Girolamo Peralta (Palermo, 1957 – Trapani) – Nel deserto dell’apparenza
La società dell’immagine - 2 - Le scorciatoie mentali
di Camilla Accornero
Cosa accadrebbe se l’attenzione di una persona diventasse un tassello del processo produttivo?
In altre parole, si può strumentalizzare l’attenzione di un individuo al fine di manipolarlo? La risposta, per quanto desolante, non può che essere affermativa.
La società dell’immagine offre terreno fertile per supportare tale teoria. Occorre, tuttavia, procedere per gradi.
Le “scorciatoie mentali”, o euristiche, sono meccanismi adottati dal nostro cervello per sfuggire alle migliaia di input sensoriali cui è sottoposto ogni giorno; sono strategie di pensiero intuitive e sbrigative che permettono di farsi un’idea in merito ad una questione senza ricorrere a ragionamenti complessi. Se da un lato queste “scorciatoie mentali”, acquisite dal cervello nel corso dell’evoluzione, hanno contribuito alla sopravvivenza della specie permettendo all’uomo di agire in fretta in situazioni di pericolo, oggigiorno, esse continuano ad esercitare un’influenza preponderante sulle nostre decisioni, predisponendoci a prediligere una risposta intuitiva, piuttosto che una ottenuta per mezzo di un ragionamento logico.
Esistono diverse categorie di euristiche e tra di esse ve ne sono anche alcune che risultano essere inefficaci, tant’è che inducono, verosimilmente, il soggetto che ne fa uso, a cadere in errore.
Quando ci si ritrova davanti a tale circostanza si è in presenza dei cosiddetti bias cognitivi. Comunemente vengono definiti “automatismi mentali”, utili a prendere decisioni o attuare scelte in tempi molto brevi e senza lunghi ragionamenti, con un conseguente aumento della possibilità di sbagliare. Questo accade poiché il bias indica un giudizio sviluppato su percezioni deformate, pregiudizi o ideologie, nonché su interpretazioni arbitrarie di informazioni manchevoli di connessioni logiche.
Esattamente come le euristiche, anche i bias cognitivi sono molteplici, ma se ne possono annoverare alcuni tra i più comunemente diffusi; quali: il bias di conferma, il quale induce la mente ad evidenziare ciò di cui siamo già convinti, preferendo concentrarsi su conoscenze preesistenti (un automatismo abilmente sfruttato dal marketing e dalle campagne pubblicitarie, che fanno leva sulla tendenza del consumatore a prediligere un oggetto noto, magari grazie al marchio messo in luce nelle pubblicità, piuttosto che uno poco conosciuto benché di superiore qualità); il bias dell’illusione di controllo, che si configura nella tendenza, propria soprattutto di figure manageriali e politiche, a sovrastimare le proprie capacità; il bias di eccesso di fiducia che, come suggerisce il nome, non è altro che un’eccessiva fiducia posta nei propri giudizi, spesso collegata all’Effetto Dunning Kruger, secondo cui più le persone sono incompetenti, meno capiscono di esserlo, credendo in tal modo ad una superiorità illusoria delle proprie capacità; la fallacia dello scommettitore, un errore logico; e il bias del punto cieco, ossia il padre di tutti i bias cognitivi, il quale consiste nel considerarsi in una qualche misura immuni dalla possibilità di commettere tali errori.
Sin qui si è detto a grandi linee cosa sono le euristiche e come funzionano, tuttavia, prima di proseguire oltre, è bene chiarire che esse operano correttamente in molte circostanze della vita; viceversa, quando non accade, producono una distorsione del giudizio. Diventa pertanto di primaria importanza la conoscenza dei sistemi che governano la nostra mente, tanto di quello razionale quanto di quello intuitivo. Infatti, talvolta è indispensabile dover prendere una decisione in tempi piuttosto risicati, in tali circostanze si avvia un processo cognitivo basato su cinque principali costituenti: l’esperienza individuale, il contesto culturale e le credenze, l’altrui giudizio, gli schemi mentali derivati dallo studio e dell’esperienza, e il timore di prendere una decisione capace di causare danni. Elementi che, se da un lato permettono e facilitano gli individui a prendere decisioni repentine, dall’altro ne inficiano la validità.
