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Effetti collaterali di un premio Oscar
di Graziano Saibene
Ho aspettato fino all'ultimo giorno di carnevale, prima di scrivere queste note.
Come ho già raccontato su queste pagine, (Il Paese del Carnevale, maggio 2019), a Rio la festa è così totalizzante, che per combinare qualcosa è meglio aspettare che finisca.
Stavo infatti preparando qualche appunto sulle vicende legate al tentato golpe dell'8 gennaio 23, cui ho avuto la possibilità di assistere quasi in diretta (per lo meno in TV) e che sono state quindi oggetto delle mie cronache di quei giorni frenetici:
(E se facessimo un samba? ---- Brasile - Carnevalata amara ---- 8 gennaio 2023, il giorno più nero di una città luminosa. E adesso?).
quando, durante un intervallo fra le sfilate del Sombodromo è arrivata la notizia che il film brasiliano Ainda estou aquì – I'm still here di Walter Salles aveva vinto il premio Oscar come miglior film straniero. E' la prima volta che arriva un Oscar per la cinematografia brasiliana, che è, da sempre, di ottimo livello, potendo contare su registi, attori, sceneggiatori che producono tutto l'anno lavori e serie per tutti i media. Quindi da giorni, in tutto il Paese, tifo da stadio su tutti i canali TV, e, all'arrivo della notizia, esplosione di gioia, come alla vittoria di una coppa del mondo!
Ma qui mi preme far notare un aspetto collaterale diverso: da tempo, l'atmosfera politica - e non solo – risentiva dei problemi che il governo Lula stava affrontando, sia per la debolezza del capo – troppo vecchio, oramai non più abbastanza lucido e anche recentemente colpito da seri guai fisici e sanitari – sia per la configurazione del Congresso, significativamente sbilanciato a destra, con grande peso e influenza dei deputati e senatori bolsonaristi eletti al primo turno delle ultime elezioni politiche.
Si stava inesorabilmente profilando, sia nel Paese, che nel Congresso, una tendenza a invocare e preparare una grande amnistia per tutti gli accusati che avevano tramato e tentato di eseguire quel colpo di stato che avrebbe voluto restaurare un regime di dittatura militare simile a quello del 1964-1985. La Corte Suprema – su richiesta del Procuratore Generale - aveva però accettato le conclusioni dell'inchiesta portata avanti dalla Polizia Federale, aiutata dalla collaborazione di giustizia premiata del tenente colonnello Mauro Cid, che era stato fino all'ultimo attendente e factotum dell'ex presidente Jair Bolsonaro.
L'elezione di Trump negli Stati Uniti ed il suo insediamento avevano ancor più galvanizzato i bolsonaristi, suoi entusiasti tifosi, sempre più incattiviti contro Alexandre de Moraes, presidente di turno della Suprema Corte, sia ai tempi del tentativo di golpe che dell'inchiesta che li riguarda. E per di più responsabile di aver proibito la diffusione sul territorio brasiliano delle fake news distribuite dal canale di X di Elon Musk, che, contrariamente a quanto previsto anche qui, come in Europa, non aveva insediato una filiale locale a cui rivolgersi per far rispettare le regole vigenti in questo Paese.
Secondo le conclusioni delle indagini, rinforzate dalle prove documentali raccolte al momento dell'arresto di Mauro Cid e registrate nei suoi cellulari e nel computer sequestratogli in quell'occasione, sono difficilmente contestabili le responsabilità oggettive sia dell'ex presidente che di alcuni suoi ministri e collaboratori nelle varie fasi di preparazione e nel tentativo di esecuzione finale del colpo di stato, frustrato l'8 gennaio 2023. Oltre alla minuta del documento approvato da tutto il “comitato” e diffuso a tutti coloro che dovevano attuarlo, ci sono anche le prove del finanziamento e di chi lo aveva fornito, e persino del piano per uccidere sia il presidente eletto (Lula) che il suo vice (Alkmin) e persino lo stesso Giudice Alexandre de Moraes. Giudice che Trump e Elon Musk hanno provato a zittire, condannandolo (negli Stati Uniti) per impedire la libera circolazione (in Brasile) delle loro idee.
Da quando è uscito il film di Walter Salles, milioni di Brasiliani hanno potuto conoscere le malefatte dei dittatori militari di allora, ma soprattutto apprezzare la magistrale attuazione dell'attrice Fernanda Torres nella parte di Eunice Paiva, la sposa dell'ingegnere e deputato Ruben Paiva: tra il giorno in cui questi fu strappato alla sua famiglia dagli sbirri dei dittatori, e la notte dell'Oscar a Los Angeles sono passati più di 54 anni un mese e 10 giorni, tempo in cui Eunice e i suoi 5 figli hanno passato di tutto nell'attesa di un corpo, che ancora non è arrivato: una vera e propria tragedia greca!
Oggi il Brasile è immerso in questa storia come se fosse accaduta ieri: non dimenticare è stato il grande merito del Paese; far conoscere a tutto il mondo quella storia è stato il maggior premio dato al Brasile e alla sua democrazia. Quel premio a “Ainda estou aquì” è arrivato proprio nel momento più giusto.
Qui più di cinque milioni di persone hanno già visto il film, nelle famiglie se ne è parlato e discusso: non è poco in un Paese in cui la cancellazione della memoria è una strategia per sfuggire da temi scomodi.
Nella sala stampa Walter Salles, dopo il suo breve discorso in cui ha spiegato le figure di Eunice e delle due Fernande (le attrici Torres e Montenegro), ha sottolineato la fragilità della democrazia “tanto in Brasile, quanto negli Stati Uniti” ripetendo che “Stiamo vivendo un momento in cui la cancellazione della memoria appare sempre più un progetto di potere; quindi, creare memoria diventa estremamente importante!”.
E questo lo hanno sentito dire quasi un miliardo di persone che hanno seguito la trasmissione TV del Premio Oscar.