Aggiornato al 24/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Edgar Degas (1834-1917) - Le Viol (Lo stupro) - 1868/69

 

Violenza sulle donne.

Nel Futuro dedicherà una serie di articoli a questo tema il quale purtroppo è ancora di tristissima attualità. L’iniziativa è stata suggerita ed è coordinata da Stefania Marcotti di cui pubblichiamo oggi il primo articolo introduttivo.

 

Questione di cultura di genere

di Stefania Marcotti

 

Cos'è la violenza alle/sulle donne?

Basata sul genere e ritenuta violazione dei diritti umani, non è solo fisica, ma anche morale, economica, psicologica, di ritorsione, di soprusi, di diffamazione, di prevaricazione a tutti i costi, minacce, coercizione, privazione arbitraria della libertà personale sia nella vita pubblica che in quella privata e fiaccamento dell'animo.

La violenza sulle/alle donne di tutte le età, bambine e ragazzine comprese, è una violenza di genere, dove né "l'aguzzino" uomo, né la vittima donna (bambina/ragazzina) hanno una connotazione standard. Entrambe sono di tutte le età, di tutte le condizioni sociali e livelli scolastici.

I primi agiscono per ignoranza, cultura sociale, problemi psicologici, accumulo di stress e problemi di rapporti col genere femminile non elaborati o superati, probabilmente anche per mancanza di cultura positiva di genere in ambito familiare, e/o nella socialità vissuta regressa, che è completamente mancata, ed anzi, magari è stata un esempio negativo da replicare.

Dopo l'episodio violento "l'aguzzino" si pente, chiede perdono, promette che non lo farà più o, peggio, se lei non metterà in atto più gli atteggiamenti/fatti/cose che hanno dato la "giustificazione" all'atto di violenza, non accadrà più.

Tutto ciò, da entrambe le parti, il più delle volte, viene trattato come un episodio momentaneo, anche se magari si è già ripetuto nel tempo.

Le vittime vengono portate a credere che quanto subiscono sia "lecito" e "causato" dai loro comportamenti, e così si adattano ad assumere modus vivendi conformi a quanto viene chiesto, per evitare "spolette" che diano il via a nuovi episodi violenti.

La donna che ha subito violenza si assume la responsabilità, non sua, di quanto accaduto e per conformarsi a quanto richiesto, per il quieto vivere, si auto-castra socialmente, "censura" la sua femminilità, fino all'annullamento che le fa perdere la voglia di vivere.

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita; la violenza prevalentemente proviene dai familiari, mariti, padri, seguiti da amici, vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o studio.

Nei prossimi articoli approfondiremo i concetti qui esposti, vedremo come l'Italia, dagli anni 70/80 in poi, abbia cercato di far emergere e risolvere questa piaga sociale, di sensibilizzare la società sull'argomento, fino alla creazione dei centri antiviolenza. Vedremo come questi ultimi sono strutturati e la rete di aiuto alle donne, come materialmente sostengano le vittime e di come reperiscono i fondi per i loro scopi sociali. 

Confronteremo l'esperienza italiana su questo fronte con quanto in essere in Europa. 

Parleremo della cosiddetta "violenza assistita", che traumatizza soprattutto i minori, e dei recenti centri sorti in Italia che si occupano di maschi maltrattanti.

Inserito il:07/11/2016 21:29:10
Ultimo aggiornamento:21/11/2016 12:39:56
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