Jan Theuninck (Zonnebecke, Belgio, 1954 - ) – No-Go Zone
Le no-go zones in Europa
di Achille De Tommaso
Le no-go zones in Europa: aree di violenza, dove anche la polizia si rifiuta di entrare esistono veramente? Ci sono aree di alcune città europee di cui la polizia ha perso il controllo? Dove ambulanze e postini si rifiutano di andare? Dove i non-locali farebbero meglio a non recarvisi e dove vige una legge “parallela”?
Avete mai sentito parlare delle “no go zones” europee ? Strano, perché sono aree di città europee al cui ingresso dicono si possa anche rischiare la vita. Se esistono, non è strano che esistano; ma può apparire strano che da noi non se ne parli molto.
Vi proporrò qualche informazione su queste zone; con un avviso importante e preliminare: alcuni media e alcuni sindaci e alcune polizie sono riluttanti ad ammettere che queste aree esistano così come definite (vediamo appresso la definizione di no-go zones); e magari spergiurano sul fatto che, si, sono aree a criminalità elevatissima; ma non tali da scoraggiarne completamente l’ingresso.
Anzi, ci sono due, abbastanza recenti e plateali, reazioni delle istituzioni, che rimarcano, circa queste zone, la loro non esistenza; (anche se però ammettono che in esse la criminalità sia elevatissima e il controllo della polizia inefficace). Entrambe le reazioni sono state generate dalla TV statunitense FoxNews, che cominciò a sollevare il problema no-go zones su Parigi a seguito dell’attentato di Charlie Hebdo, e si beccò una minaccia di querela dal relativo sindaco; querela mai condotta a termine. La seconda con Birmingham, che fu ripresa anche da Donald Trump, in uno dei suoi attacchi all’immigrazione incontrollata. In questo caso FoxNews ammise di aver esagerato e fece le sue scuse. Ma il caso era ormai sollevato; e, nella realtà, il passo indietro di FoxNews non convinse tutti, e alcuni andarono a fondo. Se avete voglia di leggere l’analisi delle scuse portate da FoxNews, leggete il link (13). Vi accorgerete che il problema che ebbe la TV fu quello di aver detto che Birmingham è una città totalmente mussulmana e dove i non-mussulmani non entrano. E questo fu giudicato falso: è solo in alcune parti di Birmingham (e di Bradford, di Luton, Leicester) dove pare sia sconsigliabile andare. E comunque, nel 2012, il professor Hamid Ghodse dell’ United Nations' International Narcotics Control Board definì proprio alcune aree di Birmingham, Manchester e Liverpool come "no-go areas" gestite da trafficanti di droga (19). Tra l’altro, poiché le “no go zones” sono conosciute da 15 anni (v. appresso), può apparire strano che abbiano fatto scalpore solo nel 2015, con i fatti di FoxNews. Ma forse è perché è stata la prima volta in cui il tema è assurto al piccolo schermo.
Il problema, comunque non sembra essere solo quello che ci sia, in queste zone, un alto livello di criminalità fuori controllo; ma di quale etnia siano quelli che la praticano; e questo genera un tema politico anche di carattere internazionale. Chi viaggia molto, infatti, è pratico del fatto che ci siano zone di alcune città in cui qualsiasi concierge ti sconsiglia di andare, soprattutto se sei donna e soprattutto se è di notte. Ma il tema che ci sia una specifica etnia coinvolta nel crimine pare essere tabù. “Va bene parlare di crimine incontrollato – sembra che dicano le istituzioni – ma è errato indicare che vi siano particolari etnie coinvolte precipuamente”.
Io ho cercato di rifarmi a riscontri il più possibile autorevoli e oggettivi, e ve li propongo.