Ma quale ruolo assumono i bias cognitivi nella società dell’immagine? Partendo dal presupposto che una mente presenta un bias cognitivo quando è condizionata da concetti già radicati privi di vincoli logici, essa può facilmente guidare l’individuo a commettere un errore di giudizio causato da un preconcetto non corrispondente all’evidenza, poiché basato su considerazioni superficiali. Verosimilmente, in circostanze in cui vi è una minima soglia di attenzione da parte dei fruitori delle informazioni e la valutazione dei contenuti delle notizie è alquanto approssimativa, anche in merito all’attendibilità delle fonti, risulta più semplice imporre idee, così da influenzare la formazione del giudizio del pubblico e veicolare a proprio piacimento le scelte. Un fine meccanismo che è presente soprattutto nei social network e nel web, sebbene non siano esenti nemmeno i giornali.
Non diventa difficile immaginare come una notizia falsa possa avere successo: nessuno si prende la briga di verificarne l’attendibilità e il pubblico prende per vero qualsiasi cosa venga detto da fonti giudicate autorevoli, malgrado anche queste, talvolta, possano commettere errori. E quando un’informazione fasulla viene scolpita nell’immaginario del pubblico, diventa pressoché impossibile sradicarla. È la prima fase del raffinato sistema di manipolazione messo in atto dai mass media: condizionano il pensiero attraverso i pregiudizi.
Dai social network alla pubblicità, per passare dal marketing e alla politica, i bias si configurano come un eccellente strumento di controllo sociale e propaganda. Probabilmente non sarebbero tanto efficaci se le persone, contrariamente a preferire contenuti semplici privi di fronzoli e ragionamenti complessi, si prendessero il disturbo di concedersi del tempo per concentrarsi su notizie più articolate.
La manipolazione finalizzata a veicolare il comportamento del pubblico avviene attraverso diverse modalità: dalla scelta delle parole, del linguaggio e dell’esposizione, sino al mezzo con cui vengono trasmesse le notizie. E non bisogna tralasciare il fatto che il modo più efficace per imporre un’idea a qualcuno è fargli credere di essere lui stesso l’ideatore, o viceversa, se si vuole diffondere un’informazione falsa, la modalità più efficace è l’assidua e tartassante reiterazione. Non di rado si tende infatti a confondere la familiarità con la verità, tant’è vero che le persone accettano più facilmente, per non dire acriticamente, le informazioni che confermano, o quantomeno sono più simili, alle loro convinzioni, al contrario di quanto farebbero con informazioni del tutto discordanti. È rilevante notare come una notizia condivisa dalla collettività sia anche più memorizzabile.
A cosa può portare, pertanto, un utilizzo improprio delle euristiche? Quali conseguenze visibili provoca la mancanza di un pensiero critico e la svalutazione dell’attenzione? Una mente sovraccarica di informazioni ma del tutto priva della capacità di discernerle e disporne in maniera opportuna e consapevole è come un sacco pieno di germogli e semi abbandonato su un terreno sterile. L’attuale tendenza ad eliminare il pensiero critico, a partire dalla scuola, luogo in cui, al contrario, questo dovrebbe essere sviluppato e accresciuto, non può che sfociare in un conformismo sociale negli adulti del futuro.
Perché auspicare ad una società “non pensante”? Chi non ragiona risulta essere più facilmente manipolabile, nonché plagiabile con idee appositamente selezionate per essere introiettate, ma è altresì vero che un gregge ha bisogno di un unico pastore da seguire.
Sottile è la linea di demarcazione tra una società non pensante e una società uniformata sotto un’unica ideologia, e sono storicamente attestate le possibili conseguenze che possono sfociare da una simile tendenza, così come quelle derivate dall’attitudine degli individui a non riuscire a sottrarsi alle dinamiche del conformismo del gruppo a cui appartengono. Per tale ragione l’euristica del conformismo può provocare gravi conseguenze, in quanto porta a prendere decisioni sulla base di un’ideologia accreditata o accettare l’opinione che gode di maggior diffusione, senza ricorrere alla verifica della veridicità. Nella comunicazione di massa, così come nella propaganda, questa particolare euristica è ed è stata l’ancora di salvezza di molti leader.
Per il momento, il trucco adottato dai “manipolatori” per celare questo cambio di rotta, sembra essere quello di indurre a credere di essere pensanti, di poter scegliere liberamente… di mostrare al pubblico solo la superficie della realtà, quella immediatamente visibile.