Aggiornato al 08/09/2024

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Voltaire

Tokamak CEA. In verde la sezione degli anelli di confinamento del lotto di 6 bobine magnetiche dell’intero sistema

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Il nucleare francese, caso complesso e di attualità

di Vincenzo Rampolla

 

La Francia è oggi il Paese al mondo con la più alta percentuale di elettricità di origine nucleare e nel 2021 questo era il 68% della sua produzione totale di elettricità. A livello globale, la quota del nucleare nella produzione di elettricità è stata del 9,8% e per tutti i Paesi UE, ad eccezione della Francia, a livello del 14%. Per chiarire questa singolare posizione, bisogna risalire ai primi anni ’80, quando la Francia era diventata una potenza nucleare militare ed era in corso un programma per la costruzione di 58 reattori nucleari.

Facendo leva sulla sua base nazionale, l’ambizione della Francia era che questa industria arrivasse a conquistare un promettente mercato europeo, se non mondiale. Tale scommessa sulle esportazioni si basava su allettanti previsioni di sviluppo, come quelle dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), che nel 1973 aveva profetizzato che nel 2000 la potenza nucleare installata nel mondo sarebbe stata di 5400 GWe. All’epoca il nucleare è stato presentato come una delle più convincenti garanzie per fronteggiare gli shock petroliferi, garantendo una maggiore indipendenza energetica ed elettricità a basso costo.

Nel 2001 la Francia aveva raggiunto i suoi obiettivi interni; i 58 reattori, entrati in servizio tra il 1977 e il 2001, erano tutti operativi e il modello industriale integrato immaginato era in funzione, ma non tutto era filato come previsto: nel mercato domestico era venuta meno la necessità di costruire nuovi reattori, essendo la capacità installata più che sufficiente per far fronte ai consumi elettrici, con crescita ben più debole di quanto vaticinato. Il progetto di un Surgénérateur (reattore a neutroni veloci) si rivela un fallimento: entra in funzione solo per pochi mesi e a livello internazionale, le previsioni di crescita per l’anno 2000 sono disastrose, con una capacità installata nel mondo ridotta a 360 GWe, 15 volte inferiore a quella decantata dall’AIEA 30 anni prima.

Di fronte a questa situazione, si apre una nuova scommessa con il rilancio nucleare a livello mondiale, grandeur oblige: si punta su un reattore cosiddetto di nuova generazione, l’EPR (European Pressurized Reactor mutato poi in Evolutionary Power Reactor), carta vincente destinata a giocare un ruolo di primo piano. Questo EPR, con una potenza unitaria di 1600 MWe, un investimento stimato a €3,5 Mld e un periodo di costruzione annunciato di 5 anni, è destinato a sostituire gradualmente i PWR (Pressurized Light-Water Moderated and Cooled Reactor, poi Pressured Water Reactor) esistenti in Francia per portarli all’end game della loro vita tecnica e per salire al podio della punta di diamante dell’industria nucleare a vocazione export.

All’inizio del 2022 gli oracoli sentenziano: ancora una volta, tutto è andato storto, il mercato nucleare mondiale rimane debole, la capacità produttiva nel mondo è oggi al livello del 2000 e la quota del nucleare nella produzione mondiale di elettricità è fortemente diminuita, addirittura dimezzandosi, passando dal 17% nel 2000 al 9,8% nel 2021. Alla data attuale sono state costruite solo 6 centrali EPR: una in Francia, una in Finlandia, due in Cina e due in Gran Bretagna. In Francia il primo EPR del 2007, sarebbe dovuto entrare in produzione nel 2012 e non è ancora completato; i costi aggiuntivi ai €10,9Md iniziali, sono attualmente stimati dalla Corte dei Conti a €16 M e la messa in servizio dovrebbe avvenire entro il 2024. In Finlandia il reattore è stato completato a dicembre 2021, con 12 anni di ritardo e con un costo aggiuntivo di almeno €12 M, e l’immissione di energia elettrica nella rete è prevista nel 2024. I due EPR in Cina hanno ripreso la produzione nel 2019, con 7 anni di ritardo rispetto al previsto, e uno di essi è spento dall’agosto 2021 senza chiarezza sulle ragioni di tale chiusura né sulla durata. I due EPR in GB sono in costruzione con notevoli ritardi e con costi oltre le previsioni. Nel 2009 si ricorda che EDF (Electricitè de France) e ENEL hanno firmato un accordo di costruzione di 4 EPR in Italia, avendo ENEL acquisito una quota del 12,5% nell’EPR francese. A giugno 2011 il referendum di rigetto di questa scelta del nucleare ha reso nullo ogni piano, l’ENEL si è ritirata nel 2012 dall’EPR francese, recuperando i €600 M investiti nel progetto.