Innanzitutto la definizione (tratta dal dizionario Collins): “dicesi no-go area un’area che ha reputazione di essere una zona di violenza e di crimine; controllata da gruppi di persone che usano la forza per ostacolare l’ingresso di persone non desiderate. Compresa la polizia”. Una definizione meno “politically correct”, ma molto diffusa, però definisce invece queste zone come “quartieri dominati da etnie, che sono in gran parte esclusi ai non appartenenti a quell’etnia, a causa di una varietà di fattori, tra cui l'illegalità”. (Al di là della veridicità dell’esistenza di queste zone, sorge il dubbio che sia strano che il dizionario Collins e altri si siano scomodati ad inventarsi una definizione di qualcosa che non esiste…)
Le autorità si dice abbiano di fatto perso il controllo su queste zone; che spesso pare vengano anche bandite dalla fornitura di servizi pubblici di base, come i servizi antincendio e le ambulanze”. Si capisce comunque come questa definizione non molto “politically correct” possa disturbare le coscienze di istituzioni che 1. Non vogliano mettere a repentaglio l’immagine della propria città. 2. Non vogliano si possano ingenerare criteri di generalizzazione negativa nei confronti di comunità molto numerose al cui interno possa esservi una criminalità superiore alla media; e ciò per evitare una caccia alle streghe. Si comprende subito, però, come questa seconda accezione possa rivestire alti rischi per la sicurezza individuale.
A detta di alcuni media, poche nazioni europee sono prive di no-go zones; ma non è mia intenzione fare un escursus completo; ne ho scelte quindi tre, a mio parere significative: Belgio, Svezia e Francia; con alcune note sull’Italia. In rete troverete ampia documentazione su tutto il resto.
BELGIO
Sulla scia degli attacchi di Parigi del 2015, il comune di Molenbeek, nei sobborghi a est di Bruxelles, fu descritto in taluni rapporti mediatici come una zona “no-go”.(1) In esso, vengono riportati sia la violenza delle bande di criminali generici, sia il fondamentalismo islamico; fatti che hanno alimentato non solo la marginalizzazione degli abitanti di questo comune, ma anche la disperazione e l’impotenza delle autorità.
Ebbene, dopo gli attacchi di Parigi il ministro degli Interni belga affermò che “il governo non ha controllato la situazione in Molenbeek” (2) e che i legami dei terroristi con questo distretto rappresentano un “problema gigantesco”. Non so quanti, a suo tempo, seguirono gli interventi della polizia in questo quartiere: essa non fu in realtà un’opera di polizia, ma di guerra; con autoblindo e forze dell’ordine dotate di armi e attrezzature da guerra.
La maggior parte dei belgi rimase un po’ stupefatta di sentire che la polizia aveva individuato gli indirizzi dei possibili attentatori a Bruxelles e arrestato i sospetti in meno di 24 ore. Tuttavia, pochi rimasero in realtà sorpresi, poi, nell’apprendere che i progetti per gli atti di terrorismo a Parigi si erano sviluppati a Molenbeek, un comune che era ed è stato a lungo come un magnete per i criminali di tutti i tipi, jihadisti compresi. Era ovvio che la polizia, in questo caso, fosse andata abbastanza “a colpo sicuro” nell’individuazione dei terroristi, probabilmente perché Molenbeek è riconosciuta anche come una enclave di integralismo.
C’è comunque il possibile dubbio che non siano aree dominate da mussulmani; ma dalla criminalità in generale, mussulmani compresi. Tutto è possibile, ma, guardando con attenzione, c’è una buona ragione perchè la polizia andasse a Molenbeek a colpo sicuro: perché questo quartiere è stato collegato a quasi tutti gli attentati legati al terrorismo in Belgio negli ultimi anni. Il marocchino Ayoub el-Khazzani, che ha aperto il fuoco con un Kalashnikov su un treno ad alta velocità, era vissuto a Molenbeek. Il franco-algerino Mehdi Nemmouche, che uccise quattro persone nel Museo ebraico di Bruxelles lo scorso anno, ha trascorso molto tempo a Molenbeek. E i due terroristi uccisi dalla polizia belga in una sparatoria nella città orientale di Verviers a gennaio erano di Molenbeek.
