Adriaen van de Venne (Delft, NL, 1859 – L’Aia, 1662) – Allegory of Poverty
Povertà e desiderio
di Vincenzo Rampolla
Chi nasce povero, non ha desideri.
Non può e non deve avere desideri.
Nell’istante del desiderio diviene pericoloso,
subito va ricacciato nella condizione d’origine.
Per lui non c’è scampo.
Chi nasce povero è ben altro da chi si dice povero o vive come tale.
Chi nasce povero non conosce altre realtà. Non vi accede. Non può. Non sa.
Può protestare? Non protesta mai.
Non conosce altra vita. Non se ne preoccupa.
Hai mai conosciuto un povero, un povero vero?
Chi è questo povero? A chi serve? Lui mi guarda inebetito. Che vede in me?
Non vede il riscatto sociale, né lo desidera.
Può volere la rivoluzione? Mai.
Ha il diritto per dire: chi sono? Assolutamente no.
Ha la giusta parola per domandare: a che servo? Neanche per idea.
Accetta forse la sua povertà? Non esiste per lui il verbo accettare.
La sua è povertà: non subisce, non si rassegna.
E’ povero. Punto.
E chi è povero rimane tale: in vitam aeternam.
Chi allora vorrebbe cambiare quella condizione? Chi lo desidera?
Perché tramutare il povero in un essere diverso, in un non-povero?
Perché ribaltare la vita di qualche miliardo di poveri della terra? Qualche milione, un centinaio. Uno solo … A chi giova?
Perché sapere che sul pianeta ogni minuto sei bambini muoiono di fame? E allora?
Conta fino a dieci e un’altro se n’è andato.
Che cosa spingerebbe le Nazioni a togliere o a ridurre la povertà ai poveri? Quale principio politico, etico o sociale, economico o finanziario, umano o religioso, trascinerebbe le Nazioni a tale passo? Per quale amore del prossimo dovrebbero farlo? In coro, tutti a gran voce: Perché amare gente misera, affamata, sporca e fatalmente destinata alla morte?
Per non perdere l’abitudine, come funghi nascono marce per la povertà e Associazioni per le Nazioni povere. Nell’Italia dei falsi invalidi, come funghi spuntano politici e sindacati, anche un Vice Presidente del Consiglio, giovani, preti e monache, con la voglia di fare il miracolo. Gente di tutto il mondo.
Tutti parlano, pregano, cantano, marciano e gridano in simbiosi.
I potenti del mondo scrivono, firmano e urlano in sintonia:
Povertà! Viva la povertà!
Povertà! Povertà! Po-ver-tà … Po-ver-tà …
Po-ver-tà per l’eternità!
Unanimi vibrano
e fingono di decidere
e vagheggiano di agire
e rinviano il problema
e lo lasciano lievitare, ingigantire, incupire.
Sogghignano all’unisono.
Si sgomitano in segreto.
Ammiccano con gli occhi socchiusi.
Complici gongolano, anelano e proclamano:
E chissene occupa?