La stagnazione del mercato mondiale e le difficoltà nella costruzione dei primi EPR hanno portato lo Stato francese a ristrutturare la propria industria nucleare nazionale: EDF ha preso il controllo diretto di tutto ciò che riguarda il reattore, mentre a URANO competono le attività del ciclo del combustibile. Questa società mantiene il controllo dell'impianto composto da due reattori PWR da 4.270MWt e da 1.571MWe, operativi entrambi nella centrale di Chooz, insieme ai due della centrale di Civaux, i più potenti reattori costruiti in Francia, fino all'avvento dell'EPR (2010). Le due società hanno azionisti controllati dallo Stato e l’operazione di ristrutturazione ha richiesto una massiccia iniezione di denaro pubblico.

All’inizio del 2022 emerge che la classe politica francese continua a difendere il proprio modello industriale nucleare, mantenendo il sostegno incondizionato della maggior parte dei candidati alle prossime elezioni presidenziali.  Macron ha annunciato un piano per la costruzione in Francia di 14 EPR in sostituzione dei vecchi PWR e meno costosi di quelli attuali. A livello internazionale, punta ancora sul grande mercato che dovrebbero avere i nuovi EPR, ma deve fare i conti con la realtà:

  1. La prima valutazione dei costi e dei tempi di realizzazione è critica;
  2. Senza sovvenzioni, EDF affonda in un pauroso indebitamento, con 12 reattori fermi da gennaio;
  3. Urge il finanziamento di decine di miliardi per lo smantellamento delle centrali da chiudere e altrettanti destinati allo smaltimento delle scorie;
  4. La scarsa competitività del nucleare rispetto ad altre tecnologie di produzione di energia elettrica deve fare i conti con i costi di produzione del KWh del nuovo nucleare, almeno il doppio di quelli dei nuovi progetti eolici e solari;
  5. Emerge la debole competitività francese con il nucleare di Russia e Cina.

Anche se il nucleare è oggi la prima fonte di produzione di elettricità in Francia e possiede un’industria nucleare integrata, la scommessa di conquistare una leadership sul mercato mondiale è andata persa e resta difficile valutare il costante intervento finanziario dello Stato attuale e futuro. Concentrando la maggior parte delle proprie risorse sull’energia nucleare, la Francia è stata per quarant’anni a margine dello sviluppo di altre tecnologie di produzione di energia elettrica, dal 2000, solare ed eolico (tra il 2000 e il 2020, una capacità di 1423 GWe di solare fotovoltaico ed eolico è stata installata nel mondo, contro 42 GWe di nucleare). Il ritardo francese nelle tecnologie rinnovabili sarà tanto più preoccupante se il rilancio dell’energia nucleare nel mondo annunciato oggi incontrerà la stessa sorte dei rilanci annunciati all’inizio degli anni 2000 e 2010.

A conti fatti, l’energia nucleare costituisce solo il 9,8% della produzione mondiale di elettricità e la sua quota sul fabbisogno energetico finale del pianeta è del 2%.  

E arriva la buona notizia. Il 7 maggio 2024 l’ASN (Autorità di Sicurezza Nucleare) autorizza finalmente la messa in servizio dell'EPR di Flamanville nel Nord del Paese. Il caricamento del combustibile è un trionfo per l'industria nucleare e le squadre dell'EDF iniziano a caricare il nocciolo del reattore, in totale 241 gruppi di combustibile, per poi concentrare diversi mesi alle operazioni di avviamento (controlli, test, ...). Connessione alla rete elettrica prevista in estate 2024.

