Don Stivers (Wisconsin, 1926-2009) - "You, Sir, are a Spy"British spy
Il mestiere di spia
di Gianni Di Quattro
Una volta, non tantissimo tempo fa, diventare spia era difficile e pochi eletti venivano scelti. Spesso in modo casuale, tante volte in relazione alle esigenze delle organizzazioni addette a coordinare i lavori di spionaggio nei vari paesi, il reclutamento avveniva nell’ambito delle strutture specializzate dell’apparato statale, qualche volta nelle file degli alti gradi militari, dell’ alta borghesia o addirittura della classe nobile dei vari paesi, soprattutto in Europa in questo ultimo caso.
Dopo la scelta, la individuazione del soggetto, la selezione e la preparazione erano durissime. Le spie dovevano possedere forza fisica, conoscere in modo assolutamente perfetto varie lingue, possibilmente anche vari dialetti, dominare la tecnica, avere grande esperienza nell’uso delle armi, grande coraggio, sangue freddo, capacità decisionali rapide pur essendo razionali ed analitiche, grande disponibilità personale, possibilmente senza legami sentimentali. Le poche donne reclutate dovevano anche avere fascino, bellezza e grande cinismo. In altri termini diventare spia era un mestiere duro, riservato a pochi eletti che facevano una vita avventurosa in mezzo agli agi ed ai pericoli, ammantati da una consistente patina di romanticismo.
Il cinema e la letteratura ci hanno tramandato figure straordinarie ed indimenticabili di spie nella storia, uomini e donne. E molti ragazzi o ragazze sognavano di diventare spie, vivere nel lusso, conoscere uomini e donne bellissimi, girare il mondo in mezzo alla ammirazione di tanti.
Con queste immagini ed impressioni nella mente e nel cuore, dobbiamo notare la differenza con la situazione attuale. Oggi praticamente tutti siamo diventati spie e solo pochi, esclusi dal maneggio della tecnologia per antipatia irrisolvibile e pregiudiziale o per scelta, sono esclusi. Tutti giochiamo a curiosare, contattare, apparire magari diversamente nella rete, nei vari social che sono sempre più numerosi e diffusi, tutti, in poche parole, veniamo a sapere cose che in altri tempi sarebbe stato impossibile e che non avrebbero eccitato più di tanto.
E questa cosa piace a tutti e tutti si lanciano sempre di più allargando il giro delle conoscenze in rete e il giro delle informazioni su varie persone, amici e conoscenti per primi. Sono nati scambi di informazioni e baratti di notizie su fatti e persone. Naturalmente c’è chi ha cominciato a farlo in modo continuo e professionale ed a fornire tutto quello che veniva a sapere o al proprio datore di lavoro o a chiunque magari per soldi: è stato in pratica l’inizio di una carriera, di una attività.
Sono milioni le persone che in modo riservato, senza alcun romanticismo, senza girare il mondo, senza fumare straordinari e costosissimi sigari avana, si dedicano con regolarità alla attività di esplorazione o come si dice di scouting. Ma si tratta di spionaggio bello e buono senza se e senza ma. Sono nati tanti data base dedicati e specializzati, aziende che formalmente fanno altro, ma che si dedicano alla acquisizione di informazioni, aziende collegate con altre che forniscono consulenza, tecnologia soprattutto software, comunicazione e marketing e che fanno magari da alibi formale.
Ormai sembra che le aziende e le persone non possono vivere senza sapere, senza avere tante informazioni e sembra che tutti sono pronti a fornire queste informazioni. Informazioni per fare del gossip, per lanciare un prodotto, per conoscere una persona con la quale ci si accompagna, per distruggere un politico, per curiosità, per mestiere.
La tecnologia continua a fare progressi notevoli, i software a disposizione consentono tutto e le reti consentono qualsiasi collegamento, mentre i grandi programmatori sono capaci di inventare algoritmi e sistemi in grado di accedere a qualsiasi data base per protetto che sia, in grado di avere accesso agli archivi postali di tutti e di ricevere le notifiche automatiche tutte le volte che il soggetto “guardato” scrive o si manifesta in qualche modo. I vari Stati cercano di porre regole, si attrezzano per controllare, assumono specialisti, ma la sensazione è che tutto è inutile perché la tecnologia e la capacità professionale di tanti, soprattutto giovani, vincono sempre.
Spiare, in altri termini, è una attività sempre più diffusa, inevitabile per tutti coloro che fanno del computer e delle reti i propri compagni di vita, strumenti con i quali si convive per molte ore al giorno, strumenti che consentono di sapere e di riciclare notizie, strumenti che consentono di lavorare in qualsiasi posto ci si trovi o si voglia essere. La tecnologia ha volgarizzato una professione, un mestiere, lo ha svestito dei suoi connotati, lo ha fatto diventare non romantico e banale, alla stessa stregua di altri mestieri come fare il commercialista o il product manager in una grande azienda che vende prodotti di largo consumo.
Il problema che molti esperti si pongono è tuttavia questo: se ad un certo momento tutti sappiamo tutto di tutti le informazioni non hanno più valore economico o di qualsiasi altro tipo e, quindi, il mestiere della spia è forse destinato a sparire. Che peccato!