Natalia Eremeyeva Duarte (from Anaheim, CA - United States.) - Saint Basil’s Cathedral in Moscow
Pubblichiamo la risposta di Giovanni Boschetti al commento di Vincenzo Rampolla a La guerra Santa di Putin (3)
Risposta al commento di Vincenzo Rampolla
di Giovanni Boschetti
Sono caduto nel tranello…
La vanità, la testardaggine, la ricerca di Verità, il desiderio di umiliare chi si ha di fronte, a volte la supponenza, spesso il compiacersi, ma sempre quel piacere intimo di sconfiggere il ‘nemico’ o chi si ha di fronte, rendono la vita con gli uomini e in mezzo agli uomini ‘insopportabile’. Almeno da parte mia. Lo ripeto, mi sono ritirato dall’arena della vita.
Si, perché l’uomo, nel suo intimo profondo, è attratto dalla “guerra”, (vedi premessa 5 del mio terzo articolo) e dal suo nobile onore. Che sia guerra per conquiste o per prevalere fisicamente o moralmente o ideologicamente, sempre e comunque domina la “guerra” per prevalere sull’altro.
È per questo che avevo deciso di non rispondere.
Se giunti alla nostra età, in cui la veemenza giovanile, la caparbietà matura e la presunzione della conoscenza sono ancora ‘animus pugnandi’, ma che dovrebbero cedere, lentamente, il posto alla saggezza e ciò non si è ancora sviluppato, allora alzo le mani e mi arrendo. Lo ripeto, non desidero più partecipare alle battaglie personali, ai contraddittori, alle dispute. Mi dispiace.
Prima, però, un’ultima considerazione.
Perché, lei Rampolla, ha voluto introdurre il problema ebraico attraverso Florenskij? Personalmente ammiro il grande pensatore per la sua filosofica spiritualità. Null’altro.
Se lei riduce la grandezza di questo filosofo, nonché teologo e quant’altro alla sola questione antisemita, beh, mi sembra molto riduttivo. Leggere e capire il pensiero di Florenskij è difficile, molto difficile, rischiando di non comprenderlo e scivolando in interpretazioni errate o incomplete. Era, come pochissimi altri uomini nella storia dell’umanità, su una Conoscenza superiore, incomprensibile ai più.
Tornando alla questione, lei solleva il problema forse perché il grande pensatore, nella sua convinta spiritualità, ha scalfito l’esistenza degli ebrei? Non possiamo ogni volta ricondurre le vicende umane alla questione ebraica.
Il passato è passato, basta commiserazione sempre e comunque. Altri popoli sono stati perseguitati, dilaniati, devastati, falcidiati e vilipesi se non addirittura fatti sparire; gli armeni, gli indiani d’America, gli ebrei stessi, i genocidi di vari popoli dell’Africa. Ogni epoca ha avuto i suoi fantasmi in tal senso, da quando l’uomo esiste.
Penso che, pur rispettando tutti gli altri, gli ebrei siano un popolo eroico, intelligente e colto. Però non bisogna pensare sempre di essere perseguitati. Quella stagione passata è stata una delle atrocità più devastanti, ma ora è giunto il momento decisivo di guardare avanti!
Per sua conoscenza non mi interessa la questione antisemita, non la conosco e nemmeno desidero farlo.
Vorrei, per un attimo, tornare sul concetto di Verità che tanto ha solleticato il sig. Rampolla, citando un brano di Gianluca Minella, noto psicologo, ecc. che parla di Pavel Florenskij.
“[…] Durante la sua prigionia, Florenskij, scriveva al figlio Kirill: “Ho cercato di comprendere la struttura del mondo con una continua dialettica del pensiero”. Dialettica vuol dire movimento, pensiero vivo, perché “il pensiero vivo è per forza dialettico”,mentre il pensiero che non si muove è quello morto dell’ ideologia, che, nella versione religiosa, si chiama dogmatismo. Il pensiero si muove se è sostenuto da intelligenza, libertà interiore e soprattutto amore per la verità, qualità avverse a ogni assolutismo e abbastanza rare anche nella religiosità tradizionale.
Al riguardo Florenskij racconta che da bambino “il nome di Dio, quando me lo ponevano quale limite esterno, quale sminuimento del mio essere uomo, era in grado di farmi arrabbiare tantissimo”. La sua lezione spirituale è piuttosto un’ altra: la fede non è un assoluto, è relativa, relativa alla ricerca della verità. Quando la fede non si comprende più come via verso qualcosa di più grande ma si assolutizza, si fossilizza in dogmatismo e tradisce la verità. La dialettica elevata a chiave del reale si chiama antinomia, concetto decisivo per Florenskij che significa “scontro tra due leggi” entrambe legittime.
L’antinomia si ottiene guardando la vita, che ha motivi per dire che ha un senso e altri opposti. Di solito gli uomini scelgono una prospettiva perché tenerle entrambe è lacerante, ma così mutilano l’esperienza integrale della realtà. Ne viene che ciò che i più ritengono la verità, è solo un polo della verità integrale, per attingere la quale occorre il coraggio di muoversi andando dalla propria prospettiva verso il suo contrario. Conservando la propria verità, e insieme comprendendone il contrario, si entra nell’antinomia.
“La verità è antinomica e non può non essere tale”, scrive Florenskij nello straordinario capitolo della Colonna dedicato alla contraddizione dove convengono Eraclito, Platone, Cusano, Fichte, Schelling, Hegel.[…]”
Le chiedo di leggere attentamente quanto ho scritto negli articoli e nella risposta. Nulla è lasciato al caso. Ogni parola, ogni virgola ha un senso compiuto, magari non condivisibile, ma nel principio del sito di cui siamo ospiti, accettabile.
Gli addetti ai lavori mi dicono che, nella semplicità e con un linguaggio fluido, riesco a rendere comprensibili concetti anche complessi. Forse se leggesse il mio libro “Le sette porte - il Sogno di un Amore” comprenderebbe meglio il mio pensiero. Nessun estremismo, anzi…
Dopodiché desidero, anche se non ne ha bisogno, “difendere” la grandezza di Florenskij invitandovi a leggere il link sottostante. Il sig. Rampolla mi ‘obbliga’ a farlo.
La Verità? Ha sempre bisogno di essere ricercata in virtù delle sue contrapposizioni.
Che Dio ce ne liberi…