Alla notizia fa eco l’annuncio del Presidente Macron che, dopo più di due anni di trattative,  dalla società energetica francese Steam Power riporta in EDF le potenti turbine Arabelle prodotte a Belfort (Francia) negli ex stabilimenti Alstom e acquistate nel 2016 dall'americana GE. Essenziali per i reattori EPR, EPR2 (European Pressurized Reactor) e SMR (Small Modular Reactor); F.Wiscart, presidente di Arabelle Solutions, commenta : Un terzo delle centrali nucleari del mondo si affida già alle nostre tecnologie di turbine a vapore e alternatori e alle nostre solide capacità di servizio per produrre elettricità a basse emissioni di carbonio.

Nel frattempo le ambizioni nucleari francesi scalpitano, al pari delle scommesse su risultati futuri nella ricerca sulla fusione nucleare, target di primissimo piano. La Francia è all’avanguardia e procede a ritmo sostenuto.  Il tokamak WEST (Tungsten Environment in Steady-state Tokamak) situato nel sito CEA (Commission of Atomic and Alternative Energies) a Cadarache nel Sud della Francia, ha concluso la sua campagna sperimentale stabilendo un nuovo record di produzione di energia; inoltre, è stata consegnata la 6ª bobina di campo magnetico, la più avanzata per il funzionamento del Centro ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor). La costruzione è opera di un consorzio internazionale composto da UE, Russia, Cina, Giappone, Usa, India, Corea del Sud. L'Italia è coinvolta nella progettazione e realizzazione del sistema di sospensione magnetica, con circa il 60% dei contratti industriali aggiudicati ad aziende italiane.

Va precisato che WEST è un tokamak di ricerca sulla fusione nucleare basato sul confinamento magnetico. Utilizza il tungsteno (W di West) come materiale di rivestimento delle pareti interne e grazie alle elevate proprietà di resistenza al calore, sembra il più adatto per le future mega-centrali elettronucleari a fusione operative, non più sperimentali. Coinvolgendo 35 Paesi, è il progetto di fusione nucleare più ambizioso, capitalizzando sul patrimonio degli studi mondiali di settore. Dopo poco meno di 4 mesi di campagna sperimentale, il tokamak WEST ha stabilito il suo nuovo record di fusione dei gas riproducendo il fenomeno prodotto nel sole, un plasma a 50 M °C, per una durata di 6 minuti e 4 secondi. Si tratta del 15% di energia in più rispetto alla precedente configurazione tokamak, con plasma di densità doppia.

Al di là del record, questa campagna è stata un'opportunità per compiere nuovi progressi che potrebbero essere implementati in futuro per il funzionamento di ITER. Innanzitutto uno schermo di protezione per non compromettere il funzionamento del tokamak; in secondo luogo, nuovi scenari sperimentali, in parte già realizzati, per esplorare la distribuzione della temperatura all'interno del plasma e migliorare la durata dei componenti investiti dall’energia termica.

La sesta e ultima bobina del campo magnetico (24,7 m, 384 t), è stata completata e consegnata al sito ITER di Cadarache a maggio 2024. Queste grandi bobine circolari corrispondono a giganteschi magneti, posizionati attorno alla vasca (vedi fig.) che confinano il plasma in modo da mantenerlo lontano dalle pareti. È la più grande del lotto ed è uno dei 4 avvolgimenti prodotti con il contributo di aziende europee. Altri due, di dimensione inferiore, sono stati prodotti in Cina e Russia. Il completamento di quest'ultimo progetto ha confermato che i team F4E (FusionforEnergy) hanno sperimentato un notevole aumento delle competenze durante l'intero progetto, contribuendo a un significativo risparmio di tempo. Infatti, come chiarisce Enrico Vizio, responsabile del programma Acting Magnets di F4E: ci sono voluti circa 2 anni e 9 mesi per completare la bobina, circa il 40% e il 15% in meno delle due bobine precedenti.

 

(consultazione:    flamanville - iaea - nuclear power reactors in the world, 2018 su www-pub.iaea.org.; cadarache - installations nucléaires in paca, su asn.fr )

 

 

Inserito il:19/06/2024 09:37:41
Ultimo aggiornamento:19/06/2024 15:00:25
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