Coincidenze ? Oltre ad essere casa di molti marocchini e turchi, Molenbeek è anche una delle aree più povere del paese. Ha un tasso di disoccupazione del 30% (in fondo come Crotone, in Italia…) e uno su quattro dei suoi 95.000 abitanti non ha un passaporto belga. Sicuramente sia le bande di criminali, che il radicalismo islamico hanno nutrito la marginalizzazione e la disperazione di Molenbeek . La polizia dice comunque che le più pericolose delle circa 30 bande di Bruxelles provengono da Molenbeek. Non so se sia una “no-go zone”, ma sicuramente non è facile entrarvi a cuor leggero.
SVEZIA
Un caso molto particolare è quello della Svezia; infatti il governo svedese, a seguito di varie inchieste pubblicate da media stranieri, afferma lapidariamente che “le no-go zones non esistono”.
E’ però anche vero che, in un rapporto della polizia svedese del 2016 (9), essa elenchi 53 “aree esposte” (utsatta omraden), di cui 15 sono “particolarmente esposte”. Il Ministero degli Interni definisce le aree “esposte” come aree di basso livello socioeconomico e con alto livello di criminalità. Un’area invece “particolarmente esposta”, viene definita, in aggiunta, come un’area i cui abitanti sono riluttanti a seguire le norme legali, in cui c’è difficoltà della polizia a condurre il proprio lavoro, in cui c’è esistenza di “strutture sociali parallele” ed estremismo etnico violento. Queste definizioni sono usate dalla polizia anche per adattare il loro equipaggiamento quando le visitano e per, ad esempio, non agirvi mai con un agente solo. Il rapporto fornisce delle raccomandazioni; e termina dicendo che i problemi di queste aree non possono essere risolti dalla polizia, ma che necessitano di attenzione unitaria da parte di tutte le istituzioni politiche. Auspicando che venga creata una funzione appropriata con responsabilità nazionale.
Se queste aree “particolarmente esposte” non possono definirsi “no go zones”, hanno però caratteristiche molto simili ad esse.
E comunque ci sono anche altre testimonianze, circa le no-go zones; come quella dell’intervista video (10) fatta nel febbraio 2017 dalla giornalista Paulina Neuding del Weekly Standard’s, al capo degli autisti delle ambulanze svedesi. In essa l’intervistato elenca delle aree dove è troppo pericoloso portare soccorsi senza il supporto della polizia, utilizzando proprio il termine “no-go zones”.
E nel gennaio 2017, il giornalista Harry Walker del Daily Express, pubblicò un articolo (11) dal titolo: ”Svezia ad un punto di rottura, la polizia chiede aiuto ai cittadini per contrastare il fortissimo aumento di criminalità”. Secondo quanto affermava nell’intervista il capo della polizia di Malmo (una cittadina di 350.000 abitanti), essa aveva aperte investigazioni su 11 omicidi e 80 tentati omicidi; in aggiunta ad altri crimini violenti come rapine e stupri. Questa è la seconda impennata di violenza negli ultimi 12 mesi: nel luglio 2016 la polizia nazionale fu schierata a Malmo per contenere un’ondata di attentati fatti con bombe ed armi pesanti. Può sembrare strano come i nostri media, sempre attenti a riportare catastrofi, non abbiano scritto molto sul tema. Ma molto probabilmente è anche perché le istituzioni svedesi ed altri media negano che vi sia un problema. Guardate ad esempio questo clip video dove viene spiegato come leggere alcune statistiche di crimini (16); e anche questo, dove viene spiegata la “paura di essere politically incorrect” (17); se guardate questo video, leggete anche i commenti sotto, ancora più interessanti.
FRANCIA
Ma quello francese è l’esempio più interessante.
