René Magritte (1898 – 1967) – Il vaso di Pandora (1951)
PUNTI DI VISTA (12)
di Gianni Di Quattro
LE ELEZIONI IN FRANCIA (I). Ha vinto Emmanuel Macron come negli ultimi giorni si era capito, sono aumentati gli astensionisti e le schede bianche, Marine Le Pen ha preso circa 11 milioni di voti (il 35%). Il più giovane Presidente francese nella storia. Molti osservatori sono concordi nell’affermare che il dibattito televisivo tra i due candidati è stata la causa determinante della sconfitta della Le Pen (ma forse ha aiutato di più Macron a vincere il barrage verso gli hacker da parte del suo staff). Grande festa nel paese e in Europa, bene la sconfitta del populismo di destra (che comunque cresce). I partiti tradizionali (in particolare quello socialista) scomparsi e adesso sarà interessante vedere dove confluiranno i loro seguaci. Marine Le Pen annuncia una rinascita e una ristrutturazione del suo Fronte Nazionale (cambio di nome compreso) per diventare un partito borghese di destra e anche di sinistra (schiaccia l’occhio a molti dei seguaci di Melenchon e naturalmente a molti repubblicani di Fillon). Brava la Le Pen a capire quando e come si deve cambiare. Macron ha comunque fatto un miracolo: in un anno mettere in piedi una organizzazione, senza un partito alle spalle e avendo contro la chiesa, i sindacati, i partiti e la diffidenza (almeno iniziale) di una parte del mondo intellettuale del paese, e conquistare la Presidenza si può dire che è una specie di rivoluzione mai vista (un emulo di Gerard Philipe dice con ragione un caro amico).
LE ELEZIONI IN FRANCIA (II). Il segreto del successo di Macron è di avere capito la voglia di rinnovamento dei francesi, di avere avuto coraggio nel formulare i suoi progetti programmatici che ha definito di destra e di sinistra insieme, spiegando che le distinzioni tradizionali ormai non valgono più, di avere manifestato in modo aperto e deciso il suo europeismo sostenendo che solo attraverso l’Europa i cittadini francesi ed europei tutti possono uscire dalla crisi e affrontare il futuro. Naturalmente ha giocato a suo favore la sua preparazione tecnica e professionale e la sua sicurezza, cose che si percepivano chiaramente. Adesso deve affrontare la formazione del Governo e, soprattutto, le elezioni politiche legislative di metà giugno, nelle quali corre il rischio di avere una Assemblea parlamentare che lo aiuti poco e lentamente nella sua corsa. Probabilmente i francesi capiranno che lo devono sostenere e lui sarà bravo a mettere in piedi la struttura dei candidati che rappresenteranno il suo movimento in pochi giorni. Ma farà anche (in modo spregiudicato) accordi con altre forze, lo ha fatto nel passato anche Francois Mitterand.
LE ELEZIONI IN FRANCIA (III). La vittoria di Emmanuel Macron è una boccata d’ossigeno per la Unione Europea, già frustrata dalla Brexit (si tratta ora di capire se gli attuali dirigenti sapranno reagire e cambiare politica). Un colpo per la Gran Bretagna sempre più isolata (non per una tempesta nel canale della Manica, ma per la sua vecchia altezzosità e la sua voglia di diversità). Una speranza per tanti paesi (come quello italiano) di battere il populismo becero e solo protestatario senza alcuna visione del futuro e senza la capacità di progettare. Un segnale d'allarme per l’America di Donald Trump in merito alla sua politica estera e al ruolo che lui pensa di dare alla Europa, vista solo come un possibile interlocutore di affari. Un avvertimento a Putin per raccomandargli prudenza nelle sue scelte dei leader europei e nelle sue scorribande politico tecnologiche attraverso gli hacker che operano nel suo contesto. Sicuramente un rafforzamento dell’asse franco tedesco (non è casuale che la sua prima visita ufficiale sarà a Berlino), ma con una politica diversa della Germania che la Merkel ha già capito e che porterà avanti forse nel suo ultimo mandato (se riesce come probabile a rivincere). Una politica che rilanci la Unione e che coinvolga alcuni grandi paesi europei in maggior misura (tra cui il nostro che è un paese fondatore e la Spagna). La Germania non può fare a meno della Francia che è membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e che è una potenza nucleare tra le altre cose e a parte la storia dei due paesi.
