente a portare doni al nuovo Pastore della Nazione: dollari a palate, elisir inebrianti e chip lava-cervelli.
Cosa ricordare della notte del 6 gennaio 2021 a Washington?
Un vento di tempesta sulla democrazia americana. Scontri di rara violenza, folle, sbarre di ferro, gas lacrimogeni, uffici saccheggiati, polizia soggiogata, brutalità ai dimostranti, forze dell'ordine del Campidoglio con armi in pugno. 78 arresti, 4 morti.
Tre adulti morti per emergenza medica e una donna, Ashli Babbitt, ex militare e convinta fan di Donald, freddata dal proiettile di un cop. Di lei, il marito dalla California: Neanche sapevo che fosse andata al raduno a Washington… Dozzine di feriti in cura negli ospedali della città. Il giorno in cui la democrazia americana si è fratturata.
Rabbia dei politici americani, scissioni annunciate, sentimento di terrore. Indignazione internazionale e un risveglio di fronte alle immagini di un'America sconvolta.
Hanno detto: Un Presidente che ha mentito incessantemente sull'esito di un'elezione, come un momento di disonore e vergogna per il nostro Paese e un'insurrezione provocata da lui (Obama). Un attacco alla democrazia, quello che oggi è successo a Washington non è americano (Macron). Tristezza e rabbia per l'intrusione dei sostenitori di Donald Trump in Campidoglio a Washington (Merkel). Transizione ordinata il 20 gennaio, una volta certificata la vittoria di Joe Biden… in totale disaccordo con i risultati (Trump).
(consultazione: la presse - y.boisvert; washington post; ny times; south china morning post)