Nell'ottobre 2011, una nota di 2,200 pagine, "Banlieue de la République" (periferie della Repubblica) (3), ha rilevato che la Seine-Saint-Denis e altre periferie parigine stanno diventando "aree separatiste islamiche" tagliate fuori dallo Stato francese e dove la legge islamica della Sharia sta rapidamente prendendo il posto della legge francese. Il rapporto afferma che gli immigrati musulmani stanno sempre più rifiutando i valori francesi e sempre più si immergono nell'Islam radicale. Il rapporto, commissionato dall'influente think tank francese, l'Institut Montaigne, è stato diretto da Gilles Kepel, scienziato politico e specialista dell'Islam molto rispettato, insieme a cinque altri ricercatori francesi. Gli autori della relazione hanno mostrato che la Francia - che ora ha 6,5 milioni di musulmani (la più grande popolazione musulmana nell'Unione europea), è sulla soglia di una grande esplosione sociale a causa del fallimento dell’integrazione dei mussulmani nella società francese.
Il problema più grave di questa mancanza di integrazione è la violenza e la mancanza di sicurezza che genera. Il rapporto elenca numerose fonti francesi; governative, accademiche e media, che hanno riferito le difficoltà che incontrano le autorità francesi nel controllo di queste aree. In particolare per contrastare le bande criminali di immigrati che esercitano violenza contro non immigranti francesi; insieme all’enorme sfida di cercare di integrare gli immigrati islamici che vi vivono. Come afferma la relazione, entrambi gli schieramenti politici francesi, di destra e di sinistra, hanno fatto riferimento a queste aree come "aree di illegalità" in cui "la polizia non è bene accolta".
Il termine “no-go zone”, infatti, è stato probabilmente utilizzato per la prima volta da David Ignatius nel 2002 che, in The New York Times, scrisse, circa la Francia: "Vi sono aree in Francia dove bande arabe vandalizzano regolarmente: sono le periferie abitate principalmente da nordafricani, che sono diventate zone da-non-percorrere-di notte; e i francesi pare si disinteressino del problema " (4). “Uno dei migliori esempi di questo degrado –aggiunge - è La Courneuve, un comune della regione di Parigi, dove la polizia mi ha invitato caldamente a non andare”.
Nel 2010, Raphaël Stainville, giornalista del quotidiano Le Figaro definì alcuni quartieri della città di Perpignan, del sud della Francia, come "zone senza legge", affermando che erano diventate troppo pericolose per viaggiarvi di notte. Aggiunse che lo stesso era vero in alcune parti di Béziers e Nîmes (6) Interessante la frase del giornalista, che definisce, i francesi non migrati, in quei sobborghi, come “esuli” nella loro stessa nazione. Nel 2012, anche Gilles Demailly, il sindaco della città francese Amiens (10% di immigrati), a seguito di numerosi e continue scorribande, definì la parte settentrionale della sua città una “zona senza legge”, dove non si poteva più ordinare una pizza o chiedere un medico. (7) Nel 2014, Fabrice Balanche, uno studioso del Medio Oriente, ha etichettato la città settentrionale di Roubaix e parti di Marseille, come "mini stati islamici", affermando che l'autorità dello Stato è assolutamente assente (6). Le riviste americane Newsweek e The New Republic hanno anche usato lo stesso termine per descrivere parti della Francia.
Nel gennaio 2015, dopo l’attentato terroristico del Charlie Hebdo, vari media americani, inclusa Fox News, diedero evidenza di no-go zones in Europa, e soprattutto in Francia. Dicendo anche che quelle che il Ministero degli Interni francese descrive come “sensitive urban zones” (archivio ministero con data 11 novembre 2015) corrispondono molto alla descrizione (v. sopra) di “no-go zones”; ad esempio non hanno stazioni di polizia locali, hanno difficoltà di integrazione degli abitanti, alta disoccupazione e povertà e criminalità superiore alla media. Il sindaco di Parigi, Hanne Hidalgo, dichiarò che avrebbe querelato Fox News per danni di immagine; ma non si ha traccia della querela.