Il DIBATTITO POLITICO ITALIANO (I). Matteo Renzi proclamato segretario del PD. Coinvolgimento importante come vicesegretario unico di Maurizio Martina. Intervento molto polemico che annuncia forte opposizione di Andrea Orlando e intervento conciliante invece di Michele Emiliano. Matteo Orfini è stato confermato Presidente e sono stati nominati due Vice Presidenti in rappresentanza dei due concorrenti alle primarie. Sul programma: elezioni politiche alla scadenza (tra aprile e maggio del prossimo anno), disponibilità a proposte avanzate in Parlamento su qualsiasi legge elettorale, tre parole d’ordine per i prossimi anni e cioè lavoro, casa e mamme, azione per cambiare l’Europa (proposta per l’elezione diretta del Presidente dell’Unione e primarie per la designazione dei candidati), attenzione a tecnologia, innovazione, cambiamento e sviluppo di capacità di progettazione soprattutto nelle periferie (il motivo per cui spesso non si prendono i finanziamenti europei). Un viatico interessante e per la verità scontato, comunque gente che partecipa ed aiuta la democrazia del paese. Forse si avverte la mancanza di coraggio di Renzi, si sente che non è Macron (certo la cultura di base è diversa, l’ambiente di provenienza pure, anche la professionalità, forse l’ambizione è uguale così come la voglia di lavorare per il proprio paese).
Il DIBATTITO POLITICO ITALIANO (II). A livello di gossip possibili dimissioni di Maurizio Martina dal governo per dedicarsi alle sue nuove funzioni e cooptazione da parte di Paolo Gentiloni di Giuliano Pisapia (ormai ha quasi preso atto che la sua ipotesi, soprattutto da quando la porta avanti Massimo D’Alema, non ha futuro e quindi meglio aiutare il paese in altro modo). Il gruppo dei fuori usciti dal PD è un po’ frastornato: deve decidere se appoggiare il progetto di Macron in Europa (non più destra e sinistra, ma soluzioni ai problemi) o ricalcare quello che faranno in Francia Melenchon e Le Pen, una forza di opposizione populista (un po’ fascista e un po’ comunista), od ancora inseguire modelli di tipo venezuelano (hasta la victoria o la muerte). Nel centro destra la sconfitta di Marie Le Pen potrebbe aiutare Berlusconi a convincere Salvini che l’estremismo che lui ama non porta da nessuna parte in nessun posto (ma non lo convincerà).
IN GRAN BRETAGNA si avvicina la data delle elezioni politiche (8 giugno). Intanto si sono svolte quelle municipali con una grande avanzata dei conservatori, un regresso dei laburisti e la quasi scomparsa dei nazisti di Ukip. Ma erano elezioni periferiche nelle aree provinciali dove ha vinto Brexit e dove si annida il conservatorismo inglese più profondo. Un segnale non del tutto rassicurante (a parte la scomparsa dei nazisti della Ukip alleati in Europa dei 5 stelle italiani).
IN GERMANIA un altro segnale. Nelle elezioni regionali del land più a nord al confine della Danimarca (Schleswig Holstein) dove governavano i socialdemocratici, adesso ha vinto Angela Merkel, la sua CDU, scompaiono quelli di De Linke (estremisti di sinistra) e quasi quelli di AfD (estremisti di destra). Il populismo è in declino anche se a vantaggio delle destre anche qui.
IN VENEZUELA la crisi continua, la protesta pure, la violenza non si ferma e i morti aumentano. Adesso i giovani stanno tirando giù statue e altri simboli del periodo di Hugo Chavez. Cosa non è riuscito a fare questo Nicolas Maduro! Lenin diceva che la sua cuoca poteva fare il Ministro delle Finanze perchè tutti siamo uguali e intercambiabili, ma un ex camionista in questo caso ha distrutto il paese.
Probabilmente molto soddisfatto della abolizione della riforma sanitaria di Obama, DONALD TRUMP STA ALLENTANDO le tensioni internazionali e in particolare quella con la Corea del Nord. Da qualche giorno non fa alcun pronunciamento, infatti. A chi gli dice, a proposito della riforma sanitaria cancellata, che ora ci sono circa 27 milioni di americani senza assistenza, risponde che chi si ammala non è un buon cittadino e la malattia è una colpa. Il razzismo non ha confini.
In questi tempi SI SUSSEGUONO CONSULTAZIONI ELETTORALI in tante parti del mondo. Ovunque, a livello locale, regionale o nazionale, la sinistra, sotto qualsiasi forma (riformista o massimalista), è sconfitta. I paesi dove la sinistra ha governato stanno cambiando orientamento in modo più o meno violento. Nascono forme nuove di interpretazione della realtà sociale e del futuro, tentativi che cercano di combattere contro un conservatorismo che, per mancanza di cultura o di coraggio e per difendere privilegi e posizioni sociali acquisite, si dimostra sempre più attaccato al potere e contrario al cambiamento e alla innovazione. La sensazione tuttavia è che un percorso verso un futuro diverso sta per cominciare, i segnali sono ancora deboli, ma ci sono inequivocabili. Il nostro paese forse è il meno sorretto dalla cultura generale e il più affossato dai tanti e diffusi privilegi e purtroppo si percepisce che arranca nelle ultime file. Ma non bisogna disperare, forse prima o dopo i giovani arrivano!