Nota per Nel Futuro su cosa è avvenuto nel 2015 e cosa ci aspetta nel 2016.
Il 2015 ha visto nel mondo l’esplosione del terrorismo globale in gran parte ammantato da falso fondamentalismo contro il modello occidentale, assieme alla diffusione della deflazione economica ovvero dei segni di una incombente “stagnazione secolare” (Larry Summers), tentativamente affrontata con armi monetarie (Quantitative easing da parte Fed e BCE) che hanno prodotto liquidità finita nella keynesiana “trappola della liquidità” e nel debito in dollari dei paesi emergenti che per ripagare il pesante debito ora stanno drammaticamente frenando la crescita.
Il 2015 ha visto una Europa dominata dai freni di Schauble contro il Sud Europa sprecone e indebitato (inclusa la Francia) a vantaggio della sola Germania la cui capitale è ora di fatto trasferita a Bruxelles e con l’ondata di profughi cui si fa fronte con la fine dell’accordo di Schengen di libera circolazione, anziché con politiche di integrazione che, se gestite, porterebbero l’Europa ad un ringiovanimento demografico con effetti sulla ripresa economica del continente, altrimenti condannato dal suo inadeguato tasso di fertilità (1.4) all’asfissia progressiva.
L’Italia nel 2015 ha visto, buonultima, una lenta uscita dal tunnel della crisi del 2008, grazie alle sue imprese più attive ed anche all’avvio di politiche abilitanti l’urgente processo di cambiamento e di modernizzazione di un Paese che ha avuto almeno un paio di decenni di arretramento economico, ma soprattutto culturale e civile.
Se è vero che i vincoli del Fiscal Compact ed anche l’indebolimento dell’economia internazionale inclusa Cina e paesi emergenti (i famosi BRICS che pochi anni orsono sembravano trainare il mondo ora sono l’emblema della crisi più grave) non sembrano consentire all’Italia di crescere più dello 0 virgola o 1 eccetera, di fatto qualcosa sta cambiando con lo sviluppo sotterraneo delle spinte dell’innovazione da parte di giovani che sfruttano via startup, FabLab, coworking le opportunità delle tecnologie digitali.
Non è un caso che Apple abbia deciso di impiantare a Napoli un centro di sviluppatori di apps o stiano creando attività innovative in Italia anche Cisco, Microsoft, Google, Amazon cioè le imprese globali che stanno creando nuove opportunità di lavoro e di innovazione perché l’Italia è ricca di talenti e creatività, gli asset oggi più importanti.
Noi da anni esportiamo in tutto il mondo questi asset di giovani talenti senza ricavarne alcun beneficio, anzi regalando agli altri gran parte della ricchezza necessaria a questo Paese, con danno ancor peggiore della crescente svendita all’estero di nostre imprese.
Per l’Italia del 2016 occorre partire da questi asset, creando sistema tra l’ innovazione che viene dal basso e le imprese (le PMI) della manifattura e dei servizi, coinvolgendo nel sistema anche scuola e università che devono divenire i driver dell’innovazione e dello sviluppo di competenze e di conoscenza condivisa.
La scuola italiana è stata sinora troppo strozzata dalla sindrome della riforma Gentile che promuoveva solo la cultura classica ed astratta e considerava con orrore un rapporto sinergico tra scuola e lavoro, tra scuola e impresa.
Ora finalmente vi è consapevolezza di questo errore che ha danneggiato le scuole tecniche,ma anche i licei.
La politica della Buona Scuola introdotta dal Governo Renzi ha finalmente fatto chiarezza e sta cercando di mandare in soffitta la scuola gentiliana.
C’è ancora una Università che vive di astrazioni, ma per fortuna vi sono Politecnici che preparano le competenze operative necessarie in questa fase di grande mutazione tecnologica e organizzativa.
C’è ancora una Pubblica Amministrazione che opera con procedure ottocentesche e strumenti cartacei rifuggendo la trasformazione digitale e di conseguenza lasciando aperte le porte alla corruzione ed al mancato controllo dei risultati.
Ma finalmente si sta diffondendo la consapevolezza che questa vecchia Italia non ha più spazio e che bisogna affrontare un cambiamento permanente con strutture nuove e nuova cultura e soprattutto coinvolgendo sempre più i giovani in questa trasformazione culturale e civile.
Credo che dobbiamo affrontare il 2016 con questa consapevolezza e con forte volontà di partecipare e contribuire tutti al cambiamento.