Ma la testimonianza più toccante e scioccante e, assieme, esplicativa di molte delle cose redatte in questo mio scritto, viene da un libro fatto da un poliziotto francese e uscito nelle librerie francesi in questi giorni (novembre 2017). Il suo titolo è “Colère de flic” (12); e ci descrive la rabbia di un poliziotto che spiega tutto ciò che le Forze dell’Ordine debbono subire giornalmente, mentre ai “piani alti” e per ragioni politiche si cerca di mascherare gli eventi. E’ la rabbia di un poliziotto che non ne può più di essere insolentito quando ferma un teppista che ruba o lo minaccia con un coltello; che non ne può più di essere considerato fascista quando chiede di identificare (come richiede la legge francese) le donne velate che portano a scuola i figli. Ci descrive come quattro suoi colleghi abbiano rischiato di finire bruciati da bombe molotov tirate da teppisti della periferia parigina. Il poliziotto, certo Guillaume Lebeau, 30 anni, si è messo alla testa di quelli che sono diventati migliaia di suoi colleghi stanchi di vivere assediati e senza mezzi e mandati allo sbaraglio nelle operazioni di controllo, che si concludono sempre con “arresti di persone regolarmente inviate a casa il giorno dopo”. Lebeau si è messo alla testa di un movimento definito MPC (Mobilisation des policiers en colère), anche contro la politica dell’ultimo Ministro degli interni hollandiano, che definì teppistelli gli assalitori armati di molotov. Il libro, nelle sue 289 pagine, spiega come sia diventato impossibile per i 144.000 poliziotti francesi fare il proprio lavoro, far rispettare la legge, proteggere i cittadini e garantirne la sicurezza. Il poliziotto afferma “siamo noi le vere vittime dell’esclusione sociale nella banlieu: accusati di razzismo e non considerati; quando non spremuti, non aggrediti, feriti, uccisi“. La legge francese raccomanda, ad esempio, di fare attenzione ai minorenni e di trattarli con sensibilità; e questo viene sempre fatto. Ma il problema è che Lebeau, nel suo commissariato è costretto spesso a fare i conti con minorenni che sono delinquenti feroci, abili e ben informati sulla protezione che garantisce la legge francese. E più questi ragazzini, colti in fragrante, vengono arrestati e subito liberati, più diventano prepotenti, arroganti e aggressivi. Molti ex-ragazzini sono oggi diventati i boss del quartiere, spacciano droga e compiono crimini. “Molti miei colleghi ed io ci chiediamo se non sia venuto il momento di rivedere la legge circa i crimini dei minorenni” afferma il poliziotto. Gennevilliers (il paese dove opera Lebeau) è una piccola capitale della delinquenza minorile: il 70% della criminalità locale è fatta da ragazzini sotto i 18 anni.
“Con gli islamici, cioè con i figli e i nipoti degli immigrati, la vita dei poliziotti di periferia è ancora più dura. Guai ad esempio a controllare una donna velata: si forma subito un capannello e ci può anche scappare una coltellata; i parenti-cugini-cognati sanno dove abiti e la sera – racconta Lebeau – ti aspettano sotto casa. L’anno scorso, a Magnanville, marito e moglie poliziotti furono uccisi da un marocchino. I controlli di routine sono quelli più ad alto rischio nei quartieri a maggioranza mussulmana (tutto il nord-ovest parigino), tanto che dai vertici della polizia è arrivata di recente una circolare che invita ad agire lontano dalle moschee“. Quando si diffuse la notizia che stava scrivendo il libro, l’Ispettorato Interno (IGPN) che vigila sul comportamento dei poliziotti convocò Lebeau, ma non trovò nessun estremo disciplinare, in quanto veniva raccontata la verità.
Come ho detto prima, in rete troverete anche una corposa documentazione con scritti che negano l’esistenza di no-go zones a Parigi. Ma c’è comunque anche un’app che vi permette di essere avvisati se entrate in una di esse (14) (ed è strano che si perda tempo a fare app per cose che non esistono…).
UNA BREVE NOTA SULL’ITALIA
In Italia non esistono le no-go zones propriamente dette, ma esistono, secondo quanto riportato a gennaio da Franco Gabrielli in un’audizione parlamentale “periferie più a rischio”.
A Milano sono i quartieri Lambrate, Mecenate, Quarto Oggiaro e Scalo Romana, in questi quartieri imperversano le bande di giovani sudamericani e a gennaio il sindaco di Milano chiese l’intervento dell’esercito.
