Harold Anderson (Boston, 1894-1973) – A Good Table
Sapere fa rima con sapore
di Gianni Di Quattro
L’argomento principe di questo momento almeno nel mondo dorato dell’occidente ricco e in crisi nello stesso tempo, dove le diseguaglianze aumentano e dove qualcuno avveduto (ed anche lungimirante) comincia a discutere su come va modificato questo capitalismo corrotto e degradato, è il cibo, l’alimentazione.
Se ne parla anche al fuori del ricco occidente, ma solo perché il cibo manca e solo perché non è sufficiente e questo dato prima o dopo riuscirà a modificare le condizioni di esistenza dell’intero mondo e certamente a cambiare la geografia politica e i principi guida cui in qualche modo gli uomini sinora si sono riferiti.
Bene, l’argomento cibo è di gran moda, si aprono ristoranti e locali, si scrivono libri, si fanno convegni come quello che avrà luogo il 6 aprile a Torino sponsorizzato anche da questa rivista Nel Futuro e organizzato da Mara Antonaccio e Tito Giraudo (il cibo all’alba del millennio).
I ristoranti si inventano pietanze, proposte, piatti e combinazioni, mentre salgono i prezzi. Ma ormai la gente mangia più fuori che in casa e quando mangia in casa, soprattutto nelle città dove è attivo il servizio di consegna veloce a domicilio, si fa portare qualsiasi pietanza da qualsiasi ristorante e per qualsiasi occasione e per qualsiasi numero di persone.
Naturalmente crescono e si diffondono questi locali chiamati ristoranti, bistrot, trattorie e persino i bar, i vecchi bar dove una volta si beveva il caffè e poco più, oggi fanno da mangiare, offrono pranzi.
I locali dove si tratta il cibo aprono e chiudono e quando aprono in un sito poco dopo aprono filiali in altri siti e magari in altre città perché pare, secondo accurati sondaggi, che la gente ama le catene, sono simbolo di fiducia. Ed è così infatti, il successo è la garanzia della qualità, esattamente come in politica quando si giudica un governo non da quello che fa e da come si comporta, ma dai voti che ha e dal consenso che pare avere nel paese.
Poi naturalmente sul cibo sono nati tanti mestieri. Una volta c’erano i cuochi, ora ci sono gli chef, gli aiuti degli chef e i loro assistenti e poi ci sono i cuochi e poi l’altro personale di cucina, tanto e diversificato quasi militarizzato perché, si dice, tutto deve funzionare come un orologio e gli ordini, i capi vanno assolutamente rispettati se si vuole continuare a far parte della stessa squadra di cucina.
Un’altra considerazione che riguarda il cibo è la sua globalizzazione, ormai in qualsiasi posto del mondo e in qualsiasi piccolo paese si trovano tutti i tipi di ristoranti che trattano le varie cucine internazionali senza considerare quelle regionali. Per cui chiunque a Milano, per esempio, può scegliere qualsiasi cucina che come è ovvio tende a riprodurre gli ambienti cui fa riferimento.
Naturalmente attorno al cibo si sono sviluppati una grande quantità di nuovi mestieri, come quelli che te lo portano a casa, i critici che ne scrivono, i cultori che scrivono libri, gli editori che pubblicano riviste, giornalisti che si specializzano, portali internet che riferiscono, prenotano, suggeriscono. Senza dimenticare il vino la cui produzione è diminuita come quantità ed aumentata come qualità, con tanti professionisti che hanno imparato a fare il marketing dei prodotti ormai stimati nel mondo alla pari con i francesi e superiori agli spagnoli che pure vantano tradizioni di rispetto e antiche.
E la scienza medica si occupa molto di cibo, ci sono persino i medici specializzati dove vanno milioni di persone ad imparare dopo vari esami cosa devono mangiare e come devono farlo. Una volta tutti mangiavano tutto, oggi pochi mangiano tutto perché la maggior parte mangia solo alcune cose e rigetta le altre.
Però fa bene alla salute, la vita si allunga e la gente vive felice, menomale che dispone dei soldi per pagare questo che ormai è il più grande affare del mondo.
Il problema più importante che riguarda il cibo è però il fatto che, mano a mano che tutto quanto sopra si sviluppa, il gusto verso i sapori che il cibo può offrire si disperde a favore di altri elementi indicati per valutare una pietanza come i colori del piatto, la sua presentazione e persino l’aspetto artistico dello stesso.
Perché cambia il cibo e cambia il sistema e il significato che riveste e il modo di utilizzarlo a prescindere dalla necessità di sostentamento che, almeno nel mondo occidentale, pare ormai superata.
Per apprezzarne davvero il piacere che offre, per assaporarlo magari in compagnia e magari discutendo di cose importanti o quantomeno interessanti con una buona bottiglia a portata di mano sul tavolo, ci vuole cultura, ci vuole avere studiato e meditato ed amare la vita e interpretarla come un percorso bello comunque e non solo come un modo per combattere e vincere, non solo un modo per prevalere e per esibire successo ed apparente ed effimera bellezza.
Dunque, va bene amare il cibo e i nuovi ambienti dove si trova e si consuma, ma per capirlo veramente, per apprezzarlo e per farne un vero piacere della vita ci vuole ben altro che lasciarsi trascinare verso dove sta andando o lo stanno portando il cibo.
Ci vuole ben altro e ci vuole la cultura per elaborarlo e farlo diventare un godimento e per capirlo profondamente.