Margaret Morris (Yorkshire Dales, UK - ) – Trees in Carlyle Street
“Roma capoccia der mondo infame”
Lettera aperta alla Sindaca Virginia Raggi
di Simonetta Greganti Law
Sì, proprio infame questo mondo al punto da non permetterci più di poter cantare “Quanto sei bella Roma”.
Anch’io, come Venditti, “ce so’ nato a Roma” ma “er tempo non s’è fermato”, i cambiamenti sono stati troppi e tristi.
Vengo al punto di questo scritto che oltretutto riguarda una delle vie storiche della città: Via XX Settembre, orgoglio della capitale, biglietto da visita per un turista dato che il Palazzo del Quirinale, la casa degli italiani, ha sede proprio alla fine di questa strada.
Mia madre, nel 1930 è nata in questa via, e per la precisione al numero 95, e non si è voluta mai trasferire in nessun altro luogo, formando la sua famiglia in quel piccolo appartamento che ha sempre amato. Così anche io e le mie sorelle, cresciute in questa via, abbiamo ricordi indimenticabili.
“La casa è piccola, ma guardate che veduta” dicevamo a chiunque entrava a casa nostra soffocando per la claustrofobia di un’abitazione così piccola.
Sì, la veduta era il nostro orgoglio.
Le finestre del nostro appartamento si affacciano sulla piazzetta senza nome di via XX Settembre, angolo via Castelfidardo, dove ho giocato da bambina parlando col poeta Antonio Tagliacarne che aveva scelto questo luogo per trarre ispirazione alle sue composizioni poetiche.
Sembrava quasi un’oasi in pieno centro, una miniatura di Villa Borghese con alberi, compagni dei miei giochi, che mi dilettavano in tutte le stagioni (raccoglievo al volo le foglie cadenti o le castagne, mi davano ombra in estate e ne inalavo il profumo dei fiori disposti in grappoli.)
Mia mamma ancora abita in questa casa, oggi ha 88 anni, soffre di alzheimer e il suo unico piacere è guardare la sua veduta. Spero che questo possa commuovere e aiutare a risolvere la richiesta che sto per avanzare.
La veduta della piazzetta oggi è una vergogna. (Allego fotografie).
Ci sono dei locali sotterranei, una volta adibiti a bagni pubblici, che non funzionano più dagli anni ’70 e che da tempo sono diventati solo rifugio per drogati o senzatetto. Negli ultimi anni c’è stato un accenno a lavori di manutenzione di questa piazza ma le cose sono invece andate peggiorando dato che è stato costruito un ascensore per disabili (mai messo in funzione) e oggi fatiscente, con altre costruzioni limitrofe (tipo bagni chimici) che si presupponevano temporanee ma che sono state dimenticate da tutti, e comunque mai utilizzate. Quello che resta della piazza è diventato un parcheggio per motociclette che sono talmente numerose da non permettere neppure ai pedoni di camminarvi per raggiungere, tra le buche del marciapiede distrutto, i bidoni dell’AMA, sempre troppo pieni e che riversano l’immondizia tutt’intorno.
Fortunatamente avevamo il meraviglioso ippocastano che, almeno nella versione non spoglia, ci copriva con le sue fronde tale abiezione.
Recentemente, intorno alla metà di gennaio 2019, si è deciso di potare l’albero. Potare sarebbe stata una buona mossa, ma non credo che sia stata fatta in modo corretto. Io sono certamente l’ultima persona in grado di parlare di botanica, ma il cuore mi dice che le cose non sono state fatte bene.
Per prima cosa ho visto la perdita dell’armonia della forma originale. Questo potrebbe essere considerato solamente una preoccupazione estetica ma poi mi sono documentata e ho scoperto che le potature andavano comunque fatte nel mese di giugno e che bisognava potare i rami più grossi non più di 50 cm. Purtroppo il maestoso albero di via XX Settembre ha subito l’amputazione totale dei suoi rami più grossi col risultato di ferite profonde che, ho letto, saranno scarsamente capaci di richiudersi. Che l’albero andasse potato era comunque un dato di fatto, dato che durante il maltempo dell’anno scorso si era addirittura spezzato un ramo senza fortunatamente danni a persone o cose, ma credo che si sia ecceduto nell’incarico trasformando un ippocastano in un pino, ovvero un lungo tronco e una chioma ad ombrello.
Anche se la mia più grande sofferenza è per la sorte dell’albero, non nego di rammaricarmi anche per il fatto della veduta. Adesso lo scempio della piazza, precedentemente coperta dalla folta chioma, è ora in bellavista o meglio, in bruttavista, come sarebbe più appropriato definire.
Chiedo pertanto, con tutte le possibili implorazioni del caso, di rivedere questa piazzetta, cercare di migliorarla in qualche modo, restituirle la dignità che merita dato che Roma va salvata e se si interviene in uno dei suoi angoli, almeno apportare dei miglioramenti e non peggioramenti.
Augurandomi che questo sfogo abbia fatto breccia nel cuore di chi legge, ringrazio speranzosa.