Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Estelle Barbet (Maroc, 1977 – Lansargues, F) – Emulation

 

Emulazione

di Giorgio Panattoni

 

La emulazione è diventata oggi una delle molle del crimine più estesa e diffusa, a molti e diversi livelli.

E alla emulazione contribuisce purtroppo la tecnica moderna di visualizzazione e di offerta di fatti prototipo ormai così diffusa negli strumenti di informazione di massa.

Ormai fatti poco spiegabili senza ricorrere alla voglia di fare cose viste e narrate da altri, glorificate dalla informazione e dall’intrattenimento di massa, sono sempre più frequenti e attraversano tutte le espressioni devianti della società.

Faccio qualche esempio.

Il ricorso all’acido per sfregiare una donna era quasi sconosciuto prima dei fatti clamorosi emersi e offerti in dettaglio dai media in questi ultimi tempi.

Per non parlare dei femminicidi.

L’uso di macchine bomba per investire ignari cittadini in luoghi affollati si è diffuso solo dopo che fanatici ISIS, simpatizzanti e malati mentali ne hanno fatto uso frequente ampiamente e dettagliatamente descritto e diffuso.

Gli atti di bullismo, che invadono sempre di più la scuola, si sono moltiplicati dopo la narrazione estesa di tali comportamenti violenti.

Così come la diffusione sul web di foto spinte di fidanzate e affini catturate con il consenso sciocco, anch’esso figlio della emulazione, e diffuse col dolo era sconosciuto sino a poco tempo fa.

E così via.

Perché emulazione? Forse perché ci si adegua a modelli che invadono la nostra vita in modo sempre più irruente e continuo e inducono a credere che se un modello viene proposto così insistentemente, duplicandolo, si è all’altezza dei comportamenti premianti.

Naturalmente questa non è la sola spiegazione, un po’ estrema, che si deve dare a comportamenti di questo tipo, ma sarebbe bene incominciare a pensare seriamente al problema.

Ad esempio io credo che trasmissioni come Gomorra siano altamente diseducative, anche perché riferiscono fatti e comportamenti che si ritrovano nell’immaginario della nostra storia di mafie e similari. E seminano stimoli molto concreti in ambienti propensi ad accettarli senza particolari difese. Anzi.

Mi ha altamente colpito il caso del ragazzino con 3 kg di cocaina nello zainetto scolastico all’entrata della scuola, e con 10 kg di cocaina in casa propria.

Solo malavita organizzata?

Non credo, sono convinto che dietro ci sia anche la molla della emulazione facile di comportamenti remunerativi, se non altro sotto il profilo del prestigio e del successo personale secondo stereotipi ormai consolidati.

Insomma, il proliferare della informazione di tipo delittuoso quasi certamente influisce sui modelli di comportamento di persone già in qualche modo aperte agli stimoli che ne derivano.

Una volta mi dicevano che mostrare fatti violenti serviva a dissuadere dal farli, anche perché alla fine quasi sempre vinceva la legge e i buoni avevano il sopravvento.

Il finale dei film americani era l’esempio a quei tempi.

Ora non ne sono più convinto, perché la legge è lungi dal controllare questi fenomeni, ormai quasi di massa, e i buoni non costituiscono più il modello vincente.

Forse mi sbaglio, ma sarebbe necessaria una riflessione più approfondita su questi fenomeni, e non l’approccio superficiale e privo di responsabilità che mi pare emergere dalla enorme e catastrofica diffusione della informazione di massa.

 

Inserito il:23/12/2017 18:31:56
Ultimo aggiornamento:23/12/2017 18:39:45
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