A Roma i quartieri a rischio sono San Basilio, Tor Sapienza, Tor Bella Monaca e Collatino. In particolare Gabrielli sottolineò come a Tor Bella Monaca “risiedono 40.000 persone, con una forte presenza di immigrati marocchini, tunisini, nigeriani e indiani. Occupazione abusiva e delinquenza minorile sono, in queste aree, all’ordine del giorno”.
La quota degli stranieri sui crimini denunciati è alta, talvolta molto alta. Supera il 25 per cento per gli omicidi consumati, il 30 per cento per quelli tentati e per le lesioni dolose, il 40 per cento per le rapine in pubblica via e quelle contro gli esercizi commerciali, il 50 per cento per le rapine in abitazione, i furti in appartamento e contro gli esercizi commerciali, addirittura il 60 per cento per i borseggi. Come non bastasse, queste percentuali presentano valori ancora maggiori nelle regioni centro-settentrionali. Nelle grandi città, la quota degli stranieri denunciati per un borseggio raggiunge il 74 per cento a Bologna, il 79 per cento a Firenze, il 90 per cento a Milano,
Però non abbiamo no-go zones.
RIFLESSIONI
Le aree di elevata delinquenza ci sono sempre state, in molte città europee ed extraeuropee; aree dove da decenni al turista viene altamente sconsigliato di andare. Allora cosa c’è di nuovo ? Il fatto che ci siano particolari etnie coinvolte? Può darsi, ma i veri temi, che danno oggi da riflettere, a mio parere, sono soprattutto che:
- La polizia ammette di aver perso il controllo di queste aree
- In queste aree esiste una “legge parallela” (ad esempio le sharia-no-go-zones) (15)(18)
- In queste aree i servizi pubblici vengono forniti con riluttanza.
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- https://www.independent.co.uk/news/world/europe/paris-terror-attacks-visiting-molenbeek-the-police-no-go-zone-that-was-home-to-two-of-the-gunmen-a6735551.html
- https://www.nytimes.com/live/paris-attacks-live-updates/belgium-doesnt-have-control-over-molenbeek-interior-minister-says/
- http://www.institutmontaigne.org/fr/publications/banlieue-de-la-republique-0
- https://www.nytimes.com/2002/04/27/opinion/27iht-edignatius_ed3__0.html
- https://books.google.com/books?id=Zn7BAgAAQBAJ
- http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2010/07/31/01016-20100731ARTFIG00004-insecurite-c-etait-intenable-nous-sommes-partis.php
- http://www.europe1.fr/france/amiens-nord-une-zone-de-non-droit-1204941
- https://www.centerforsecuritypolicy.org/2015/01/20/if-there-are-no-no-go-zones-why-has-the-state-dept-tried-to-community-organizing-them/
- https://polisen.se/Global/www%20och%20Intrapolis/%C3%96vriga%20rapporter/Utsatta-omraden-sociala-risker-kollektiv-formaga-o-oonskade-handelser.pdf
- http://www.weeklystandard.com/video-head-of-ambulance-union-confirms-no-go-zones-in-sweden/article/2007000
- http://www.express.co.uk/news/world/759946/Swedish-violence-crime-police-urgent-plea-malm-Rosengard
- http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2017/11/02/01016-20171102ARTFIG00107-guillaume-lebeau-un-flic-en-colere.php
- http://www.frontpagemag.com/fpm/249744/no-no-go-zones-really-robert-spencer
- http://www.dailymail.co.uk/news/article-4647330/Paris-gets-app-warning-people-no-zone.html
- https://www.youtube.com/watch?v=FGDeWdGoCVc
- https://www.youtube.com/watch?v=9fgJA1jEyqc
- https://www.youtube.com/watch?v=YtMq1MS4KGs
- http://www.worldtribune.com/report-from-berlin-islamist-sharia-police-openly-terrorize-migrants-forbid-assimilation/
- http://www.independent.co.uk/news/uk/crime/un-says-liverpool-has-drug-related-no-go-areas-like-those-in-brazilian-favelas-7462654.html